Capitolo 14
Stuart aveva guidato in totale calma lungo l'Highway 32, accompagnato da una sola canzone in loop per tutto il viaggio. La voce volutamente rauca del cantante ripeteva che stava alimentando i suoi demoni, che provava ciò che loro provavano, che erano una cosa sola. Il ragazzo annuiva, con scatti ritmici della testa, picchiettando coi polpastrelli sul volante di plastica rivestito in similpelle consunta.
Nonostante la temperatura piuttosto fredda, Stu aveva abbassato il finestrino e lasciato penzolare il braccio sinistro fuori, lungo la portiera. Quella sensazione d'aria pungente che gli penetrava sotto la giacca e la felpa sembrava riscuoterlo da un improvviso torpore sensoriale: nonostante gli occhi fossero spalancati e ben attenti, fissi sulla strada diritta e deserta che si snodava pigra sotto le ruote della Pontiac, non provava più nulla. Nulla di positivo, almeno. In fondo, dentro di sé, da qualche parte tra il colon e lo stomaco, sentiva un animaletto fastidioso rodergli le viscere e guardarlo con occhietti gialli come i lunghi denti. Si chiamava Furia.
Aveva pensato tanto a Furia e si era sbagliato a denominarlo Delusione o Rabbia. Delusione era un nome decisamente troppo debole e incapace di rendere il suo vero sentimento, mentre Rabbia era manchevole della sensazione di violenza devastatrice che alimentava quel topolino immaginario. Una bestiolina che cresceva, secondo dopo secondo, a dismisura, diventando un mostro. Alzando pensieroso gli occhi verso lo specchietto retrovisore per controllare se avesse o meno altri veicoli dietro, si sorprese nell'incontrare il proprio sguardo dilatato e gelido, folle come quello di Furia.
Stu ingurgitò a vuoto e occhieggiò le distese campestri che slittavano come diapositive fuori dal finestrino. Lì grandi campi e modesti boschi, in parte verdeggianti, in parte rinsecchiti dai primi freddi, rendevano il paesaggio colorato. E così maledettamente distante dalla civiltà, aggiunse tra sé Stuart, sbuffando.
Infine era giunto a Bruce. Aveva sostato una decina di minuti in Public Square, senza scendere dall'auto, e aveva spento la radio rimanendo solo coi propri pensieri. Non aveva mai fumato eppure, in quel momento, pensò che se avesse avuto un pacchetto di bionde si sarebbe volentieri riempito i polmoni di nicotina, monossido di carbonio e catrame. Captò con lo sguardo il General Store, ma scacciò l'idea con una mano come avrebbe fatto con una mosca fastidiosa.
Mise di nuovo in moto l'auto e proseguì con prudenza sino a raggiungere Pontotoc Road. Voltò sulla destra e imboccò la prima stradina sterrata a sinistra. Dopo una ventina di metri spense il motore e scese dalla Pontiac, accostando delicatamente la portiera.
Stu mosse qualche passo e si fermò. Sul vialetto sterrato c'erano ancora tracce di carte di caramelle e dolciumi lasciate cadere dai bambini la sera precedente. Se li immaginò vestiti di tutto punto, con i loro spaventosi costumi, a suonare a tutte le porte della cittadella per chiedere se preferissero dare il dolcetto o subire lo scherzetto. Stuart sorrise: da piccolo amava Halloween. Non adorava l'idea di travestirti, quello no, ma gradiva il vecchio cestino in vimini di sua madre stracolmo di dolci assortiti. Quell'anno, rifletté, erano passati solo tre marmocchi – due maschietti, camuffati uno da vampiro e l'altro da pirata, e una femminuccia, mascherata da strega – a casa loro, a New Houlka. Chissà se l'anno successivo...
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Figlio dell'amore e dell'odio
Aktuelle LiteraturStuart Anderson vive a New Houlka, una piccola città del Mississippi. È un ragazzo solitario, che soffre di depressione a causa del bullismo subito durante il periodo scolastico. Nonostante tutto, cerca comunque di occupare il giusto posto nella so...