Capitolo 6 L'ingaggio

264 43 52
                                    

Paige


Quel giorno il sole illuminò le montagne e sembrò dare a quello scenario freddo un tocco di colore.

La neve sembrava brillare sotto quei raggi dorati.

Non avevo mai visto in tutta la mia vita un cielo così azzurro e restai a contemplarlo con il naso all'insù, mentre aspettavo che Amelia mi raggiungesse.

Aprii lo sportello della Rover e presi posto tamburellando con le dita sul volante nell'attesa.

Sbirciai la mia immagine nello specchietto e mi sistemai una sbavatura di rossetto.

La sera precedente Stan mi aveva chiesto il numero di telefono.

Non conoscevo praticamente nessuno a Grand Forks, a parte Susie e fin da subito lui mi era sembrato un ragazzo a posto.

Per quella ragione non avevo esitato ad accettare e ci eravamo scambiati i numeri.

Stan era davvero un bel tipo.

Attraente e spiritoso.

A fine serata, quando i clienti avevano cominciato a lasciare il bar, si era accomodato accanto a me e si era concesso un drink.

Non avevamo parlato molto.

Qualche frase di circostanza, ma ero stata bene.

Per un po' avevo staccato la spina e avevo smesso di pensare.

Mi inclinai verso il cruscotto e presi il pacchetto di sigarette per infilarlo velocemente nella borsa.

Mia figlia non condivideva il mio vizio, ma in quel periodo della vita avevo bisogno di scaricare la tensione.

E sembrava che il fumo mi aiutasse in questo, seppur consapevole del fatto che fosse dannoso per la salute.

"Ehi prof, ha una sigaretta?"

Quel pensiero molesto mi colpì come uno spigolo contro il mignolo.

E lo scacciai con tutte le mie forze.

Lo estirpai come si fa con le erbacce.

Dalla radice.

E lo gettai nel cassonetto dei pensieri spiacevoli.

Ci mancava solo il ragazzino invadente che provava a mettere le tende nella mia testa.

Amelia spalancò la portiera e crollò sul sedile accanto.

Non mi degnò di uno sguardo e sbottò – Andiamo –

Mi inclinai verso di lei e le rivolsi un sorriso ironico.

- Buongiorno anche a te tesoro –

- Piantala mamma – mi avvisò.

Sembrava di cattivo umore.

Aggrottai la fronte provando a ricordare l'ultima volta in cui mi aveva sorriso spontaneamente. Fu con amarezza che mi resi conto che era passato un be po'.

Mia figlia si girò verso il finestrino e serrò la bocca in una linea dura.

Sospirai riuscendo a malapena a celare la frustrazione e misi in moto.

Durante il tragitto fino alla St. John High School restammo in silenzio. In un paio di circostanze tentai di rompere il ghiaccio, ma Amelia sembrava chiusa in una fortezza impenetrabile. In quello era uguale a suo padre, per mia sfortuna.

Zach aveva provato a chiamarmi quella mattina, ma io avevo fissato il suo nome sul display fino a quando non aveva smesso di lampeggiare.

Subito dopo avevo ricevuto un messaggio in cui mi chiedeva se fosse tutto okay e se ci fossimo ambientate.

INDECENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora