Cap. 4

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Un tocco soffice sulla mano. Un respiro regolare, di un cuore che batte tranquillo. Il calore di un corpo, che mi preme sulla schiena. Un braccio che mi stringe la vita, delle labbra sconosciute sui capelli. Mi sveglio pian piano, assaporando tutte queste sensazioni nuove, finchè non mi accorgo di dove mi trovo. E' una stanza nuova, ma niente di quello che avevo visto prima. E' molto grande e lussuosa, con un pavimento di legno d'ebano coperto da tappeti persiani rossi e neri, delle poltroncine di legno, oro e velluto rosso sparse, un divano rosso scuro in un angolo, una tv davanti ad esso, un tavolino con le gambe leonine decorate da liane, delle finestre enormi coperte da altrettanto grandi tende bordò. Il letto dove mi trovo è a baldacchino, anch'esso di legno d'ebano, e ogni parte è decorata nei minimi dettagli: la testiera è un intricato disegno di oro e legno che rappresenta un leone in una battuta di caccia. Il leone è vigoroso, forte, fiero di sé, mentre corre in mezzo al bosco, inseguito dai cacciatori. Gli uomini sono vestiti di pelli e impugnano delle lance e degli archi, ma non riescono a raggiungere la fiera. Il disegno del bosco è talmente intricato che mi affascina, e con la coda dell'occhio cerco di imprimermi nella memoria ogni singolo dettaglio, ma inutilmente. Sono talmente tanti che dovrei restare qua mesi per farne un quadro completo nella mente.

Sento il braccio che mi stringe la vita muoversi, e mi irrigidisco subito. Mi ero talmente abituata al calore delle coperte e del corpo di fianco a me, che non mi ero posta il problema di chi fosse. Facendo attenzione a non svegliare lo sconosciuto, mi giro nelle coperte e mi ritrovo davanti un volto bellissimo, celato parzialmente dal cuscino di piume. Il suo viso rotondeggiante, parzialmente coperto dai ciuffi di capelli neri mossi che gli ricadono sparsi sulla fronte, è serenamente addormentato. Le guance, piene, sono immobili, al contrario delle labbra rosse e carnose, che sono leggermente aperte per far passare il respiro. Il naso, perfettamente dritto e all'insù, completa il quadro, e quando mi avvicino noto che è leggermente spruzzato da delle lentiggini marroni. Gli zigomi alti e la mascella squadrata danno l'idea di un guerriero, o di un principe, e il braccio forte e muscoloso che mi stringe mi fa propendere per la prima ipotesi. E' il ragazzo che mi ha salvata dalla pista da ballo.

Esitante, gli passo il dorso della mano sul volto, come per accertarmi che esista davvero. Mi ha salvata, ed è rimasto con me la notte, scaldandomi e proteggendomi. Nessuno, che io ricordi, aveva mai fatto un gesto così umano e disinteressato nei miei confronti. Gli sposto uno dei ciuffi ribelli che gli ricoprono la fronte, e lo sento lamentarsi sotto le mie dita, sbuffando leggermente. Compie un movimento involontario, stringendomi di più a sé. Mi si mozza il respiro quando la sua testa si posa sul mio petto, e sento ogni terminazione nervosa andare a fuoco. Forse dovrei allontanarmi, e scappare, ora che mi è stata data una possibilità di farlo.

Ma la curiosità di scoprire chi è questo ragazzo misterioso è troppo forte, così decido di aspettare. Di studiarlo, e capire chi è lui. Silenziosamente, mi divincolo dalla sua presa e scivolo con i piedi nudi sul pavimento freddo. Stringo le dita dei piedi, ma mi alzo, ignorando il brivido che mi è risalito lungo la spina dorsale. Non avrei mai voluto andarmene da quel dolce tepore, ma voglio curiosare in giro per la stanza.

Solo in quel momento noto di non indossare più il vestito di ieri sera; al suo posto, ora mi ricopre fino alle cosce una maglia nera, senza stampe. Sarà anch'essa sua, penso, mentre mi avvicino alla libreria che riempie fino al soffitto un lato della camera. Dal letto non si notava bene, ma ora riesco a distinguerla chiaramente: è colma di libri di ogni tipo e dimensione, e presenta in un angolo una scaletta per salire fino ai ripiani più alti. Incuriosita, mi avvicino a uno scaffale ed estraggo un libro dalla copertina verde scuro, con il titolo semi cancellato. E' rilegato in pelle, ed è molto piccolo. Apro la prima pagina, per leggerne il titolo, ma noto che non è scritto nella mia lingua. Frustrata, lo rimetto al suo posto, ma muovendolo cade una cosa per terra. Mi chino a raccoglierla, e noto che è una busta di carta, leggermente ingiallita dal tempo. Sorrido nella penombra, felice di aver trovato finalmente qualcosa di interessante. La nascondo, ripiegandola, dentro il reggiseno, e mi avvicino a una finestra per guardare fuori. Scosto leggermente la tenda, e osservo che la stanza si affaccia su un altro lato rispetto al giardino del ballo: il mio occhio si perde in un bosco senza fine, pieno di pini e olmi, abbellito da un fiumiciattolo che ci scorre attraverso. Dietro il boschetto, delle montagnole fanno capolino mentre il sole sorge, illuminate in tutta la loro maestosità. Prima del bosco, dei cancelli limitano l'area del palazzo e dei giardini reali, curati magnificamente e studiati in ogni minimo dettaglio.

Persa in tutta quella meraviglia, mi accorgo che il mio salvatore si è svegliato solo quando la sua voce, roca e grave, rompe il silenzio, vicina al mio orecchio. "Bellissimo, non è vero?" sussurra, facendomi sobbalzare. Mi allontano di scatto, provocandogli una risatina, e mi metto sulle difensive.

"Chi sei?" domando, rapita dai suoi occhi neri striati di rosso, che con la luce dell'alba sembrano ancora più chiari.

"Buongiorno anche a te" ribatte lui, poi si va a sedere sul divanetto, lasciandomi i miei spazi.

"Non hai risposto alla mia domanda" mi impunto, le braccia incrociate sul petto. Lui annuisce, pensieroso, come se stesse davvero riflettendo sul rispondermi o meno, poi mi indica con l'indice.

"Sono il proprietario della maglietta che indossi" afferma, scrollando le spalle. Non so se ritenermi offesa o meno riguardo questa risposta, perciò faccio quello che mi riesce meglio: essere strafottente.

"Beh, se ci tenessi davvero, non me l'avresti lasciata mettere come pigiama" ribatto, lasciandolo di stucco. Ma si riprende in fretta, mascherando la sua espressione sorpresa e meravigliata, quasi incuriosita da me, e ritorna alla sua aria di superiorità.

"Magari non ci tengo, ma volevo solo intraprendere una conversazione con te" dice, guardandomi fissa. Non so come reagire a questa affermazione, è da tanto che non intrattengo una chiacchierata con qualcuno.

"Non sono brava nel conversare" ammetto, facendomi scivolare su una poltroncina vicina al divano, ma sempre abbastanza distante per darmi la possibilità di fuggire, se necessario.

"Non importa. Io sono abbastanza bravo per tutti e due – si vanta lui, per poi tornare serio- ma hai ragione. Hai diritto a una risposta che ti soddisfi. Mi chiamo Antares Nightingale, e sono il tuo peccatore" annuncia, stringendo i denti sull'ultima parola.

Ma non mi soffermo troppo sulle sue microespressioni, anzi, il mio cervello corre a cercare un significato per la frase che mi ha appena detto. "Sono il tuo peccatore" cosa dovrebbe significare?

Cerco di non sembrare stupita, e gli rispondo dopo poco :" Perché sono qua, peccatore?"

Sento che rabbrividisce al sentire quella parola, tant'è che subito risponde:" Ti prego, non chiamarmi così. Chiamami Antares, o come vuoi. Ma non peccatore"

"Non hai risposto alla mia domanda. Di nuovo". Mi piace provocarlo, e lui pare di averlo capito, poiché si alza di scatto e si avvicina alla mia poltroncina, lentamente, come un predatore con la sua preda. I miei muscoli si irrigidiscono, ma mi impongo di rimanere impassibile, pronta a scappare se necessario.

"Ti piace giocare, non è vero?- sussurra, mettendo le mani sui braccioli della poltroncina e chinandosi sempre di più sul mio viso- ma non sono io il tuo avversario. Io sono colui che ti aiuterà, e che ti farà sopravvivere" annuncia a pochi millimetri dalle mie labbra. Non oso muovermi, potrebbe interpretarlo come un segno di debolezza, anzi mi avvicino ancora di più a lui, uno sguardo di sfida in volto.

"E perché dovrei fidarmi di te, Antares Nightingale?" sussurro, soffiandogli sulle labbra carnose.

Antares non sembra scomporsi di fronte alla mia vicinanza, infatti arcua un angolo della bocca all'insù e mi studia attentamente. Trattengo il fiato, aspettando una sua risposta, e cerco di avvicinarmi ancora di più, per metterlo in difficoltà. Ma a lui non sembra piacere questa mia mossa, tant'è che si allontana di scatto, passandosi una mano tra i capelli e dandomi la schiena.

Il silenzio torna tra noi pesante come una roccia, e quando comincio a pensare che si sia addormentato in piedi, sento la sua voce sussurrare:" Perché sono l'unica opzione che hai, Dafne".

The last piece of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora