La paura di annegare

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La sensazione di essere in una piscina con l'acqua alta da entrambe le parti, non poter fare niente se non cominciare a nuotare, provarci il più possibile ma non riuscirci. Rimanere fermi lì, consapevoli del fatto che a breve arriverà un attacco di panico e alla fine lasciarsi andare sul fondo perché ci si è resi conto che non c'è nessun altro a parte noi stessi. Così mi sentivo, sul fondo di una piscina da cui non riuscivo più a risalire, perché ero seduta su una sedia di un bar che aspettavo nervosamente colui che mi aveva lasciato affogare, lasciandomi lì da sola ed andandosene.

CAMILLA

«A cosa stai pensando?» disse Lidia, davanti a me, mentre tornavamo dalla nostra gita a Venezia

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«A cosa stai pensando?» disse Lidia, davanti a me, mentre tornavamo dalla nostra gita a Venezia.

Non risposi, girai solo il telefono verso di lei per farle vedere cosa stessi guardando.

«Camilla, sai che lui non tornerà e se mai lo facesse tu non dovrai esserci» disse. «Ma tanto non lo farà.»

28 agosto 2021

Era arrivato con il suo solito atteggiamento da "non me ne frega un cazzo di nessuno", ma non ci feci molto caso e continuai a guardarlo con gli occhi di chi avrebbe solo voluto risalire a galla in quella diavolo di piscina, cosa che non sarebbe mai successa finché l'uno si sarebbe ricordato dell'altra e viceversa.

«Lidia, non voglio che torni» parlai con una freddezza che fece paura anche a me. «Ma fa male e farà male sempre.»

Ci guardammo, nessuno dei due aveva il coraggio di parlare, ma quella arrabbiata e delusa ero io, non di certo lui.

«Se devi stare zitto, potevi continuare il gioco del silenzio come hai fatto negli ultimi due mesi» parlai per prima con una cattiveria mai usata.

«Mi sono fidanzato.»

«Sono felice per te» dissi abbassando lo sguardo sul bicchiere che stavo bevendo prima del suo arrivo.

Eravamo arrivate alla stazione di Milano con 12 minuti di ritardo, perdendo l'ultima metro che ci avrebbe riportate a casa

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Eravamo arrivate alla stazione di Milano con 12 minuti di ritardo, perdendo l'ultima metro che ci avrebbe riportate a casa. Non c'era nessun autobus che potesse portarci a casa e quindi optammo per prendere un taxi. Fuori dalla stazione di Milano c'erano molte persone strane, erano le 21.30 ed eravamo da sole, ma non era colpa nostra se non cerano taxi disponibili e il treno aveva fatto ritardo.

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