Cap. 16- Dafne

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Before you go, Lewis Capaldi

Corsi via, lasciando dietro di me solo un silenzio assordante. Pian piano avevo cominciato a capire il palazzo, e perciò mi stavo dirigendo con sicurezza verso l'uscita laterale che avevo intravisto mentre ci portavano al ballo. Nella mia corsa, incontrai parecchie guardie, ma esse non mi fermarono, non sapendo ciò che avevo fatto.

O che avevo preteso di aver fatto.

Così, finalmente, raggiunsi la porta. I piedi mi dolevano, il vestito mi stava soffocando, ma sapere che dopo quel legno c'era la libertà mi portò a spingere con tutte le mie forze la maniglia dorata, finchè la porta non cominciò a scorrere sui cardini e l'aria fresca non mi investì in pieno viso. Mi fiondai fuori, troppo presa dallo scappare che dall'interiorizzare tutto ciò che stava assalendo i miei sensi, e mi ritrovai su un sentiero di ghiaino che era concentrato da alberi in fiore e da frutto. Mi tolsi le scarpe con il tacco, che mi stavano distruggendo i piedi, e corsi attraverso quel verde finchè non intravidi il cancello dorato che limitava il palazzo. Non appena lo vidi, però, corsi a nascondermi dietro un albero.

Guardie, guardie ovunque. Con le spade estratte, pronte a colpirmi. Che mi stavano cercando. 

Il battito del mio cuore accelerò quando alzai gli occhi verso il cielo: lampi dorati lo invasero, veloci come fulmini.

Grifoni. Ovunque. Con in sella i loro padroni.

Mi si chiuse la gola. Non sarei mai riuscita a fuggire. A meno che.... Un'idea si fece strada nella mia testa non lucida, e decisi che era la mia ultima sponda. Correndo tra gli alberi, cercando di farmi notare il meno possibile, raggiunsi il retro del castello, dove trovai le stalle dei cavalli. Tentata di entrarci, mi fermai quasi subito. Non era quello il mio obiettivo. Dovevo continuare a cercare.

Difatti, qualche decina di metri più in là, trovai ciò che il mio piano prevedeva come via di fuga: le stalle dei grifoni, creature maestose e altrettanto pericolose. Mi fiondai dentro, e notai che tutti i box erano vuoti. Un sospiro di delusione si fece strada dentro di me. Avevo fallito. E riuscivo già a sentire i passi veloci delle guardie, che probabilmente stavano circondando il palazzo.

Sarei tornata in cella. E niente sarebbe cambiato.

Arrabbiata e delusa con me stessa, mi appoggiai a un palo e mi lasciai cadere a terra. Le lacrime cominciarono a solcare il mio volto, facendomi accelerare il respiro. Ero una delusione. Non riuscivo a badare a me stessa, a salvarmi, come avrei fatto una volta da madre? Non potevo offrire nulla a mio figlio. Solo una madre a pezzi, inutile come il tappo di una penna.

Inutile come una prigioniera senza via di uscita.

Mi misi le mani tra i capelli, i singhiozzi sempre più forti, la gola sempre più chiusa. Sarei morta, dentro quel palazzo vuoto. Sarei morta da sola, senza un tocco umano a riscaldarmi. Sarei morta, e basta. Senza neanche aver provato a lottare.

In quel momento sentii un dolore acuto alla testa. Chiusi gli occhi, succube di quella sensazione di oppressione, e boccheggiai in cerca d'aria. Mi sentivo come schiacciata da un peso superiore. Poi, un lampo dorato si fece strada sotto le mie palpebre chiuse.

La mente di un grifone.

"Vieni, sono qui". Una voce profonda e cavernosa mi invase la mente, lasciandomi senza parole. Io ero entrata in contatto con un grifone. Un grifone, che stava cercando di salvarmi. Mi alzai, tremolante sulle mie gambe, e camminai nella direzione di quella voce. Il vestito continuava ad impigliarsi nelle mie gambe, e il corsetto mi stringeva di più a ogni passo, ma lui era lì. La mia salvezza era lì, a pochi passi da me. In un moto di rabbia, mi strappai la gonna, lasciandola penzolare a malapena sopra il mio ginocchio, e mi allentai il corsetto. Finalmente libera di respirare e camminare, arrancai seguendo le indicazioni del grifone, finchè non mi si parò davanti.

Era semplicemente maestoso. Il corpo di leone, massiccio e possente, aveva i muscoli in tensione, mentre la testa d'aquila con il becco aguzzo era innalzata di fronte a me, in una posizione di predominio. Rimasi senza fiato, e lo guardai nelle sue iridi scure, pronta a tutto.

"Ti ho aspettata a lungo, Dafne" mi rimbombò nella testa, e io scossi la testa, incredula.

"Io...dobbiamo andare, ora" gli risposi con un filo di voce, e lui annuì. Con un movimento elegante e fluido, si piegò sulle zampe posteriori e allungò l'ala destra, facilitandomi la salita sul suo dorso solido. Mi arrampicai in fretta, e non appena allacciai le gambe sui suoi fianchi enormi, il grifone si rimise in piedi e si alzò in volo, dirigendosi verso la porta.

"NO! E' bloccata l'entrata" gli urlai, e lui strinse gli occhi, frustrato.

"Non so da dove uscire..." ammisi, frustrata, ma il grifone mi ignorò. 

Per tutta risposta, sentii solo un rumore alienante, e poi vidi la luce sopra di me.

Eravamo fuori.

The last piece of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora