QUINTO CAPITOLO

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DAMIAN

Due giorni dopo...

«Si rifiuta ancora di mangiare, signore.»

Ingoio l'utimo sorso di whiskey e lascio che mi bruci la gola e il petto.
Rose si rifiuta di mangiare o meglio, si diverte a spiluccare ogni portata e poi mette da parte il vassoio.

Non l'ho più vista dall'ultima volta in palestra, quando mi è svenuta tra le braccia è successo qualcosa che non accadeva da tempo: il mio cuore ha ripreso a battere.
E questo non è un bene, non quando certe emozioni o sensazioni sono rivolte a lei.

Le sue parole mi hanno colpito profondamente e per un attimo, per un solo istante ho desiderato avvicinarmi a lei con il solo scopo di abbracciarla, stringerla e sentire il suo calore su di me.

Questo è bastato a far scattare un campanello d'allarme nella mia testa.
Non posso permettermi di provare certe cose per lei.
Non ho smesso di preoccuparmi, però. Ho voluto essere aggiornato costantemente sulla sua situazione e ora il fatto che si rifiuti di mangiare mi fa incazzare.

«Grazie, Giselle. Da ora in poi ci penso io. Puoi andare.»

Mi alzo dalla scrivania ed esco dal mio ufficio per andare dritto nella camera da letto dove ho fatto sistemare la stronza ovvero dall'altra parte della villa, nella zona solitamente abitata dalla servitù.

Apro la porta senza neanche bussare ed entro nella stanza.
Rose sta dormendo e non mi aspettavo di trovarla così, distesa, abbandonata, sul letto.
Il mio sguardo percorre tutta la sua figura cercando di memorizzarne ogni dettaglio. I capelli sparpagliati sul cuscino, il corpo rilassato, l'espressione calma.

Sospiro. E poi sospiro ancora.

Mi avvicino a lei dopo essermi chiuso la porta alle spalle.
Con le mani in tasca titubo un po' se sedermi al suo fianco o se svegliarla scuotendola.
Scelgo la prima opzione, non vorrei che facesse movimenti bruschi con la schiena anche se qualcosa mi dice che lì farà lo stesso.

E mi viene in mente che mi piacerebbe fermare il tempo. Proprio adesso, proprio in questo momento, per non essere costretto a guardare i suoi occhi impauriti, confusi, e magari senza che se ne accorga baciarla, fare scivolare le dita sulla sua pelle, e tornare a sentire com'è.
O forse, mi piacerebbe farlo tornare indietro il tempo, a quando mi ha aperto il cuore donandomi un sorriso.
Com'era bello il suo sorriso...magari lo è ancora oggi, ancora adesso, ma io non ho idea di come sia, non l'ho più visto e il fatto che mi manchi è straziante quanto sbagliato perché per lei non dovrei provare altro che ribrezzo e invece...invece resta sempre la mia piccola Rosa...

Il suo corpo si muove e alla fine decido di accomodarmi sulla poltrona, ai piedi del letto, e così attendo. Aspetto il momento in cui aprirà gli occhi.
Minuti che sembrano ore fino a quando accade. Rose si sveglia aprendo lentamente le palpebre. Non si è ovviamente ancora accorta di me.

«Ciao, mia piccola Rosa...»

Scatta a sedere e un urlo le squarcia il petto e io impreco.

«Ma che ti dice la testa? Non devi fare movimenti bruschi, cazzo!» la rimprovero mentre mi avvicino a lei.

E mi aspetto che inveisca contro di me da un momento all'altro, che respinga la mia sola presenza e invece non fa.
Rose si lascia aiutare a mettersi seduta e tra le mie braccia mi sembra ancora più piccola, ancora più fragile.

«Grazie.» mi dice ma forse sarebbe meglio per me e per la mia anima che dicesse qualcosa come "ti odio" o "mi fai schifo per avermi ridotta così", perché sentire un semplice grazie da lei mi distrugge, mi sconvolge più di quanto vorrei ammettere.

CHERISH- La mia prigione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora