Capitolo 9 - MADDIE

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Mentre Noah va di sotto, io ne approfitto per fare una doccia veloce. L'acqua tiepida è una coccola per i miei muscoli doloranti, ma al pensiero che Julian possa essere tornato a casa, li sento nuovamente irrigidire. Voglio sparire prima che si accorga della mia presenza. Non mi va di litigare di nuovo con lui. Non voglio sentire altre cattiverie su di me e ho anche paura di quelle che potrei dire io a lui. So di essermi comportata male quanto Julian, ieri sera. Ho fatto la stronza, ma dovevo proteggermi, in qualche modo. 

Mentre sono dentro la doccia, ho l'impressione si sentire un cane abbiare.
Aggrotto la fronte, parecchio confusa perché Julian non ha un cane. Non qui.
Sarà qualche vicino di casa? mi chiedo. Forse qualcuno che avrà sbagliato abitazione o è soltanto il rumore dell'acqua che sta distorcendo il suono.
Però, appena finisco di lavarmi e mi avvolgo in un asciugamano, distinguo chiaramente il verso dell'animale. C'è anche una persona che parla, ma non riesco a decifrare le parole perché l'abbaio sovrasta la voce. 

Mi sembra di riconoscere questo cane, ma è impossibile che sia così.
Tendo l'orecchio per sentire meglio, ma di sotto sembra sia scoppiato il caos. Mi vesto in fretta e, curiosa di scoprire cosa stia succedendo, apro uno spiraglio di porta, ma proprio in quel momento qualcuno sale le scale di corsa.
Quando arriva in cima, lo riconosco.
Non può essere. 

Gli occhi del canino si fissano su di me e, appena la cagnolona mi identifica, corre felice nella mia direzione, facendomi cadere per terra. Per qualche secondo, resto distesa, il peso del golden retriever che mi tiene schiacciata sul pavimento, mentre mi lecca la faccia, incapace di trattenere l'entusiasmo. 
«Andiamo, Stella, spostati!» sussurro a un fil di voce per non farmi sentire dagli altri, ma lei non ne vuole sapere niente. È felice di vedermi.
In altre occasioni, me la sarei strapazzata, ma il fatto che sia qui, vuol dire solo una cosa.
Al pensiero, il cuore comincia a battermi con furia. 

«Stella! Torna subito qui!»
Come se lo avessi evocato con il pensiero, quando alzo lo sguardo, mi ritrovo davanti gli occhi verdi di Aaron che mi osservano.
Il suo volto è severo, ma quando si rende conto della mia presenza, la sua espressione vacilla.
È sempre perfetto, come al solito - fisico palestrato, capelli biondo cenere ben pettinati e sistemati ad arte, vestiti ben stirati e di ottima fattura - ad eccezione di un dettaglio che stona con il resto: ha un filo di barba scura sul viso che di norma è perfettamente rasato.

Per un attimo, resta immobile a fissarmi, indeciso su come muoversi. Poi sembra tornare in sé e si mette in azione. Si avvicina, afferra Stella per il collare e, non senza poca fatica, me la scrolla di dosso. Il cane protesta e cerca di divincolarsi, ma quando Aaron le ordina di stare seduta e fare la brava, lei alla fine obbedisce.
Io mi alzo e mi sistemo viso e capelli e, soprattutto, mi asciugo la faccia, umida di saliva. Una volta finito, io e Aaron ci guardiamo in silenzio. Non so come si comporterà, non lo sento né lo vedo da quel giorno in montagna. Vorrei chiedergli cosa cazzo ci faccia qui, ma non ho intenzione di rivolgergli la parola Perciò, dopo avergli lanciato un'occhiata fredda, lo sorpasso, stando ben attenta a non sfiorarlo, e prendo le scale.

«Madison.»
La sua voce profonda mi fa venire la pelle d'oca e devo fare uno sforzo per ordinare al mio corpo di muoversi. Perché, se mi fermo, ho paura di quello che potrebbe succedere.
Perciò, stringo i denti e continuo a camminare, sorpassando Noah che ci osserva con un'espressione che non riesco a decifrare.
Spero che non sia stata una sua idea far venire suo fratello qui, perché non so come potrei reagire. Non sono sicura che potrei perdonarlo, se mi ha tirato un colpo basso come questo.

«Madison, aspetta!» ripete Aaron con un tono di voce più alto.
Appena mi rendo conto che mi sta seguendo, accelero il passo per uscire dal questa maledetta casa. Quasi mi metto a correre, cercando di porre più distanza possibile tra noi due. Non voglio ascoltare le sue patetiche scuse, né voglio stare a sentire Noah, nel caso in cui dovesse dare manforte al fratello.
Ma per quanto io cammini veloce, Aaron, con il suo fisico allenato, mi raggiunge in un attimo. La sua mano mi circonda il polso e, nonostante provi a strattonarla, riesce a bloccarmi.
Alla fine, mi giro per affrontarlo. Lo guardo dall'alto in basso, lasciando che veda sul mio viso tutto l'odio che provo per lui.

Lost in the Sea. Persi nel mare 🔞 [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora