Cap.13- Dafne

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Dangerous, David Guetta

Non vedevo nulla, le lacrime a coprirmi gli occhi, le palpebre troppo lente per scacciarle via. Con un gesto rabbioso mi pulii le guance bagnate e svoltai a sinistra nel corridoio, ricordandomi la strada per il giardino dove avevamo ballato. Corsi e corsi, non pensando a nient'altro che allo sguardo disperato che mi aveva rivolto Antares prima che scappassi via. Il groppo in gola si fece più forte, più ingombrante, e io smisi di respirare. Il cuore mi batteva a mille, le gambe stavano cedendo, e la pietra sotto di me non mi era mai sembrata così invitante.

"No- mi imposi, guardando speranzosa verso il portone davanti a me che, leggermente socchiuso, faceva intravedere l'erba verde- arriva lì".

E lì arrivai, spalancando il portone, per poi lasciarmi cadere sull'erba bagnata dal temporale, le gocce di pioggia a bagnarmi il viso. Allargai le braccia, il petto scosso dai singhiozzi, e mi lasciai inondare dalle gocce fredde, inzuppandomi i vestiti e i capelli. 

"Antares è nostro figlio, il futuro Re di Tainol. L'ideatore dei Giochi del Trapasso" 

La voce della regina mi spezzò il respiro, di nuovo. Sentivo uno squarcio sanguinante al posto del cuore, e non riuscivo a capacitarmi di tutto ciò.

Antares, il ragazzo dagli occhi rossi, che si era preso cura di me, che mi aveva portato la colazione, che adoravo sfidare, che mi aveva baciata con così tanta passione...era solo un traditore. Era l'inventore di tutto ciò, era la causa della mia perdita di memoria. Era la causa del perchè non mi ricordavo chi ero. Era la causa del mio non ricordarmi del padre di mio figlio.

Mio figlio.

Il pensiero venne come un fulmine a ciel sereno, e le lacrime scesero più veloci. Mi portai le mani sullo stomaco ancora piatto, e lo accarezzai lentamente, le lacrime che scendevano come fiumi di lava bollente e che bagnavano il terreno attorno a me. Come farò a proteggerlo, con i Giochi alle porte? Come farò ad allenarmi quando, tra pochi mesi, il pancione mi sarà cresciuto? Come lo accudirò, una volta nato? Non ho una casa, non ho una famiglia che mi ricordi. Non ho nessuno al mondo, a parte lui.

E il padre.

Il pensiero mi sollevò un pochino. Una volta vinti i giochi, sarei andata a trovarlo. L'avrei cercato in lungo e in largo, finchè non ci saremmo riconosciuti a vicenda. Poi avremmo accudito nostro figlio insieme, in una bella casa con il caminetto di pietra, lontano da qui. Chissà dov'era ora lui, cosa stava facendo. Magari era disperato per averci perso? Ci stava pensando? Gli mancavamo? Ma soprattutto, mi amava?

Scossi la testa, chiudendo gli occhi. "Lo troveremo, te lo prometto. Ti riporterò dal tuo papà, piccolo mio, e vivremo tutti insieme felicemente. Lontano da qui. Te lo prometto, tesoro" dissi, accarezzandomi la pancia.

E sapevo che non avrei mai infranto una promessa del genere.

Un rumore mi fece riaprire gli occhi di scatto, e mi tirai su, girandomi verso la fonte.

"Cosa ci fai qui?" urlai, brividi di freddo che mi scorrevano lungo la pelle.

Antares era a pochi metri da me, appoggiato al tronco di un albero, i capelli ricci ridotti ad un ammasso bagnato e scompigliato, gli occhi posati sulla mia pancia, le labbra rosse leggermente dischiuse.

Era bellissimo, e questo mi faceva solo più male.

"Dafne, possiamo parlare?" mi urlò in risposta, cercando di sovrastare il temporale che stava infierendo sopra le nostre teste.

"Vattene e basta, Antares! Non voglio parlare con te!" urlai in risposta, distogliendo gli occhi da lui e tirandomi in piedi.

Quanto aveva sentito del mio discorso?

The last piece of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora