Alexander

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Non posso più chiudermi in me stessa, non so per quanto ancora resterò qui dentro e ho bisogno di relazionarmi con qualcuno, qualcuno di normale. Perciò oggi andrò nella sala comune, per la prima volta.
La confusione sembra essere passata, ma sono ancora un po' giù di morale.

La stanza è colma di gente, saremo sulla trentina. Ci sono tavoli, poltrone e c'è odore di sigaretta. In un angolo della stanza c'è un jukebox, che ripete continuamente la stessa canzone.
In uno dei tavoli siede un ragazzo, sembra un tipo normale. Sta fumando una sigaretta e ogni tanto mi guarda, mi siedo accanto a lui. Appena prendo posto, mi offre una sigaretta.
Non sono mai stata una grande fumatrice, ma infondo, chi rifiuterebbe una sigaretta? Da un ragazzo così carino poi; capelli lunghi, moro, alto e occhi neri.Diciamo che non ha nulla da invidiare a nessuno. Si chiama Alexander e ha quasi vent'anni.
È stato accusato di aver commesso un omicidio; di aver ucciso sua madre un anno fa, e il suo avvocato (pur essendo uno da quattro soldi, da quanto lui racconta) è riuscito a fargli ottenere "l'infermità mentale", anche se avrebbe preferito andare in un normale carcere, pur essendo innocente. Parliamo da un'ora senza fermarci, mi sta raccontando della sua vita prima di finire qui: la scuola non gli è mai piaciuta, così i genitori lo hanno infilato nel mondo del lavoro, lavorava come imbianchino quando capitava, e con quei soldi contribuiva a qualche spesa in famiglia. Nonostante ciò, lo scarso stipendio non gli ha mai permesso di togliersi alcuno sfizio. Quasi soffriva nel vedere i suoi coetanei divertirsi. La mattina dell'11 dicembre di un anno e mezzo fa, è stato svegliato da suo padre perchè doveva andare a lavoro. Dopo 4 ore aveva già finito, così rientrò a casa, e davanti al camino trovò sua madre giacente a terra, uccisa a colpi di ascia. Spaventato, chiamò la polizia, e subito sospettarono di lui.

Mentre mi racconta queste cose, mi guarda fisso negli occhi, forse si aspetta che io mi impressioni, ma sbaglia. Ricambio i suoi sguardi, è travolgente.

D'un tratto un rumore ci interrompe; un paziente sta spaccando il tavolo, sbattendolo contro il pavimento.
Subito accorrono i due uomini che tempo fa mi presero con la forza,qui li chiamano guardie, seguiti dalla suora dannata.
Faccio l'ultimo tiro di sigaretta e la stropiccio in fretta per spegnerla.
Hanno una sorta di manganello in mano e colpiscono l'uomo molto pesantemente, non riesco a guardare, mi giro.
Alexander mi rassicura, dicendomi che qui, violenze simili sono normalissime. E io lo so bene, per quello che ho provato sul mio corpo.

Una suora è entrata nel salotto e sta suonando un campanellino, ci avverte che la cena è pronta.
Si alza per primo, e mi prende per mano mentre mi alzo anch'io. Mentre ci dirigiamo in sala da pranzo, mi tiene la mano poggiata su una spalla per dirigermi, pur sapendo che so benissimo per dove passare.
Ci siamo seduti vicini, ora sono io a raccontargli il mio passato. Ha la faccia interessata e spesso mi accarezza la mano.
Ecco la cena, pasta al pomodoro e quattro polpette a testa.
Chiaramente, c'è sempre il capriccioso che si rifiuta di mangiare per fare una ripicca a non si sa chi, tanto poi si sa che il dispetto se lo fa da solo.
In particolare c'è un bambino di circa 10 anni, che continua a sputare le polpette sul muro. Alexander mi sta spiegando che si chiama Ron, è stato portato qui dai genitori semplicemente perchè non avevano soldi per mantenerlo, quando aveva pochi giorni di vita. Era un bambino normalissimo ed è diventato matto a forza di stare con i matti.

Un po' scombussolata gli chiedo di cambiare discorso, mi sta confessando che ,anche dopo cena, chi non ha sonno va nel salotto, l'importante è che a mezzanotte ognuno vada nella sua stanza, o anche in quella di qualcun altro se ha voglia.

Dopo aver mangiato accanto al mio nuovo amico, lui mi racconta una sorta di segreto
"Sai, non so se hai mai sentito parlare di tavole ouija, è da poco che sono in circolazione e ho trovato il modo di farla entrare qui dentro"
"No, di cosa si tratta?" Chiedo
"Dicono che con esse si possano contattare gli spiriti, ma non l'ho mai usata e vorrei che tu lo facessi insieme a me, stasera"
"Se hai così tanta voglia di contattare gli spiriti, posso presentarti mia sorella! È anche incazzosa, sai?"
"Dai, ti aspetto tra 20 minuti in camera mia, è la stanza n.3 , se andiamo via insieme sospetteranno qualcosa, dato che la gente qui non fa mai amicizia"
E se ne va, facendomi l'occhiolino.

Andiamo, che potrà mai succedere? Non si aprirà mica il mondo! Tanto meno sprofonderà all'inferno.

Mental hospital {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora