Stuart Anderson vive a New Houlka, una piccola città del Mississippi. È un ragazzo solitario, che soffre di depressione a causa del bullismo subito durante il periodo scolastico. Nonostante tutto, cerca comunque di occupare il giusto posto nella so...
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Capitolo 15
Stuart, dopo aver sfogato la rabbia e le lacrime accumulate, aveva guidato con prudenza sino a casa. Aveva parcheggiato malamente la macchina per strada, accostandola al marciapiede davanti all'abitazione ed era entrato quasi fosse stato rincorso da una mandria di tori inferociti. Chris e Sandra, seduti al tavolo a giocare a carte, lo guardarono straniti.
«Stu, figliolo, tutto bene?» aveva chiesto la madre, alzandosi di scatto in piedi. Stuart aveva annuito.
«Sì, sì» l'aveva liquidata il ragazzo, salendo di corsa la breve scala che conduceva la piano superiore. Era entrato in camera sua e si era chiuso la porta alla spalle.
Adesso aveva raggiunto l'agognato bivio e doveva inderogabilmente scegliere una direzione. Si sedette sul letto, posò gli avambracci sulle ginocchia ossute, incassò la testa tra le spalle e rifletté. Quel giorno aveva agito come aveva sempre sognato di fare ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Si sentiva orgogliosissimo di sé, ma anche terrorizzato: sapeva che, in un certo senso, aveva provato godimento a malmenare Fred Harpic e mortificare Kim Romero e una parte razionale e sibilante del suo cervello gli stava suggerendo che avrebbe potuto anche prenderci gusto. Ma Stu non voleva diventare un bullo di periferia come Freddy: desiderava soltanto avere rispetto e ripagare i propri carnefici con la loro falsa moneta. Quel primo novembre aveva avuto ciò che gli spettava e per lui era sufficiente.
Stuart si prese la testa tra le mani e pensò. Aveva già preparato tutto anzitempo, durante le ore di solitudine, ma permaneva quella domanda cui non riusciva davvero a dare risposta: cosa desiderava fare davvero? Chi desiderava essere, una volta per tutte?
Alzò lo sguardo e lo puntò, risoluto, contro la porta adornata da un lungo poster scuro. Sarebbe stato uomo sino in fondo e avrebbe dato voce ai propri desideri interiori, assumendosi tutte le responsabilità del caso. Si alzò dal letto, aprì l'armadio e ne estrasse due grossi borsoni, pieni di abiti per metà leggeri e per metà invernali. Per ultimo, il suo fidato zaino verde e nero, un po' sgualcito, che indossò su una sola spalla. Aprì un comodino e impugnò una busta bianca e gonfia, nella quale aveva stipato poco meno di duemilaseicento dollari: era tutto ciò che era riuscito a prelevare dal proprio conto in quei giorni e aveva faticato non poco, dovendo inoltrare richiesta direttamente al direttore della piccola banca e avviando di seguito istanza di chiusura e trasferimento del saldo rimanente sul conto dei genitori. Quelle banconote di piccolo taglio erano il suo magro, immenso tesoro e sarebbero state la sua personale botola verso il futuro.
Come aveva preventivato, se ne sarebbe andato per sempre da New Houlka.
Mentre stava per aprire la porta si voltò e vide sulla scrivania l'orologio e il libro che gli avevano regalato Gloria Smith ed Ester Galvin. Sospirò e infilò il romanzo nella tasca laterale del giaccone e indossò l'orologio. Aveva già provveduto, invece, a inserire dischi e magliette dentro i pochi e soppesati bagagli.