CAPITOLO 3

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Ciao, Ernesto, disse Aurelio con tono gelido appena la vittima riprese conoscenza.

Chi sei? - urlò Ernesto, cercando di focalizzare la vista. Lentamente, realizzò dove si trovava. Il suo corpo era completamente avvolto da nastro adesivo nero, dalle caviglie fino al collo, lasciando libere solo le mani e i piedi. La stanza, una vecchia cripta abbandonata, emanava un'atmosfera sinistra permeata dall'odore di muffa e ruggine.

È strano che un tipo come te, abituato a trattare con certe persone, non mi riconosca, - disse Aurelio con un sorriso freddo e distante.

Aspetta, tu sei quel ragazzino che ho fatto arrestare anni fa, o almeno lo eri... - Ernesto cominciava a ricordare, un'ombra di paura attraversando il suo volto.

Esatto. E tu sei l'avvocato che mi ha costretto a vivere prima in un carcere minorile e poi il resto della mia giovinezza in una cella. Complimenti, ti ricordi, - replicò Aurelio, con un falso sorriso stampato sul volto e un tono impregnato di una vendetta fredda e calcolata.

Ernesto cominciò a urlare, il panico e l'angoscia evidenti in ogni suo grido. Aurelio lo osservava, riflettendo su come quell'uomo, che una volta si credeva invincibile, fosse ridotto a un essere terrorizzato.

-È incredibile come quest'uomo stia urlando come non mai nella sua vita, per tutta la sua esistenza, ha creduto di essere superiore in ogni cosa

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-È incredibile come quest'uomo stia urlando come non mai nella sua vita, per tutta la sua esistenza, ha creduto di essere superiore in ogni cosa. Tutto si basa sul contesto in cui ci si trova, e lui si è illuso di essere di più che un semplice corpo fatto di sangue, ossa e tessuto connettivo. Beh, ci penserò io a fargli rendere conto di ciò che è veramente. - Pensò Aurelio

Ti prego, lasciami andare, - implorò Ernesto, le lacrime che scorrevano copiose sul suo volto, miste a sudore freddo.

Aurelio rispose con un ghigno sinistro - Certo che ti lascerò andare... Ti lascerò andare via dal tuo corpo. -

Ernesto non capì immediatamente, la confusione dipinta sul suo volto. Prima che potesse formulare una risposta, Aurelio si mosse rapidamente verso un tavolo vicino. Il tavolo era coperto di strumenti contundenti e mentre la sua mano sfiorava vari oggetti, si fermò su una motosega, mentre la afferrava e sollevava un sinistro odore di ferro si diffuse nell'aria. Il ruggito della motosega riempì la stanza, amplificando il terrore di Ernesto che triplicò gli urli; ogni suono era una manifestazione di puro terrore. - Per favore, no! Non farlo! Ti prego!

ORE 22:00. PALAZZO D'ALTAVILA, 

Nel palazzo, Caterina si muoveva freneticamente tra gli ospiti della festa, cercando di mantenere l'atmosfera leggera e spensierata. Tuttavia, il pensiero di Aurelio la tormentava. Non riusciva a scrollarsi di dosso la preoccupazione per il fratello.

Nel frattempo, Carmine e Augusto cercavano di divertirsi, loro non erano minimamente preoccupati e Caterina D'Altavila li guardava con una leggera irritazione. Da un lato il suo intuito era preoccupato e il pensiero delle possibili conseguenze delle azioni di Aurelio non la abbandonava, dall'altro voleva sentirsi tranquillizzata.

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