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𝑁𝑒𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜 𝑢𝑛'𝑜𝑚𝑏𝑟𝑎 𝑠𝑖 𝑐𝑒𝑙𝑎, 
𝑢𝑛 𝑠𝑢𝑠𝑠𝑢𝑟𝑟𝑜, 𝑢𝑛 𝑠𝑒𝑔𝑟𝑒𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑒𝑙𝑎. 
𝐶ℎ𝑖 𝑖𝑛𝑠𝑒𝑔𝑢𝑒, 𝑐ℎ𝑖 𝑓𝑢𝑔𝑔𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑔𝑖𝑜𝑐𝑜? 
𝐴𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑒, 𝑐ℎ𝑖 𝑏𝑟𝑢𝑐𝑒𝑟𝑎' 𝑛𝑒𝑙 𝑓𝑢𝑜𝑐𝑜?

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Dopo aver concluso l'intervista con Olivia, una strana urgenza mi spinse a non perdere altro tempo. Dovevo scoprire a tutti i costi cosa fosse realmente accaduto quel giorno maledetto.

Avevo già in mente a chi rivolgermi per ottenere l’accesso a quella pista di pattinaggio. Presi il cellulare che era in carica e, senza esitare, composi il numero.

Rispose quasi subito una voce femminile familiare. Era Suji, una cara amica dai tempi dell'università. Anche lei era una pattinatrice e ogni tanto si allenava su quella stessa pista. Forse avrebbe potuto aiutarmi.

《Ciao Suji, sono Alexander. Avrei bisogno di parlarti di una cosa... sei libera oggi?》

Lei, con il suo solito entusiasmo, mi disse che avrebbe potuto incontrarmi il pomeriggio stesso al bar di fronte all'ospedale, dove avremmo potuto parlare con calma.

Soddisfatto, decisi di prepararmi. Tolsi il camice bianco che indossavo al lavoro e infilai le scarpe, pronto per uscire. Prima di andarmene, chiesi a una collega di coprire il mio turno per un paio d'ore. Lei, come al solito, non poté fare a meno di accettare con un sorriso ammaliato.

《Grazie mille . Lascerò la chiave del mio studio sulla scrivania》 dissi, lasciandola lì prima di uscire.

Camminai per pochi minuti, finché non vidi Suji scendere agilmente da un taxi. Non potei fare a meno di notare quanto fosse rimasta una donna affascinante: capelli lunghissimi e biondi, una figura snella e sempre in forma. Mi individuò subito, seduto a uno dei tavolini fuori dal bar, e corse verso di me con l’entusiasmo di una bambina.

La nostra amicizia era sempre stata solida, anche dopo che avevo gentilmente rifiutato una sua proposta di fidanzamento anni prima. Avevo sempre messo il lavoro al primo posto, anche se, in fondo, sapevo che c’era dell’altro.

Si sedette di fronte a me, sorridendomi con quel suo solito sguardo malizioso.

《Allora, mio caro Alexander, cosa vuoi da me?》 chiese con una voce speranzosa. Mi resi conto che forse avevo dimenticato di specificare che si trattava di una questione di "lavoro" e non sentimentale. Anche se, a dire il vero, questo "lavoro" era fin troppo personale.

《Ciao anche a te, Suji. Ti vedo in gran forma. Vado dritto al punto: ho bisogno di una mano per entrare in quella pista a Seoul, famosa per il suo incidente》

Suji si bloccò, la tazza di caffè a mezz'aria, e mi fissò con occhi indagatori.

《Cosa stai combinando, Alexander? Conosco quello sguardo.》

Le sorrisi, cercando di mantenere un’aria distaccata.

《Niente di che, Suji. Ti chiedo solo un favore: non farmi domande, ok?》

NonNon disse nulla, limitandosi a guardarmi con un’espressione stranita. Per un momento, temetti che avrebbe rifiutato, ma alla fine acconsentì.

«Va bene, Alexander,» disse Suji con un tono leggermente più serio, «ma ci vorrà un po' di tempo. La pista è chiusa per ferie, visto che siamo ancora in estate. Però conosco chi contattare per farti avere accesso appena possibile.»

Mentre parlavamo, il mio sguardo fu catturato dall'arrivo di Anastasia con le sue amiche. Non so perché non mi salutò, ma forse era meglio così. Eppure, non potevo fare a meno di notare quanto spesso i miei occhi ricadevano su di lei. C’era qualcosa in Anastasia che mi attirava in modo irresistibile, un'attrazione nuova per me, che mi turbava nel profondo.

«Non preoccuparti, Suji, non c'è fretta,» risposi cercando di mascherare il mio turbamento con un sorriso.

Dopo aver parlato con calma e aver condiviso qualche dettaglio su cosa fosse successo negli ultimi mesi, Suji si alzò per andarsene. Prima di salutarci, ci promettemmo di rimanere in contatto. La osservai allontanarsi, mentre un misto di pensieri contrastanti mi attraversava la mente. Con un ultimo sguardo a quel tavolo, decisi di tornare al lavoro, ma l’immagine di Anastasia continuava a ossessionarmi.

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Anastasia's Pov

Negli ultimi due giorni, avevo notato un cambiamento nelle mie amiche. Sembravano preoccupate, e il loro comportamento era strano: non si allontanavano mai da me, come se avessero paura di lasciarmi sola.

Alla fine, non potendo più ignorare la tensione, chiesi: «Liv, Min, tutto bene? Perché vi comportate così?»

Mi fissarono per un attimo, poi mi sorrisero dolcemente, come per rassicurarmi.

«Sì, stiamo bene, non c’è nulla di cui preoccuparsi,» disse Olivia. E per alleggerire l’atmosfera, propose di andare al nostro bar preferito, quello dove facevano quei dolci irresistibili.

Accettai subito. Prelevai la mia borsa e, con l’aiuto di Minji, infilai un paio di tacchi. Nonostante la tensione che percepivo, l’idea di distrarmi mi parve la scelta giusta.

Appena uscimmo dall’ospedale, vidi Alexander seduto al bar con una donna bellissima. Lei era incredibilmente elegante, con un portamento perfetto e quelle curve sinuose che io non avevo mai avuto.

Mi colpì quanto fosse familiare il suo viso, ma decisi di non soffermarmi troppo. Non volevo intromettermi, così entrammo nel bar senza salutarli, trovando un tavolo libero all’esterno. Come al solito, il locale era affollato e l’unico posto disponibile era fuori.

Sospirai mentre Minji sistemava le mie ruote sotto il tavolo con la solita delicatezza. Poi lei e Olivia si misero a sfogliare il menu, chiacchierando tra loro. Io, invece, restai in silenzio, la mente ancora piena di pensieri. La scena che avevo appena visto continuava a tormentarmi, e sentivo lo sguardo di Alexander su di me, un calore che mi bruciava dentro. Non riuscivo a capire perché mi facesse sentire così.

La mattinata scivolò via lentamente, e come spesso accadeva ultimamente, le mie amiche sembravano tutte indaffarate. Mi avevano detto di avere impegni, anche se a volte mi chiedevo se fosse davvero così. Così, rimasi da sola nella mia stanza, avvolta in un silenzio che presto iniziò a pesarmi. Decisi di cercare una via di fuga dalla noia, e mi venne in mente di andare in terrazza, magari nel giardino. L'idea mi sembrava buona: respirare aria fresca e lasciarmi ispirare dalla bellezza dei fiori mi avrebbe aiutato a schiarire la mente.

Appena raggiunsi il giardino, un sorriso involontario si allargò sul mio volto. Quello spazio verde aveva un potere magico su di me, capace di farmi sentire immediatamente più serena. Senza pensarci troppo, i miei passi mi condussero istintivamente verso il mio angolo preferito: i tulipani. La loro eleganza e i colori vivaci mi avevano sempre affascinata, ed era proprio lì, tra quei petali delicati, che i miei pensieri iniziarono a vagare indietro nel tempo, fino a quella sera. A Kevin.

Kevin era stato sorprendentemente gentile. Non aveva proferito molte parole, ma il suo ascolto silenzioso era stato rassicurante, quasi inaspettato. Non avrei mai pensato a lui come a una persona educata nel senso tradizionale del termine, ma c'era in lui qualcosa di diverso. Forse erano i suoi modi, quel misto di sfrontatezza e sicurezza, che lo rendevano capace di imporsi senza mai dover alzare la voce. Era come se sapesse esattamente come farsi rispettare senza bisogno di dimostrazioni eclatanti.

Persa nei miei pensieri, mi chinai per ammirare più da vicino i tulipani, ma appena mi voltai per cambiare prospettiva, ecco che lo vidi. Kevin era lì, in piedi accanto a me, come se fosse apparso dal nulla, e il suo sguardo enigmatico incontrò il mio, facendomi sobbalzare per la sorpresa.

- 𝐢𝐥 𝐬𝐢𝐥𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐡𝐢𝐚𝐜𝐜𝐢𝐨 - 𝐇𝐰𝐚𝐧𝐠 𝐇𝐲𝐮𝐧𝐣𝐢𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora