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Come avrai capito in queste pagine che hai appena letto, il giorno dell'incidente non é un argomento di cui amo particolarmente parlare, ma per te farò una singolare eccezione.

Ebbene era il 4 giugno 2013, prendo i due pesanti trolley viola, salutai i miei e andai velocemente in garage, filai in macchina e passai a prendere Susan, Jenny, Emma e Anna e tutte insieme partimmo per la nostra avventura estiva. Tenevamo i finestrini aperti con la musica ad altissimo volume cosicché tutti potessero sentirci, nella macchina entrava un dolce profumo d'estate,  ci sentivamo invincibili, ma non lo eravamo.
Io ero alla guida e fui la prima a intravedere l'uscita dalla strada principale con il cartello della nostra destinazione, e più in là in curva il fiume in piena.
In quel momento cruciale non mi sentivo brilla ne null'altro, non avevo bevuto niente perché ero consapevole che mi sarei messa alla guida, ma propio in quell'istante sentii lo stesso brivido che mi aveva attraversato la schiena il giorno prima a casa di Johnny. Sentivo una forza che mi tratteneva dallo sterzare,  sentivo qualcuno che mi impediva di fare la cosa giusta.
Persi il controllo della macchina,  ero momentaneamente paralizzata, si sentì un grosso tuffo,  il rumore delle nostre urla e della gente spaventata.
Affondavamo dentro quella latta di metallo. Non c'era piu' aria. Stavamo morendo.
Subito cercai di strapparmi via la cintura con tutte le mie forze, sentivo l'adrenalina pulsarmi nelle vene.
La macchina continuava ad affondare giù in quella voragine vuota, e io mi staccavo dalla morte e nuotavo più in fretta che potevo in cerca di luce, in cerca di vita; nuotavo e le acque del fiume mi apparivano sempre più strane, risalivo la superficie ma vedevo qualcosa oltre alla luce, c'era un piccolo tagliandino di carta sulla superficie, finalmente riuscii a risalire e respirai, ero viva.




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