Capitolo 38 - Nathan

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Sono appena atterrato all'aeroporto di Chicago. Qualche giorno fa mio padre mi ha chiamato dalla sua villa ad Hyde Park, chiedendomi di passare da lui il fine settimana. Da quando si è risposato non si è più fatto sentire e io non l'ho più cercato. Dice di voler recuperare i rapporti, di voler presentarmi la sua nuova moglie e così risistemare le cose. Se non fosse per le suppliche di mia madre gli avrei gridato un gran vaffanculo e me ne sarei fregato, ma non ha mai smesso di assillarmi da quando le ho parlato dell'invito. Una parte di lei ha capito che la loro rottura ha distrutto la nostra famiglia, danneggiando soprattutto me e Ryle. Dice che nonostante gli enormi sbagli da loro commessi io meriti l'amore di un padre, e vuole che gli dii una possibilità. Così sono partito e ora mi trovo qui, con una valigia e un passaporto, ad aspettare colui che non considero più nessuno da diversi anni. Fingerò che vada tutto bene con mia madre e chiuderò definitivamente i miei rapporti con lui. Mi si accosta una macchina nera con al volante un uomo a me sconosciuto. Scende e mi si avvicina "Salve, è il signorino Bones?". Ma che cazzo... "Ti ha mandato mio padre? Chissà perché non mi stupisce che non sia venuto lui". Vedo che non è cambiato, ha sempre usato il potere a suo vantaggio. Perché scomodarsi a venire a prendere il proprio figlio fino all'aeroporto quando può mandare qualcuno? E così crede di riallacciare i rapporti, invece perde solo punti. Salgo in macchina e l'autista, che scopro chiamarsi Harvey, mi chiede quale musica preferisco. Opto per del pop internazionale e mi rilasso chiudendo gli occhi.

L'enorme villa affaccia sulla Foster Avenue Beach e non ha nulla da invidiare alle ricche abitazioni della città. Mio padre gestisce un'agenzia di moda ed è fuggito dalla piovosa Seattle per inseguire l'ambizione di far crescere la sua attività qui a Chicago. Come ciliegina sulla torta si è innamorato di una giovane modella di successo, e 6 mesi fa sono convolati a nozze. Da bambino l'ho sempre ammirato per la sua determinazione e il suo costante impegno e dedizione verso la sua passione, caratteristiche che ho preso da lui. Tutto è sfumato quando ha messo la sua famiglia in secondo piano e ha abbandonato mia madre come un rifiuto, senza voltarsi indietro. Mi faccio guidare da Harvey in una grande sala, che immagino serva per accogliere gli ospiti, e trovo ad attendermi proprio mio padre e Rachel, sua moglie. Mi porge la mano e la stringo con un'espressione gelida. Lo stesso fa Rachel, ma a lei riservo un debole sorriso. Non voglio addossarle le colpe dei miei genitori, voglio cercare di essere cordiale almeno con lei. Lascio che mi guidi per la casa, mostrandomi ogni cosa e chiedendo il mio parere sull'arredamento che ha personalmente scelto e curato. È una donna solare, che trasmette serenità e sa come mettere le persone a suo agio. Inoltre, è una bellissima donna: fisico snello, gambe lunghe e lisci capelli neri. Non biasimo mio padre per averla sposata, credo che sarà più facile sopportare il mio soggiorno qui con la sua presenza. Per il resto della giornata riesco a stare un po' da solo. Decido di fare un giro in centro e godermi la città. Entro in alcuni negozi e faccio qualche acquisto per i miei amici: Jackson mi ha espressamente chiesto di prendergli un paio di sneakers che a Seattle non si trovano, così non posso esimermi dall'entrare nel grande negozio della Nike. Passo davanti Pandora e non so per quale strana ragione decido di entrare. Non è un negozio da maschi, ecco. Guardo i gioielli esposti e l'occhio mi ricade su una semplice collana con un angelo. Elizabeth. Per giorni mi sono obbligato a non pensare a lei per non farla entrare nei miei casini, non posso farlo. Guardo quella collana e decido di comprarla. La terrò per me, per sentirla vicina anche quando non lo è.

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