Chapter XI

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Guardavo Felix. Una parete ci separava. Aveva il trucco rovinato dal pianto, i cappelli scombinati e gli occhi rossissimi. Non piangeva più, in quel momento sembrava fatto. Guardava un punto fisso, con la testa inclinata e le labbra leggermente socchiuse.
«Chan, non devi farlo per forza tu»
Asciugai le lacrime e mi schiarii le gola. «Sì, Minho, devo.»

Entrai nella saletta e Felix mi guardò con uno sguardo totalmente assente e freddo.
«Era quello lo sguardo che utilizzavi quando uccidevi?»
«Non dovrebbe essere qualcun altro ad interrogarmi?» Accesi il registratore e mi sedetti.
«Perché l'hai fatto?»
«Non hai risposto alla mia domanda»
«Sei tu quello che deve rispondere!»
«Beh, se usi quel tono, te lo scordi» Mi morsi il labbro. Sbattei i pugni sulla scrivania. «Tesoro, dovresti farti una camomilla»
«Lee, non sono il tuo tesoro. Non chiamarmi così. Non è una discussione di coppia, chiaro?»
Alzò le mani, con ancora i polsi uniti dalle manette «Va bene, detective Bang»
«Rispondimi»
Sospirò «Beh, mi annoiavo, sai, mio marito passava tutto il tempo a lavoro e io non sapevo che fare»
«Quindi ti sei messo ad ammazzare»
«Magari mi avrebbe dato attenzioni, no? E, guarda un po', è proprio quello che sta facendo ora» Si rilassò sullo schienale della sedia e si mise a ridere.
«Se esistesse ancora la pena di morte, avrei sperato che te la dessero»
«Addirittura. Ho una domanda.»
«Non sei tu quello che fa le domande»
«Beh, allora scordati che continuerò a rispondere alle tue»
Sospirai «Spara»
«Avete del detergente per pelli sensibili? Sento di aver tutto il trucco rovinato e ho bisogno di lavarmi la faccia.»
«Io spero tu stia scherzando. Piuttosto che preoccuparti della tua faccia, dovresti sperare di non morire in carcere. Nel momento in cui scopriranno cos'hai fatto, ti faranno vedere l'inferno là dentro.»
«Quindi non posso portare i miei prodotti skincare?!»
«Felix, pensi sia un gioco? Ma chi diamine sei? Ma dov'è finito il ragazzo dolce che mi ha fatto innamorare?»
Rise «Chan, quello non è mai esistito. Ti ho sposato solo per poter finalmente vivere una vita agiata»
«E allora perché volevi attenzioni, se non mi amavi?»
«Beh, perché poi ho iniziato a farlo per davvero, mi sembra ovvio.»
«Quante sono, Felix?»
«Quante ne avete trovate?»
«47»
«Davvero? Così poche?! No, sono almeno il doppio» Incrociò le gambe.
«E tutti quei soldi da dove vengono?»
«Pensi che uno come me possa fare ciò senza una ricompensa? Mi ordinavano chi uccidere, poi io sceglievo tra chi mi piaceva di più»
«Chi te lo ordinava?»
«Non lo so, non ci incontravamo mai ed erano sempre diversi»
«Quindi eri come un sicario» Annuì. «Cosa intendi per almeno il doppio»
«Sono 102. Se solo non avessi rotto il cazzo, adesso sarei a 103.» Rise. «Mi sono lasciato scappare lo stesso ragazzino per due volte di seguito, non ci credo!»
Poggiai un gomito sul tavolo e mi portai la mano sugli occhi.
«102 vittime» sussurrai. «Jisung sapeva di tutto questo?» Lo vidi spostare lo sguardo sulla parete in vetro. Da dentro era totalmente oscurata, non si vedeva ciò che cera al suo esterno.
«C'è Minho là fuori?»
«Non è importante chi c'è»
«Forse si o forse no, chi lo sa.» Sorrise
«Parla»
«Mi verrai a trovare in carcere?»
«La prima cosa che faro domani mattina sarà andare a compilare le carte del divorzio»
«Ma come» Gonfiò le guance
«Mi sembra di star parlando con uno psicopatico, Felix. Sei totalmente fuori di testa.» Mi alzai e lui fece lo stesso «Stai seduto»
«Te ne vai?» piagnucolò.
«Sì»
«No, ti prego!» Lo vidi andare nel panico. Si fiondò su di me, abbraccinadomi ed iniziando a piangere.
Questo essere non era mio marito. Sentii la porta aprirsi e Minho separò Felix da me. Lo mise a sedere, poi mi portò fuori, mentre Felix continuava ad urlare di non andarmene.
Rimasi a fissarlo per un po', da fuori. Pianse veramente per tanto tempo ed io con lui.

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