18. Le ombre del passato e il distacco del presente

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La luce del mattino penetra delicatamente tra le tende, come un velo che accarezza il volto, svegliandomi con una dolcezza che non mi aspettavo. Mi stiracchio lentamente, le braccia che si allungano, cercando di allontanare il torpore della notte. Il calore di Tom è ancora accanto a me, una presenza familiare che mi avvolge come una coperta protettiva. In quel momento, tutto sembra più semplice, come se il mondo esterno non esistesse e noi fossimo ancora due bambini che cercavano conforto l'uno nell'altra, nelle notti di paura e solitudine.

Mi giro verso di lui, il respiro che si fa più pesante quando incontro il suo sguardo. I suoi occhi sono fissi su di me, un mare profondo di emozioni non espresse. C'è qualcosa di indecifrabile nei suoi occhi, un miscuglio di desiderio, rimorso e una distanza che mi fa sentire piccola, vulnerabile. "Buongiorno," sussurro, la mia voce ancora impastata dal sonno, come se le parole stentassero a uscire, ma desiderassi comunque farle giungere fino a lui.

"Buongiorno," risponde, la sua voce calma, come se nulla fosse successo. Il suo volto è impenetrabile, privo di quella vulnerabilità che ho sperato di vedere. "Dovresti tornare alla tua stanza prima che qualcuno si accorga." La sua voce, pur così serena, è un'onda di gelo che mi avvolge, e il suo distacco mi colpisce con una forza che non ero pronta ad affrontare.

Un nodo mi si forma in gola, come se tutto ciò che avevo cercato di capire fosse ora svanito in un attimo. "Tom, io..." inizio, ma lui mi interrompe alzando una mano, un gesto che non lascia spazio a dubbi.

"Lilibeth, non complicare le cose," dice, e la freddezza nella sua voce mi fa rabbrividire. Ogni parola è un colpo silenzioso che mi taglia dentro, lasciandomi senza respiro. Mi ferma in un modo che non so come affrontare, come se la sua decisione fosse già presa e non ci fosse più spazio per nulla tra di noi. La distanza che crea è come un muro invisibile che cresce ogni istante.

Il dolore e la confusione mi attraversano come un fiume impetuoso, ma non trovo la forza di ribattere. Con un lento movimento, mi alzo dal letto, il corpo che sembra improvvisamente troppo pesante per muoversi con grazia. "Scusa," mormoro, la mia voce rotta dall'incertezza, e faccio qualche passo verso la porta. Ogni passo che compio sembra allontanarmi non solo dalla stanza, ma anche da quel legame che, fino a ieri, sembrava indissolubile.

La porta si chiude silenziosamente dietro di me, e con essa si chiude anche un capitolo che non avrei mai voluto finire. Mentre cammino lungo il corridoio, la distanza tra noi cresce a dismisura, e un vuoto gelido mi avvolge, un senso di perdita che non so spiegare. Mi sento intrappolata in un ricordo che non posso più toccare, una nostalgia per qualcosa che forse non è mai esistito.

Mi siedo al tavolo dei Serpeverde, circondata dai miei compagni di casa, ognuno immerso nella propria conversazione, ma tutti condividendo l'atmosfera vibrante di un mattino che sta appena cominciando. Il vociare allegro, interrotto da risate e risatine, si mescola con l'odore invitante del cibo fresco: pancetta croccante, uova sode, pane tostato, marmellate dai colori vivaci. L'aria è calda e familiare, come se ogni risata e ogni chiacchiera fosse un piccolo pezzo di normalità in un mondo che sembra sfuggire sempre di più di mano.

"Buongiorno, Lilibeth!" mi saluta Lucretia, con il sorriso radioso che la contraddistingue, mentre con gesti agili spalmava marmellata sulla sua fetta di pane tostato. Il suo volto è fresco, privo di preoccupazioni, come se il mondo fuori da quella stanza non esistesse. "Hai dormito bene?"

"Non male, considerando tutto," rispondo, cercando di mascherare la tensione che mi attanaglia, ma è difficile. Ogni parola che esce dalla mia bocca sembra solo un tentativo di coprire un mare di pensieri che mi assale. L'immagine di Tom, il suo volto distante, il suo atteggiamento glaciale, non mi lascia mai. Cerco di concentrarmi sul cibo davanti a me, ma è come se ogni boccone avesse il sapore amaro del disappunto.

La figlia del diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora