Cap. 5

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Non mi sento molto a mio agio in questo silenzio opprimente. Antares non mi ha più rivolto mezza sillaba da circa mezz'ora, tempo che ha impiegato a medicarmi la mano e il ginocchio sbucciato. Non so se interpretare questo gesto come una gentilezza o un obbligo, ma sentire le sue dita calde contro la pelle e il suo fiato caldo sul collo mi sembra già abbastanza, rispetto a prima.

E' inginocchiato di fronte al letto dove sono seduta, e mi sta assicurando bene la fasciatura attorno alla mano. Ma io sono concentrata sul suo volto angelico, serio e attraente, e sui suoi occhi rossi che non mi mollano un secondo. Mi sa che sono bloccata così da più di 10 minuti, ma mi è impossibile non guardarlo. E' talmente bello che non sembra reale. I capelli gli ricadono ancora più scompigliati sulla fronte, e lui li toglie con un piccolo soffio, per poi sistemarseli con una mano dietro l'orecchio. Sto per aiutarlo anch'io, quando la sua voce mi immobilizza sul posto.

"Non sono una statua. Non mi devi guardare per cercare di scoprirne ogni dettaglio" mi dice, lasciandomi di stucco. La sua voce è seria, ma anche divertita. Le guance mi vanno a fuoco.

"Non stavo guardando te. Ammiravo il pavimento di ebano dietro di te" ribatto, cercando di mascherarmi il più possibile.

"Ma certo. E' talmente bello e interessante che vale la pena guardarlo per ben 10 minuti come una pazza" sogghigna lui, per poi alzarsi in piedi e allontanarsi da me. Non ho tempo di badare all'evidente rossore sulle mie guance, perché voglio sapere che cosa succederà ora.

"Perché stai facendo tutto questo, Antares? Mi hai salvata, mi hai trasportata fino a qui, hai dormito con me e mi hai curata. Chi sono io per meritare tutto questo?" gli domando, sperando che questa volta mi risponda seriamente.

Antares si blocca, interdetto, poi fa scorrere gli occhi sul mio corpo, ancora fasciato dalla sua maglia nera, e si blocca quando incontra i miei occhi. Stringe la mascella, irritato, ma si decide a parlare.

"Ti ho già risposto prima. Sono il tuo peccatore, il tuo protettore, il tuo allenatore, o come mi vuoi chiamare tu. Ho il dovere e il compito di proteggerti fino al 16 aprile, e di evitare che ti faccia male" dice, ma la voce gli si incrina sull'ultima parola. Sono sicura che c'è dell'altro, ma riesco a capire che lui non me lo dirà. Così mi alzo, stando attenta a non fare movimenti bruschi, e mi avvicino alla finestra. Rimango ancora una volta impressionata dal paesaggio esterno, riflettendo sulla mia prossima mossa. Avrei migliaia di domande da porgli, come per esempio dove ci troviamo o cosa significa che sarà il mio allenatore, ma una sopra tutte mi preme nella mente, pregandomi di farla uscire. Come fa a sapere il mio nome? Perché mi ha chiamata Dafne prima, e sono sicura che non si riferisse al letto matrimoniale.

"Posso farti un'ultima domanda?" chiedo, ancora rivolta verso la finestra. Non voglio vedere l'espressione che farà, non voglio sapere altro su di lui per ora. Me lo dovrà dire di persona, oppure farò in un altro modo. Ma non adesso.

"Non ti fermerei comunque dal porgermela" sospira Antares, tremendamente vicino. Il mio corpo reagisce alla sua vicinanza, facendomi accelerare all'improvviso i battiti cardiaci. Mi fa di sicuro uno strano effetto, o almeno lo faceva alla vecchia me.

"Qual è il mio nome?" pronuncio lentamente, scandendo ogni sillaba. Lo sento irrigidirsi dietro di me, come se gli avessi chiesto qualcosa che non può dirmi, ma poi si ricorda di averselo già fatto fuggire prima.

"Perché vuoi che lo ripeta? Sai che mi metterà nei casini" ribatte, entrando sulla difensiva.

D'improvviso, mi giro verso di lui e incontro il suo sguardo carico di dolore e sentimenti contrastanti. Non appena si accorge che ho capito il suo rimpianto, indurisce la mascella e fa sparire ogni traccia di sentimento dal suo viso. Avanza minaccioso verso di me e mi intrappola con un braccio tra il suo petto muscoloso e la finestra, gelida e vitrea. D'istinto, trattengo il respiro, in attesa della sua prossima mossa, e lui mi accontenta, inclinando il volto fino ad essere a pochi centimetri dal mio. Mi osserva attentamente, percorrendo prima i miei zigomi per poi scendere sul mio naso e soffermarsi più del dovuto sulle mie labbra, fermandosi quando incontra i miei occhi. I nostri respiri collidono, i miei vergognosamente accelerati, e so che sto pendendo dalle sue labbra piene. Non mi piace perdere il controllo di me, ma davanti a quelle iridi rosse e a quelle labbra, non posso biasimarmi.

"Voglio sentirtelo dire di nuovo" ordino, sporgendo il mento verso di lui. Un lampo di curiosità e bramosia si accende nel suo sguardo, poi con una mano comincia ad arrotolarsi attorno al dito una ciocca dei miei capelli, sogghignando.

"Hai sempre avuto questo caratterino ribelle, lo sai? Mai zitta, mai buona, mai ubbidiente- comincia, arcuandosi ancora di più sul mio viso. Sento il cuore scoppiarmi nel petto, ma non mi ritraggo. Voglio che finisca il suo discorso, perché non sa quanto si stia aprendo in questo momento- ti piaceva avere il controllo, e non essere comandata dagli altri. Vedo che questo non è scomparso, Dafne" soffia il mio nome con una malizia e un divertimento che mi fa rabbrividire, ma non demordo. Sorrido, e lui inarca le sopracciglia, confuso. Stupido. Pensava di avermi soggiogata con i suoi modi da spaccone. Prima che si accorga delle mie intenzioni, faccio scivolare una gamba dietro le sue e con un movimento fulmineo scambio le nostre posizioni, bloccandolo contro la finestra. Con il controllo dalla mia, lo obbligo ad abbassarsi e lui sta al gioco, interessato a vedere che cosa farò adesso. Lentamente mi chino verso di lui, sempre più vicina, togliendogli l'aria da sotto il naso e facendolo ansimare.

Noto con stupore e soddisfazione che anche il suo petto si alza e si abbassa più velocemente, segno che neanche lui è indifferente all'effetto che gli faccio. Siamo così vicini che riesco a vedergli ogni singola striatura rossa negli occhi neri, e questo mi affascina non poco. Ma non mi lascio distrarre, e avanzo nella mia discesa inesorabile verso le sue labbra, finchè a separarci non sono che pochi millimetri. Antares è completamente sottomesso a me, lo sento da come sta reagendo il suo corpo, e i suoi occhi continuano a saltellare dalle mie labbra ai miei occhi, in una corsa estenuante e bellissima.

Quando apro la bocca, le nostre labbra si sfiorano per una frazione di secondo, e lui trattiene il respiro.

"Ripetilo. Tutto. Lentamente" gli ordino, perentoria. Lui sogghigna, poi fa sfiorare di nuovo le nostre bocche sussurrando:" Perché? Ho così tanto potere su di te?"

"No- ribatto, contenta che ci sia cascato in pieno- voglio che ti ricordi il nome della ragazza che ti ha fatto inginocchiare a terra, lasciandoti senza nessuna dignità" sussurro, e Antares mi regge il gioco.

Deglutisce, per prendere tempo e irritarmi, poi sorride e lentamente pronuncia con la voce terribilmente roca:" Dafne Warrior"

"Ancora" gli ordino, portando una mano ai suoi capelli. Sono incredibilmente morbidi e lucenti, e mi piace accarezzarli lentamente.

"Dafne Warrior" ripete, la voce sempre più sottile. Chiude gli occhi, godendosi le mie carezze, e io non riesco a staccarmi da lui.

"Ancora" dico, ma la voce mi trema, insicura. Lui si lascia accarezzare ancora un po', poi quando capisce che sono al limite spalanca gli occhi e sussurra, nel silenzio della stanza:" Mon petit bijou".

Rimango interdetta. Non ho mai sentito quella lingua, non ho idea di cosa abbia detto.

"Che cosa significa?" gli domando, allontanandomi da lui. La pressione era troppa, un altro minuto e sarei caduta nella sua trappola.

Ma la mia domanda rimane senza risposta, perché la porta si spalanca all'improvviso e due guardie armate fino ai denti fanno il loro ingresso nella stanza. Senza tante cerimonie, una delle due mi afferra per le braccia e mi immobilizza, cominciando a trascinarmi verso la porta. Cerco di dimenarmi, ma inutilmente, e con la coda dell'occhio vedo che l'altra guardia sta cercando di trattenere Antares, ma con scarso successo. Infatti, mentre vengo trascinata verso il corridoio, lui mi raggiunge con uno scatto e mi afferra il volto, sussurrandomi:" Ci vediamo domani mattina. Fai tutto quello che ti dicono, non opporti né lottare. Ti spiegherò tutto con calma".

"Va bene" sussurro dirimando, ma la mia voce si perde nel corridoio, mentre vengo strattonata via daAntares e trattengo una lacrima che minacciava di uscire

The last piece of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora