DICIOTTESIMO CAPITOLO

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DAMIAN

Sono furioso. 

Sono geloso. 

Sto impazzendo. 

Vorrei alzarmi, spingere via Dorian da lei e mettermi io al suo posto. Ed è quello che dovrei fare in effetti. Dovrei essere io quello che aiuta Rose, e il sorriso dolce, timido, che sta riservando a mio fratello dovrebbe essere per me. Solo per me. 

La cena si protrae per un tempo troppo lungo, e in questi frammenti io non partecipo a nessuna discussione, per quanto mi sforzi di farlo. La mia mente è altrove e non vuole saperne di ritornare al qui e ora. Non ascolto, non parlo, quello che mi limito a fare è trucidare con lo sguardo Dorian che al contrario di me ha un bel sorriso da stronzo stampato in faccia. 

Non mi piace quello che diventa quando Rose è nei paraggi. Non mi piace il modo in cui le parla, né il modo in cui la guarda, né quando le sorride. Non so che cosa cazzo gli stia passando per la testa in questo periodo ma farebbe bene a ricordare quanto sono possessivo con ciò che mi appartiene e, volente o nolente, Rose mi appartiene. È mia e il solo pensiero che qualcun altro possa mettersi in mezzo mi uccide di per sé ma se a farlo è pure mio fratello, sotto ai miei occhi per giunta, è pure peggio. 

Non riesco a capire che cazzo si sia messo in testa ma qualunque cosa gli stia passando per la mente farà meglio a togliersela perché quando è vero che esisto lo tolgo di mezzo se non si decide a togliere le mani su Rose. Lei non gli appartiene. 

Cammino avanti e indietro per la mia stanza, come un pazzo, nervoso come non credo di esserlo mai stato in tutta la vita. Sono teso, incazzato nero, e allora faccio quello che mi riesce meglio: andare a cercarla. 

Esco fuori e attraverso, cercando di fare meno rumore possibile, tutta la villa e in un attimo mi ritrovo nell'ala riservata alla servitù. Arrivo fino alla sua stanza, abbasso la maniglia per aprire la porta e...è chiusa. 

Ingoio un urlo di frustrazione ma se crede davvero che questo mi possa fermare è evidente che non mi conosce affatto. 

Tiro fuori dalle tasche la chiave universale che in teoria non dovrei nemmeno possedere ma che ho rubato e di cui ne ho fatto una copia quando ero un ragazzino. 

Mi infilo dentro, è buio pesto. Cerco la figura di Rose sul letto ma scopro che è vuoto, uno spostamento d'aria mi mette subito in allerta e quasi mi viene da ridere per la sua sfrontatezza. Mi volto di scatto, la afferro e la lancio di peso sul letto, posizionandomi subito sopra di lei. La blocco con il mio corpo e i suoi occhi risplendono sotto la luce della luna. 

«Nessuno ti ha mai detto che è da vigliacchi colpire alle spalle?»

«Non ti volevo colpire, sono disarmata, idiota, volevo solo infilarmi in bagno così che tu non mi vedessi.»

«Hai chiuso la porta a chiave.»

«E tu te ne sei fregato e sei entrato lo stesso.»

«Volevo vederti.»

«Io no. Questo era il senso della porta chiusa.»

Sospiro già stanco di tutta questa situazione del cazzo. 

«Senti...»

«Sei pregato di andartene, Damian.» afferma con una voce tanto sicura da darmi sui nervi. 

La stringo a me incastrando i nostri corpi e le impedisco di muoversi talmente la sto stringendo. 

«Tu non mi dai ordini, mia piccola Rosa, tu li esegui. I miei.»

Ci respiriamo sulla bocca, le sue labbra tremano, le mie sono già pronte per lei ma quando rialzo lo sguardo e mi soffermo sui suoi occhi il mio cuore ha un sussulto: due lacrime solitarie scendono dai suoi occhi e le bagnano il viso. 

«Rose...non piangere, ti prego.»

«Vattene, ti prego, Damian, vattene.»

«Rose, io devo sposarmi per forza, capisci? È questo ciò che accade quando si appartiene a una famiglia come la mia. È questo che succede quando sei il primogenito. Rose...»

«Ho capito. Ho capito, Damian.»

La sua voce è rassegnata e per la prima volta mi sento strano, mi sento come se non fossi io. Vederla piangere, stare male, sapere già come andranno le cose mi porta non solo molti pensieri, ma sento come un peso enorme sul petto. 

La lascio andare prima ancora di capire cosa sto facendo. 

«Io voglio te.»

«E io voglio tornare a casa. Te lo ripeto ancora, Damian, fammi ritornare a casa mia. Tra poco ti sposerai e io? Non costringermi a stare a guardare mentre tu vai avanti con la tua vita. Se tieni a me anche solo un minimo, ti prego lasciami libera.»

E forse è davvero l'unica soluzione possibile. 


DORIAN

Mi tocco la fronte per asciugare il sudore. Il movimento è l'unica cosa che mi aiuta a scaricarmi, a sfogare tutto lo stress. E ultimamente di stress ne ho tanto. 

Ho conosciuto Ylenia un anno fa. La sua famiglia fa parte dell'ambiente e abbiamo diverse conoscenze in comune, questo significa che anche gli eventi a cui partecipiamo sono gli stessi o quasi. Ad ogni modo è stato proprio a uno di questi che ci siamo incontrati e da allora niente ha più avuto la stessa importanza per me. 

Rivedo lei e Dorian, i progetti riguardo il loro matrimonio e la rabbia mi acceca. Colpisco il sacco da boxe con più forza, con più foga. Nessuno ha idea di quello che succede, di quello che è successo tra di noi, e anche se fosse non avrebbe nessuna importanza perché lei rimane comunque promessa a Dorian. Se mio padre sapesse mi considerebbe solo un intralcio e Dio solo sa che cosa è disposto a fare, anche con me che sono suo figlio. È sufficiente l'odio che prova nei confronti Rosa, convinto com'è che mio fratello ne sia soggiogato e ovviamente non posso dargli torto. Ma so anche che Damian non ha le palle per affrontarlo. Non arriverebbe mai al punto di istigarlo, non ora e non così. Per questo mi serve un piano d'azione e mi serve subito. 



CHERISH- La mia prigione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora