8. «Stiamo bene, vero? Promettimelo.»

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Jungkook era tornato al castello la notte successiva, aveva avuto bisogno di vedere con i propri occhi che Taehyung stesse bene, che si fossero presi cura di lui e che dormisse sereno e così lo aveva trovato. Abbracciato al proprio cuscino, con una gamba piegata verso lo stomaco e il viso pacifico. Il sangue era stato lavato via, i segni sul suo collo erano spariti, i capelli sparsi sul cuscino, un ricciolo a cadergli sulla fronte. Jungkook si era seduto sul letto e lo aveva osservato in silenzio, accarezzandogli la guancia col dorso della mano, attendendo l'arrivo dell'alba prima di saltare giù dal balcone del principe e dirigersi velocemente dentro il suo covo.

Si sentiva profondamente in colpa per ciò che aveva fatto, si era autoflagellato, chiedendosi perché non era stato in grado di tenere sotto controllo i propri istinti. Taehyung gli mancava, lo voleva da impazzire e il pensiero che più lo faceva arrabbiare era il fatto che non desiderava il suo corpo o il suo sangue, voleva lui come persona, voleva baciarlo, abbracciarlo, stendersi sul suo immenso letto e mostrargli i disegni di un altro viaggio, ascoltarlo leggere ad alta voce la trama di un libro. Voleva amarlo e nient'altro.

Lo aveva ferito, lo aveva costretto a difendersi, lo aveva guardato mentre prendeva a calci una sedia per usare la gamba in legno come arma. Lo aveva preso per il collo, lo aveva immobilizzato e lo aveva morso.

Jungkook aveva quasi dissanguato Taehyung.

Il ragazzo che amava aveva quasi esalato il suo ultimo respiro tra le sue braccia, aveva chiuso gli occhi e Jungkook aveva avuto paura, un'invalidante paura che potesse essere la fine, che avrebbe dovuto convivere con quel rimorso per il resto della sua vita e in quel caso sarebbe stata l'eternità.

Sbuffò, rigirandosi sul proprio letto, dentro quella sterile e spoglia camera in una delle tante insenature della caverna dove Yoongi aveva creato il covo del proprio clan. Prese una pallina, l'aveva rubata ad un bambino qualche anno prima, e la fece rimbalzare contro il soffitto. Poi quella tornò indietro e lui l'afferò per rilanciarla nuovamente contro il muro. Si chiese come facesse ancora a rimbalzare dopo tutti gli anni. Per lui era come un antistress, un modo per tenere impegnati corpo e mente senza doversi concentrare su altro. In quell'occasione però non fu abbastanza, non c'era modo di togliersi dalla mente l'espressione terrorizzata prima e dolorante dopo di Taehyung.

Afferrò la pallina e chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo quando percepì i passi di una persona in corridoio e sbuffò nuovamente, perfettamente consapevole che Yoongi avrebbe aperto la porta senza bussare. Lui era il Sire, non ci si poteva lamentare di questi suoi atteggiamenti.

«Jungkook, ascolta, ho bisogno che-» E come preannunciato il vampiro più anziano spalancò la porta ma si bloccò quando vide il giovane con un braccio sollevato in aria, una pallina stretta tra le dita e un'espressione piatta. «Non dirmi che hai ucciso altri cavalieri.» Jungkook sorrise debolmente, scuotendo la testa e mettendosi a sedere sul materasso.

Bite me, poison me, save me | kooktaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora