Cap. 20- Antares

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Burn, 2WEI

Il buio sotto di me sembrava denso e impenetrabile. Ma non avevo un'altra scelta. Guardai indietro, nella penombra della mia stanza, e mi convinsi sempre di più che quella era l'unica alternativa rimasta. Quindi mi girai in avanti e strinsi saldamente tra i pugni quel sottile filamento di corda da cui dipendeva la mia vita. E senza pensarci troppo, mi lanciai nel mare nero.

Inaspettatamente, trovai il terreno prima del previsto. Rotolai sulla schiena, e mi rialzai in fretta, dando solo un'occhiata fugace alla mia creazione. La corda di maglie penzolava pigra dal balconcino della finestra, e io non mi capacitai del fatto che mi avesse retto. Un leggero venticello cominciò a soffiare, e il mio vestiario ondeggiò leggermente nell'aria frizzantina della sera. 

Dovevo andare, e subito. Questa sarebbe stata la mia ultima occasione di ritrovare Dafne, prima di essere inseguito dalle guardie ed essere riportato di peso a palazzo. Corsi silenziosamente verso le stalle e presi il mio destriero, un bellissimo stallone nero, che mi faceva da sempre compagnia in tutte le mie avventure. Eclair Rouge si fece portare fuori dalle stalle senza opporsi, e in breve tempo diventammo solo un'altra delle ombre della sera, che si perdevano nella vastità dei boschi. 

Sapevo dove stava Dafne, o meglio speravo che la mia intuizione fosse giusta. Dovevo scusarmi con lei, e poi spiegarle tutto. Non potevo sopportare di rivedere quello sguardo di dolore nei suoi occhi, e non potevo rischiare di perderla di nuovo. Per una volta, avrei disobbedito a mio padre, per recuperare la donna che amavo.

Non sapevo da quanto stavo cavalcando, ma il sentiero che stavo seguendo voltò improvvisamente e non feci in tempo a dare i giusti comandi ad Eclair Rouge che mi ritrovai a terra, i muscoli della schiena doloranti per l'impatto. Mi rialzai lentamente, massaggiandomi la testa e sentendo un familiare sapore amaro in bocca.

Eclair Rouge era di fianco a me, ma non mi stava guardando: aveva le orecchie rizzate, e sembrava che stesse sentendo un pericolo di fianco a noi. Mi girai di scatto, sentendo un fruscio sopra la mia testa, e in men che non si dica mi ritrovai circondato da figure incappucciate, di cui una mi stava puntando un coltello alla gola.

"Alza le mani" mi ordinò una voce cavernosa, e io obbedii, cercando una via di fuga.

"Inginocchiati a terra" ordinò di nuovo, e io chinai un ginocchio, facendo capire che volevo obbedire, ma con un cenno ad Eclair Rouge lo vidi assaltare l'uomo più vicino a lui e io feci lo stesso con l'uomo di fronte a me. Mi avventai su di lui, tirandogli un pugno in pancia. L'uomo digrignò i denti e si chinò, ma riuscì ad indirizzare la lama del coltello contro la carne della mia spalla, che si aprì sotto il suo tocco. Trattenni il gemito di dolore e mi lanciai dietro di lui, con l'intenzione di assaltarlo sulla schiena e rubargli l'arma, quando un'altra mano mi colpì forte sulla nuca, facendomi ruzzolare a terra. Prima che potessi fare altro, lo sconosciuto che mi aveva colpito si lanciò su di me e mi assestò un colpo sullo stomaco, a cui io risposi, boccheggiante, con uno sullo stinco. Cogliendo l'attimo di dolore del mio avversario, mi rialzai in fretta e gli tirai un pugno in faccia, facendogli allentare la presa sul suo coltello. In men che non si dica l'avevo atterrato e avevo in mano il suo coltello, che gli stavo premendo sulla giugulare.

Nel mentre Eclair Rouge aveva sistemato il resto della banda, che rantolava malmessa a terra. Eravamo sempre stati un'ottima squadra.

"Chi siete?" ringhiai rivolto al mio ostaggio, che rantolava sotto la lama del coltello.

"Rispondi!" gli intimai, premendo un pò di più la lama sulla carne soffice del suo collo, che si aprì facendo colare un rivolo di sangue sulla sua maglia.

Nonostante ciò, l'uomo sembrava intenzionato a mantenere il silenzio stampa, così ridacchiai e gli sussurrai, avvicinandomi al suo orecchio sinistro, che era stato ferito nello scontro:" Sai, sono armato. E impaziente di andarmene. Quindi, o mi rispondi, o mi divertirò molto a toglierti ogni dito della mano destra, lentamente, per poi proseguire con quelle della mano sinistra e fare una bellissima incisione su...vediamo, sulla tua spalla sinistra? Si mi pare perfetto, e poi potrei continuare con..."

"Ok, ok ,basta! Parlerò" ansimò, lo sguardo terrorizzato. Io aspettai, tracciando delle linee immaginarie lungo il suo collo con la lama del coltello.

"Stiamo cercando un'Eletta" disse, il respiro spezzato dal terrore.

"Quale?" ringhiai, spingendo la lama contro il suo pomo d'Adamo.

"Non...non mi ricordo bene, io non ..." cominciò a balbettare, facendomi perdere l'ultima briciola di pazienza che mi rimaneva.

"Bene! Allora non ti dispiacerà perdere il pollice immagino" cominciai, bloccandolo con un braccio e dirigendo il coltello verso la sua mano sinistra.

"NO! FERMO! Ora mi ricordo" esclamò lui, il respiro pesante-" So la sua descrizione fisica: ha i capelli marroni mossi, gli occhi verdi, è abbastanza alta e ha un 13 tatuato sulla spalla sinistra..."

Dafne.

"Perchè lei? A cosa vi serve?" domandai, cieco dalla rabbia.

"Non ne so di più, ma serviva al nostro capo..." mi rispose lui, cercando di non dimostrarsi completamente inutile.

"Mi stai facendo perdere la pazienza, bello. Dammi qualcosa di interessante o morirai subito" esclamai, spazientito, e lui deglutì vistosamente.

"Ehm... il mio capo ha detto che le serviva per un progetto, che lei era unica e che poteva salvarci tutti, se solo gliela portavamo" disse, balbettando.

"Chi è il vostro capo?" domandai infine, sperando che mi potesse dire qualcosa di utile.

"Non l'abbiamo mai vista veramente, ma si chiama Isabel ed è la Regina. Non so altro, mi dispiace" disse, speranzoso che questo mi bastasse.

"Bene, grazie...aspetta, come ti chiami?"

"Lufdig" rispose lui, tremando.

"Grazie, Lufdig. Spero che riposerai in pace" commentai, poi gli tranciai la testa. Il sangue mi macchiò le mani e imbrattò i vestiti, ma non potevo permettere che qualcuno sulle tracce di Dafne rimanesse in vita. Mi girai verso Eclair Rouge, e vidi che anche lui aveva completato il suo lavoro uccidendo gli altri. 

"Ottimo, bello mio. Ora dobbiamo proprio andare" dissi montando in groppa, e il mio compagno non se lo fece ripetere due volte.

In men che non si dica, eravamo di nuovo immersi nella profondità del bosco.

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