Chapter II

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«Ma tu ti rendi conto di quante persone esistono che hanno il nome che inizia per Y?!»
«È comunque qualcosa!»
«No, Minho, non è qualcosa!» Mi passai una mano tra i capelli. Era inutile che provassero a calmarmi. Ormai stavo gettando la spugna. «E poi...chi ci dice che effettivamente quella Y sia l'iniziale del suo nome?»
«Ragazzi» Spostai lo sguardo sul divano. «Avevate detto niente lavoro»
Sospirai. Jisung aveva ragione.
Guardai Felix. Aveva una smorfia di fastidio sul viso. Mi rendevo conto che ormai non facevo altro che parlare di quel caso. Lo stavo trascurando totalmente.
Mi sedetti accanto a lui e lo strinsi tra le braccia. «Scusami» sussurrai, ma lui non rispose.
Potevo sopportare tutto, ma perderlo mi avrebbe ucciso. Col tempo mi ero reso conto che il mio lavoro mi stava portando via l'unica cosa importante. Questo caso, in particolare. Tempo e salute.
Chan, ci servi, mi dicevano, senza di te non concluderemo nulla.
E a me? A me chi pensava?
Come poteva esserci un noi se non esisteva nemmeno un io.
Lui non voleva sposarsi. Non voleva essere legato a qualcuno materialmente. Io l'avevo convinto e, ora, dovevo fare i conti anche con i sensi di colpa.
«Come può un essere umano fare tutto questo da solo?» Pensai ad alta voce
«Che non sia solo?» Chiese Minho.
Felix sospirò, per poi alzarsi. Senza dire una parola, prese la giacca di pelle ed uscì di casa. Rimasi a fissare la porta, come un ebete.
«Io vi avevo avvertiti» Sospirò Jisung «Chan, è sempre da solo. Anche Minho lavora allo stesso caso, ma almeno noi passiamo del tempo assieme.»
«Jisung, non è lo stesso» Provò a difendermi Minho «Chan è il capo, è normale che passi più te-»
«E' normale?! Beh, Chan, se vuoi vivere solo ed esclusivamente per lavorare, sei pregato di non rovinare anche la vita di Felix. A soli 24 anni è come se fosse vedovo!»
Sapevo che Jisung non aveva torto, ero già consapevole di tutto ciò, ma sentirselo dire faceva un effetto diverso.
«Scusate,» Mi alzai «non mi va che cammini da solo a quest'ora, con uno psicopatico in giro».

Non c'era. Felix non era ancora arrivato a casa.
Inspira. Espira.
Panico.
«Perché non rispondi?!» Lanciai il telefono sul comodino. Non riuscivo a calmarmi. Come potevo? Felix era la vittima perfetta. Tutte le sue vittime erano estremamente belle e Felix...

Aprii gli occhi di scatto, sentendo una porta chiudersi. Esattamente quando mi ero addormentato? Di fianco, ancora nessuno. Mi alzai e corsi in bagno, vedendo da sotto la porta la luce accesa.
«Felix?» Iniziai a bussare ripetutamente
«Sì, un attimo!» Scaricai subito la tensione.
Aprì la porta, in mutande. «Dove sei stato?» Gli misi una mano sulla guancia, poi lo tirai a me. Venni travolto immediatamente da un forte odore metallico. «Sei ferito?»
«No» Mi staccai, per osservarlo meglio
«Che hai fatto alla mano?» Gliela presi, osservando le chiazze di sangue sbiadite presenti.
«Sono solo caduto» Si allontanò, per mettere la mano sotto l'acqua corrente.
«Felix, qualcuno ti ha fatto del male?»
«No»
«Dimmi la verità, Felix.»
Sospirò «Penso fosse lui» Chiusi gli occhi. Sentii la terra mancarmi totalmente da sotto i piedi
«Lui» Mi appoggiai alla porta «Felix, ti avevo detto di non andare in giro da solo, la notte>»
Inspira. Espira.
«Cosa ti ha fatto?»
Scosse la testa «Nulla. Mi ha solo ferito alla mano, ma sono scappato.»
«Domani verresti in centrale con me per una dichiarazione? Lo hai visto?» Annuì «Felix, solo se te la senti»
«Si, va bene.»
«Felix?» Alzò lo sguardo «Mi ami ancora?»

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