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Emanuele prese un altro respiro profondo, fissando un punto indefinito davanti a sé, mentre cercava di trovare il coraggio di dire tutto ciò che aveva dentro. Quando finalmente iniziò a parlare, le parole fluirono come un torrente inarrestabile, quasi come se avesse tenuto tutto dentro per troppo tempo e adesso non potesse più trattenersi.

"Eden, lo so che ti sembrerà strano, ma... fin da quando ti ho conosciuta su GTA, ho capito che non eri una persona a caso. Ci sono persone che la vita ti fa incontrare solo una volta, e io... io ho capito subito che tu eri una di quelle. Magari all'inizio sembrava solo un gioco, un passatempo, ma già da allora sentivo qualcosa di diverso. Era come se, anche senza vederti, riuscissi a percepire che dietro quel personaggio c'era qualcosa di speciale."

Eden rimase in silenzio, ascoltando attentamente, mentre il fumo della sua sigaretta si dissolveva nell'aria fredda della notte.

"Poi, quando ti ho vista dal vivo, tutto è diventato chiaro. Non è solo una questione di bellezza, anche se, cavolo, sei davvero bellissima, ma non è solo quello. C'è molto di più. Quando sto con te, mi sento in sintonia, come mai prima d'ora con nessun altro. Mi sento... me stesso. Mi sento capito, non giudicato, e questo è raro, Eden. E... sono innamorato di te. Lo sono fin dal primo momento, fin dal primo giorno di gioco su GTA. Anche se non ti avevo mai vista, dentro di me lo sapevo, anche se c'è voluto un po' per capirlo veramente."

Emanuele fece una pausa, cercando di leggere l'espressione di Eden, ma lei rimase immobile, quasi congelata, con lo sguardo fisso su di lui.

"Ogni volta che mi guardi, Eden, perdo un battito. Lo so che mi vedi come un amico, non sono scemo. Lo so. Ma non possiamo andare avanti così, io non posso andare avanti così. Quindi ti chiedo... ti chiedo solo di provarci. Proviamo a uscire insieme, una volta, come due che si frequentano e non solo amici. Vediamo come va. Magari non funzionerà, ma almeno avremo provato. Io... io devo sapere, Eden. Non posso continuare a vivere con questo dubbio, con questa speranza che mi divora."

Quando finì di parlare, Emanuele aveva un sorriso timido, ma pieno di speranza, come se avesse appena fatto una delle cose più coraggiose della sua vita. Si sentiva positivo, sicuro di aver fatto la cosa giusta, di aver detto tutto quello che doveva dire.

Ma Eden era immobile. La sigaretta, ormai dimenticata tra le sue dita, tremava leggermente. Una singola lacrima scivolò silenziosamente lungo il suo viso, spegnendo ogni traccia del sorriso che fino a poco prima aleggiava sul volto di Emanuele.

Lei cercò di rispondere, di trovare le parole giuste, ma era come se un nodo le serrasse la gola. Provò una volta, due volte, ma niente usciva dalla sua bocca. Emanuele vide il sorriso scomparire dal suo volto e sentì il cuore affondare.

Abbassò lo sguardo verso la sigaretta che Eden teneva ancora in mano, e con una voce rotta sussurrò: "Tu fumi solo quando è finita la serata... ti conosco come le mie tasche."

Poi, con un sorriso amaro, aggiunse: "Forse è finita la serata per Emanuele... non per Eden."

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Emanuele si voltò senza dire una parola, le spalle rigide, e si allontanò rapidamente, scomparendo nell'ombra della notte. Eden rimase lì, bloccata, mentre il suono dei suoi passi si affievoliva fino a sparire del tutto. Tentò di chiamarlo, di dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole rimasero intrappolate in gola, soffocate da un nodo che non riusciva a sciogliere. Lo guardò sparire nel buio, e una sensazione di vuoto si fece strada nel suo petto.

Sapeva in cuor suo che Emanuele era innamorato di lei, l'aveva sempre saputo, forse lo aveva solo ignorato, sperando che quei sentimenti potessero cambiare, che potessero adattarsi a una realtà diversa, a un'amicizia pura e sincera. Ma come potevano coesistere le due cose? Gli voleva un bene infinito, ma come amico. Non c'era modo di cambiare quel sentimento, non c'era una scintilla romantica tra loro, almeno non da parte sua. Era stata stupida? Aveva sbagliato qualcosa? Forse aveva dato segnali sbagliati senza volerlo, forse era stata troppo vicina, troppo affettuosa. Ma no, si disse, era stata semplicemente se stessa, e non puoi controllare i sentimenti degli altri.

Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, cercando di ricomporsi. Non voleva che gli altri la vedessero in quello stato, non voleva che il suo dolore diventasse il centro dell'attenzione. Era il suo 27esimo compleanno, avrebbe dovuto essere una serata di gioia, di festa, ma ora tutto le sembrava sbagliato. Era un compleanno da dimenticare, uno di quelli che avresti voluto saltare nel calendario.

Rientrò nella festa con un'espressione forzatamente allegra, cercando di sorridere mentre salutava gli amici che le facevano gli auguri. Ma dentro di sé sentiva solo un vuoto. Si diresse al bar, decisa a riempire quel vuoto con l'alcol. Non importava più niente, non voleva più pensare. Voleva solo dimenticare tutto e tutti, almeno per una notte.

Cominciò a bere, un drink dopo l'altro, finché la testa iniziò a girare e i pensieri si fecero sempre più confusi. Le risate intorno a lei suonavano distorte, i volti sfocati. Ma non le importava. Ogni sorso era un passo più vicino all'oblio, un modo per staccarsi dalla realtà che le faceva così male.

Gianmarco non si era fatto sentire. Nemmeno un messaggio, nemmeno un augurio. La cosa la feriva più di quanto volesse ammettere. Si era illusa, forse, che ci fosse qualcosa di speciale tra loro, che quella notte fosse stata l'inizio di qualcosa di nuovo, di eccitante. Ma lui non c'era, e quel silenzio pesava come un macigno.

"Che vita di merda" mormorò tra sé, mentre finiva l'ennesimo drink. Le gambe iniziavano a cedere, la testa a farsi sempre più leggera, ma non riusciva a smettere di bere. Voleva dimenticare, voleva affogare il dolore in quel liquido ambrato che bruciava in gola.

Alla fine, non riuscì più a reggersi in piedi. Si appoggiò al bancone, il mondo intorno a lei che girava vorticosamente. Qualcuno la prese per un braccio, un amico, forse, ma lei non riusciva a distinguere il volto. Non importava chi fosse. In quel momento, voleva solo lasciarsi andare, dimenticare tutto.





Note autrice:

Capitolo pesantino, poverooo Manu :(
Chi l'avrà salvata alla fine?? Eheh, qui domani alle 20. Bacini

EDEN || Gianmarco ToccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora