Spesso ci viene chiesto di scegliere, altre siamo costretti a farlo, altre ancora siamo noi stessi ad affermare il nostro libero arbitrio. Erano state molte le situazioni della mia vita che avevano richiesto una soluzione a fronte di queste tre condizioni e in tutti i casi avevo trascorso lunghe ore a scervellarmi per giungere ad una conclusione efficace e sensata.
Avevo scelto Juan, di mostrare ciò che esisteva tra noi, quando Nucci aveva deciso di allontanarmi dalla pista; avevo scelto di dileguarmi dopo il suo incidente, lasciando che vivesse la sua storia con Helena, senza metterlo a conoscenza dell'arrivo di nostra figlia; avevo scelto di restare in Spagna, di seguirlo nella sua carriera, di proseguire senza di lui nonostante la sua intenzione di ritiro... ora sceglievo di restare in panchina per prendermi cura di mia figlia.
Questa decisione era sembrata a più sensata. Camila non era più nelle condizioni di badare a Victoria per una giornata intera e assumere una tata che la affiancasse era improponibile, per non usare il termine estremamente egoistico. Dovevo resistere, almeno fino a quando la questione di Erika non fosse stata risolta, a quel punto, forse, le cose sarebbero ritornate alla normalità.
Normalità... che cosa potevo saperne di quello che il destino aveva riservato per me nei mesi a seguire... tutto tranne che normalità.
Fu dura dover richiedere un congedo di sei mesi, pensavo che sarebbero stati sufficienti per rimettere tutto in ordine. Juan avrebbe terminato il campionato e in quel modo lui avrebbe potuto occuparsi di Victoria, quando io ero lontana da casa. Lui stesso si era detto a favore di quella mia decisione, senza minimamente immaginare quanto mi costasse. Era come se di colpo stessi rinnegando tutto ciò che ero stata fino a qualche giorno prima, per intraprendere un'esistenza sconosciuta, ma che dovevo doverosamente affrontare.
Fu così che per la prima volta in vita mia, sperimentai l'esperienza di essere una mamma a tempo pieno, una donna che si occupa della casa, del gatto, della spesa, dei compiti della figlia, che l'accompagna alle lezioni di danza, che l'aspetta ascoltando le chiacchiere delle altre madri e che videochiama il marito a sera, quando questo è lontano da casa per lavoro.
Cavolo... mi sentivo vuota ed insulsa, nonostante amassi mia figlia e trascorrere del tempo con lei, stare lontana da quella che era stata la mia quotidianità per anni, era estremamente duro. Non sopportavo le chiacchiere vuote fuori dagli spogliatoi della scuola di danza, non sopportavo ascoltare interminabili audio dai gruppi WhatsApp, sfioravo il raptus omicida quando facevo la fila al supermercato, odiavo girare per la città ed essere riconosciuta, fotografata a volte... perché la storia di Erika, che eravamo riusciti a tenere nascosta per anni, era diventata di dominio pubblico e si sa, oggi questo genere di gossip spadroneggia ovunque e la carriera sportiva di un pluricampione come Juan diventa una questione di secondo piano, eclissata da un succulento pettegolezzo. Oltretutto la questione non era certo causa di gioia per nessuno di noi, ma purtroppo estremamente interessante per la rete, da passare in sordina.
Quando Juan ripartì tutto si face ancora più duro. Purtroppo una delle cose che credevo di essermi lasciata alle spalle, prese a bussare prepotente nel mio cervello: l'insicurezza.
Sembrava quasi che giorno do giorno, Juan risultasse sempre più distante, come se chiamare casa fosse quasi un noioso rituale che avrebbe volentieri evitato. Presto associai la questione ad un viso ed un corpo, un essere antropomorfo dalla capigliatura rosso fuoco.
Ramona continuava ad orbitare imperterrita intorno a mio marito, più che a qualsiasi altro membro del team, Adrian compreso che, come Juan, era un pilota e avrebbe dovuto godere della stessa visibilità social del suo compagno. Ovviamente non discuto il fatto che di certo Juan avesse un seguito più sostanzioso rispetto al giovane compagno di squadra, ma la questione divenne quasi un'ossessione quando per più di una volta, durante le videochiamate serali con mio marito, la presenza quasi indistinta della Rossa si materializzava alle sue spalle. certo non potevo insinuare nulla, non ne avevo ragione, quasi tutte le volte Juan era nelle zone comuni del team quando mi telefonava, perciò alla fine mi dissi che quella era strana fantasia che nasceva solo dal timore che avevo di perderlo e che mio marito mi amava e non mi avrebbe mai scambiata per una del genere...
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The Race to Love 2 La gara continua...
ChickLitSono trascorsi otto anni da quando Dafne e Juan sono finalmente diventati una coppia, grazie anche alla nascita della piccola Victoria, ma tutta la stabilità personale e professionale di cui hanno goduto in quegli anni sta per abbandonarli. Juan vuo...