Schegge e Frammenti

56 7 5
                                    

Non c'erano specchi nella camera da letto del principe. Non c'erano specchi nel grande bagno con la lussuosa vasca. Non c'erano specchi nella serra, non c'erano specchi nel torrione della biblioteca. Ma c'era il grande specchio nel salottino da tè che precedeva la camera da letto, e i tre specchi tondi sulle pareti del corridoio, e ancora lo specchio della toletta nell'antibagno.
Stolas indossava il morbido accappatoio azzurro, stava seduto sullo sgabellino della toletta dando le spalle allo specchio. Si stava asciugando lentamente il capo con l'aiuto di un asciugamano, godendosi la sensazione rilassante della frizione della spugna morbida sul suo corpo.

Poi, all'improvviso, una voce: profonda, distaccata e lontana.

"Ma guardati, così rilassato, come se non fossi un uomo con dei doveri ormai..."

Stolas si era voltato verso lo specchio, riconoscendo al suo interno la proiezione deformata di suo padre. Aveva emesso un sospiro di disappunto e fastidio.

"Davvero illustrissimo padre? Davvero non riuscite ad attraversare due ali del palazzo per parlarmi? È davvero necessario comparire nei miei specchi come uno spettro?"

L'espressione di Paimon era dura.

"Da bambino non ti sei mai lamentato delle mie incursioni negli specchi, figlio mio."
"Quando ero bambino non eravate a qualche stanza di distanza, ma a qualche continente, da qualcun'altro dei miei altrettanto illustrissimi fratelli, ad occuparvi di qualcosa di più importante di me."
"Non essere così ingiusto, ho fatto così tanto per te, ti ho insegnato ad usare il Grimorio, ti ho reso potente."
"Per la precisione, mi avete consegnato il Grimorio al mio dodicesimo compleanno, come se fosse un regalo adatto a un ragazzino, e avete lasciato che lo studiassi in solitudine."

Inoltre, lo stesso giorno, mi avete incastrato in questa vita.

"Ti ho regalato un amico quel giorno, è più di quanto..."
"Più di quanto abbiate mai fatto per i miei fratelli? Che fortunato che sono!"

In realtà, per quanto il suo tono potesse suonare sarcastico per irritare suo padre, si sentiva davvero fortunato. Aveva avuto, per un breve e prezioso istante, la possibilità di conoscere l'amicizia. Ma non certo per merito di Paimon.
A quelle parole, il volto deformato nello specchio aveva assunto un'espressione corrucciata di disapprovazione.

"Quella ragazza ti sta cambiando, non ti saresti mai permesso di parlarmi così prima."
"Oh... La moglie che mi avete scelto con tanta cura mi sta trasformando in un uomo che non approvate? Che tragica ironia." Aveva trattenuto una risata amara.

Che fosse davvero così? Che le discussioni e i battibecchi con Stella gli avessero donato il dono del sarcasmo? Che il suo cinismo lo stesse contagiando e stesse avvelenando lentamente il suo animo da sognatore? O era solo cresciuto tutto d'un tratto, non più disposto a sopportare, aveva preso atto di essere un uomo, e di poter essere, se non libero, almeno sincero?

"Una moglie su cui devo aver commesso qualche errore, evidentemente." disse Paimon sprezzante "Magari te ne troveremo presto un'altra, che non alimenti questo tuo lato arrogante e che ti dia quello per cui si sposa una donna. Un erede."

Trovargliene un'altra. Come una cosa, come un oggetto rotto o difettoso, sostituibile. Anche se non l'amava, non si meritava questo. Da qualche parte, dentro di sé, si raccontava che in qualche modo avrebbe funzionato. E forse solo al suono di quelle parole Stolas realizzò che quello che gli aveva detto Stella non era soltanto un infondato timore, che se non avessero affettato i tempi, se non avessero portato a compimento i loro compiti, suo padre lo avrebbe costretto a ripudiarla, a gettarla via, come un prototipo venuto male. La vita della – ormai ex – principessa, sarebbe stata compromessa per sempre e sarebbe stata colpa sua.
Inoltre, per quanto riguardava lui, avrebbe dovuto ricominciare da capo, avrebbe avuto accanto un'altra sconosciuta. Una che non aveva nemmeno visto crescere col passare delle estati, una di cui non sapeva niente, meno di quanto sapesse di Stella. Gli venne in mente un vecchio proverbio: meglio un male conosciuto, che un bene sconosciuto. La vita ci dà dei bivi, e quello era il suo, ma scegliere il noto per l'ignoto gli era sembrato così naturale, così rassicurante.
Se avesse sposato un'altra sarebbero stati più compatibili? Forse. O forse avrebbe sposato una ragazza peggiore, una che non gli avrebbe mai detto in faccia che era solo uno stupido secchione, una di quelle tutte "vostra altezza", "mio signore", che lo avrebbero fatto sentire un impostore, più di quanto già non si sentisse. O ancora una che avrebbe preteso di essere trattata da Principessa in ogni istante, una a cui bisognava dare del voi. Una con cui avrebbe sempre dovuto mantenere un'aura di formalità.

STORIA DI UN MATRIMONIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora