4 - I Nous

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Quel giorno non riservava niente di buono per le tre famiglie.

Prendendo in considerazione solo le case abitate, casa Nous era situata all'estremità del cateto maggiore di un immaginario triangolo rettangolo: era un'abitazione modesta organizzata su un solo piano, costruita in cemento bianco e naturalmente decorata da edere rampicanti e da piante ricadenti che crescevano sui vasi in terracotta appesi al basso balcone in ferro dipinto. La famiglia era formata da quattro persone: Ada, la signora Nous, vedova da circa cinque anni, il primogenito Cade, l'adolescente Oliver e il piccolo Jack nato già orfano di padre.

Erano certamente abitanti di Middletown e il loro aspetto lo poteva senza dubbio confermare, ma ognuno di loro aveva uno stile diverso: Cade sembrava essere uscito da un galeone piratesco, portava i capelli lunghi e annodati in una piccola coda, larghe camice di lino e una corta e ben curata barba; mentre Oliver sembrava il tipico ragazzo timido e riservato, lo studioso e l'imbarazzato, portava i capelli leggermente più lunghi e ricci della norma, gli cadevano sul viso ma erano fortunatamente bloccati da uno spesso paio di neri occhiali da vista, il suo abbigliamento era sempre impeccabile, nessuno l'aveva mai visto senza giacca e cravatta. La signora Ada, invece, vestiva sempre di nero e teneva i capelli legati in un grande chignon dove qua e là risaltavano e splendevano dei ciuffi argentei che la donna cercava sempre di coprire. Non si poteva di certo dire fosse una fanciulla, ma il suo animo era ancora quello di una ragazzina piena di energie che correva e si divertiva a giocare sui prati.

Quella mattina, il primo a svegliarsi fu Cade, disturbato dall'incessante tosse di Jack.

Poggiando i piedi sul freddo parquet, il giovane uomo ringhiò e si avviò a grandi passi verso la porta raggiungendo, dopo aver passato il lungo corridoio, la camera del malato: lo trovò sul letto con la testa poggiata su due cuscini per evitare di soffocare, la fronte era sudata come mai prima e i capelli sporchi e unti. Con la piccola mano cercava di coprirsi la bocca, ma era troppo debole anche solo per respirare. Le sue condizioni erano precarie e, nonostante le medicine e le visite giornaliere dei migliori medici, la sua tubercolosi non dava segni di miglioramento, anzi distruggeva pezzo per pezzo il suo corpo, spegnendo ogni piccola e fioca fiamma di speranza conservata nei cuori dei familiari. Il suo tempo stava ormai per esaurirsi, la sabbia della sua clessidra stava per oltrepassare il largo varco che la divideva dall'altra sponda, all'apparenza così lontana, ma spesso non si tiene conto di come basti un solo istante per raggiungerla, e lì, niente tornerà più come prima.

Jack non smetteva di tossire, un altro colpo e il suo cuore sarebbe stato vomitato, ma Cade non poteva fare niente.

«È la vita» spiegava alla madre con spaventosa risolutezza «un giorno ci sei e il giorno dopo... chissà se qualcuno ancora ti ricorderà.» continuava a lagnarsi.

«Non dire così, Cade!» sbraitò la madre afferrando il figlio per un braccio e portandolo fuori dalla stanza in modo che il piccolo non potesse sentire. «Sappiamo perfettamente che un giorno se ne andrà, ma a quel punto spetterà a noi ricordarlo perché possa continuare a vivere! E soprattutto, non fare questi discorsi davanti a tuo fratello, sai bene che è sensibile!» lo rimproverò.

Cade si liberò dalla leggera presa e con il suo fare sgarbato e irritato le puntò il dito contro; qualsiasi altra madre l'avrebbe cacciato di casa di fronte a quella sfrontatezza e maleducazione.

All'inizio Cade non era così, ma l'esatto opposto: la morte del padre l'aveva destabilizzato e aveva tirato fuori la parte peggiore di lui. Non credeva più nella vita, non credeva più nell'amore né nei valori umani, erano a suo parere tutte menzogne inventate per dare un senso a ciò che un senso non ha; erano solo parole, lettere accostate l'una vicina all'altra, non avevano significato, né tantomeno un valore.

La Vendetta dello SpecialeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora