Giorni vuoti || Fares

Capitolo 26

Camminando verso il balcone di casa butto l'occhio in giro per cercare il mio pacchetto di camel, mentre Mati prende le sue dalla sua borsa.

Una volta trovati entrambi usciamo in terrazza, ci sediamo al tavolo e lentamente prendiamo una sigaretta per accenderla. È un gesto fatto con una lentezza superiore al solito, perciò mi rendo conto di quanto entrambe stiamo cercando di rimandare la conversazione.

Alla fine però devo prendere coraggio, del resto sono la sorella maggiore, è una sorta di regola non scritta: devo rompere il ghiaccio.

V:<<Allora. Non fraintendermi, sono felicissima tu sia qui, ma vorrei sapere il perché>> dico cauta.
M:<<Sai com'è Vale. Sai come sono la mamma e papà>>
V:<<Oh sì lo so. Ma vorrei sapere esattamente cos'è successo>>
M:<<Da dove cominciare. Bè ti ricordi che ho la maturità tra tipo due mesi?>>
V:<<Sì che me lo ricordo...>> dico non capendo dove volesse andare a parare
M:<<Bene. Diciamo che l'altra sera eravamo a cena e si parlava di cosa avrei voluto fare dopo. Mamma diceva che secondo lei medicina è la scelta più giusta, mentre papà diceva che mi sarei trovata meglio a fare l'avvocato>>
V:<<Ma queste sono le strade che tu vuoi percorrere?>> chiedo prendendo un tiro dalla mia sigaretta.

Mati si prende un momento di riflessione imitando il mio gesto. Poi si convince.

M:<<No Vale. Io non voglio continuare>>
V:<<Ah cazzo. Immagino già perchè sia finita così, anche con me non hanno preso per niente bene il fatto che non avrei proseguito gli studi>>
M:<<Infatti ti ho presa come esempio per difendermi. Gli ho detto che nonostante tu non abbia continuato mi pare che te la stia cavando più che bene>>
V:<<Bè non hai tutti i torti...>>
M:<<Però no. Per loro devo per forza continuare. Quando ti ho tirata in ballo i toni hanno iniziato a scaldarsi, io cercavo di non urlare ma mi sentivo così aggredita che non ho potuto fare altro>>
V:<<E com'è finita?>>
M:<<Gli ho urlato contro che non capivano un cazzo di me, di noi, che non si sono mai interessati a quello che le loro figlie dicevano o volevano fare. Gli ho accusati di averci avute solo per realizzare i sogni che loro non erano mai riusciti a realizzare per sé stessi, di vivere la loro vita attraverso le nostre>> dice con la voce strozzata e le lacrime agli occhi.

Senza dire niente spengo la cicca nel posacenere, per poi avvicinarmi a lei e stringerla forte tra le mie braccia. Lei si appoggia delicatamente a me cercando conforto.

M:<<Ammetto di essere stata un po' dura con loro, ma non me ne pento. Quando ho finito il mio sfogo la mamma si è avvicinata incazzata e mi ha tirato uno schiaffo, dicendo di non osare parlarle così. Non credo abbia realizzato subito quello che aveva fatto, perché mi ha guardata per un paio di secondi con questo volto inespressivo, poi deve aver visto le mie lacrime e ho visto i suoi occhi passare ad un'espressione scioccata dalle sue stesse azioni. Ha iniziato subito a scusarsi ma non ho voluto sentire ragioni, sono salita in camera, ho fatto la valigia e sono corsa qui. Mi dispiace per il poco preavviso>> dice ormai piangendo a dirotto.
V:<<Hey stai tranquilla. Te l'avevo detto che avresti sempre avuto un posto a casa mia fino a quando ti sarebbe servito, sai che non ti lascerò mai>> dico commossa anche io
M:<<Lo so, ma ora non posso chiederti di restare qui. Devo finire la scuola e pensare a come fare dopo, sicuro la mamma e papà non supporteranno quello che ho in mente>> mi scappa una risata involontaria
V:<<Vuoi ancora fare l'artista vero?>> chiedo sorridendo
M:<<Sì. E sempre stato quello che volevo fare, non penso di averci mai rinunciato>>

Passano alcuni secondi in cui restiamo solo accoccolate sulle sedie del mio terrazzo a guardare le stelle, mentre ripenso alla mia sorellina che mi faceva i ritratti quando eravamo piccole. Avevo sempre almeno sette dita per mano e i capelli di un altro colore, ma ero comunque fiera di lei.