Capitolo 22 ✽ Ragazzi sull'orlo di una crisi di nervi

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Da quando erano arrivati a Jeju, Minho non riusciva a smettere di pensare alla conversazione avuta con Hyunjin. Doveva assolutamente trovare un modo per risolvere quella situazione e far sì che smettesse di avere sospetti. E, come se non bastasse, c'era Jisung. I suoi messaggi si susseguivano come colpi d'ascia, ognuno più disperato del precedente.

Aveva trovato rifugio in una stanza del set per riflettere, approfittando del tempo che avevano prima dell'arrivo della troupe e dell'inizio delle riprese. Sperando di trovare un attimo di tregua. L'odore salmastro dell'oceano si insinuava dalla finestra aperta, mischiandosi al profumo di legno umido delle pareti. Ma nemmeno la tranquillità di Jeju riusciva a calmarlo. Ogni vibrazione del cellulare gli faceva sussultare il cuore. Con le mani tremanti, lo ignorava, sapendo che rispondere a Jisung avrebbe solo complicato tutto.

-Minho, si può sapere di cosa avete parlato? Ti comporti in modo strano, dimmi qualcosa, ti prego,- scriveva Jisung, la sua ansia era palpabile anche attraverso lo schermo. Minho chiuse gli occhi, cercando di rallentare il battito martellante nel petto. La pressione sulle spalle era insostenibile. Aveva bisogno di una via d'uscita, ma l'ansia continuava a soffocare ogni tentativo di lucidità.

Si alzò di scatto, iniziando a camminare avanti e indietro nella stanza. Ogni suo passo sembrava sincronizzato con lo schianto delle onde contro la riva, ma quel ritmo regolare non faceva altro che aumentare il suo nervosismo. Tornava con la mente alla conversazione con Hyunjin, cercando disperatamente un punto d'appiglio.

"Dobbiamo parlare" Quella frase lo aveva bloccato nella sua camera del dormitorio, come un pugno allo stomaco. Il viso di Hyunjin era impassibile, ma gli occhi tradivano un'accusa che Minho aveva cercato di ignorare. In quel momento, aveva sperato che il problema fosse la coreografia di LaLaLa, ma un'inquietudine sottile gli suggeriva che il vero argomento sarebbe stato molto più complicato.

Ora, in quella stanza di Jeju, lontano da tutti, Minho si trovava a rivivere quel momento come un incubo ricorrente. Ogni dettaglio, ogni sguardo, ogni parola di Hyunjin gli si ripresentava con chiarezza agghiacciante.

"Ti prego dimmi che non hai capito un passo di una qualsiasi coreografia, ti prego," pensava intensamente.

Nonostante il sudore che gli imperlava la fronte e le mani che tremavano tradivano il panico che cominciava a serpeggiargli dentro. Si sforzò di mantenere un'espressione tranquilla. Con voce calma e misurata, chiese: <Di cosa vuoi parlare, Hyunjin?>

<Minho, non mentirmi. Sarebbe inutile,> disse Hyunjin con un tono così freddo che fece gelare il sangue nelle vene di Minho.

Lui trattenne il respiro, cercando di mantenere un'espressione neutra, nonostante il crescente senso di allarme. Sapeva che l'argomento stava per diventare scomodo. Troppo scomodo. Pregava solo che Hyunjin non volesse parlare di lui e Jisung. Non poteva rispondere sinceramente, non quando in ballo c'era la sua relazione e il benessere del gruppo.

Tentò di ridurre la tensione con un sorriso sbilenco. <Hyunjin, se non hai capito qualche passo della coreografia di 'LaLaLa', basta dirlo. Non fare il misterioso,> disse, la speranza che quello fosse l'argomento di discussione ancora viva il lui. Cercava di apparire sicuro, ma sentiva il tremito nelle mani.

Hyunjin non si mosse di un millimetro, non si sarebbe fatto ingannare. <Non sto parlando della coreografia di 'LaLaLa'. La conosco fin troppo bene. Non fare il finto tonto,> rispose freddamente, con lo sguardo fisso su Minho. <Sai bene di cosa voglio parlare.>

Hyunjin era preoccupato per i suoi amici, ma era anche profondamente ferito dalla reticenza del' altro. Ogni tentativo di sviare la conversazione stava solo peggiorando la situazione.

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