Capitolo 9 - Vivere di Sogni

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Un dolore lancinante l'attraversò: vide nero per un secondo ed ebbe la sensazione che le forze la lasciassero, solo per tornare indietro con il doppio dell'intensità.

«Ah!» lanciò un grido agghiacciante.

La sua insegnante, Rosalba, si precipitò nella sua direzione con uno scatto, lanciandosi a terra, dove Anna si stava contorcendo per il dolore, tenendo tra le mani la caviglia. Le lacrime che le scendevano dagli occhi avevano creato una piccola pozza bagnata sotto il suo viso.

«Anna, respira! Dove ti fa male?».

La ragazzina, tuttavia, non rispose: non riusciva a pensare ad altro che non fosse il dolore pulsante che, per quanto volesse che sparisse, continuava a peggiorare.

Comprendendo che la sua diletta non le avrebbe risposto, Rosalba sciolse con tutta la delicatezza possibile i lacci delle scarpette da ballo che incorniciavano i suoi piedi eleganti.

«Solo un secondo» la supplicò perché lasciasse la presa sulla scarpetta rosa. Anna le rivolse uno sguardo disperato, ma ascoltò la sua richiesta. Mollò la presa ferrea su di essa e strinse le mani a pugno talmente forte che le nocche assunsero un colorito pallido.

Rosalba sfilò la scarpetta con la delicatezza del caso, attenta a non urtare in alcun modo l'arto infortunato. Sbiancò quando vide le condizioni in cui versava: la caviglia presentava un livido violaceo e si era gonfiato, più di quanto avesse pensato a prima vista. Non presagiva nulla di buono.

«Cosa succede, Rosi?» domandò Anna con gli occhi rossi e gonfi dal pianto. Aveva smesso di piangere, però; il suo viso aveva lasciato spazio a un'espressione di terrore. Conosceva la luce che animava gli occhi della sua insegnante. E non le piaceva affatto.

Rosalba, di contro, ebbe difficoltà a fornire una risposta neutra e, in parte, si sentiva in colpa per averla spinta al punto di non ritorno; allo stremo delle forze, al limite di sopportazione del corpo. All'infortunio. Abbassò lo sguardo, castigata: «Dobbiamo portarti in ospedale» annunciò.

«Rosi, dimmi cosa succede» esortò ancora Anna. Aveva bisogno di sapere.

Ella ignorò quella supplica. Si voltò verso i suoi collaboratori e fece chiamare un'ambulanza.

Anna, accompagnata da Gisella, una delle assistenti, venne trasportata verso l'Ospedale e, con sentimenti di sempre più pressante impotenza, vide allontanarsi sempre più la sua scuola di danza. E, con essa, i suoi sogni.

L'Accademia delle Giovani Promesse era una piccola succursale dell'Accademia Reale di Forte Marmadia, eppure il suo valore per il mondo della danza era riconosciuto ed apprezzato oltremodo. Anna era stata onorata di poter studiare tra le sue mura e di poter realizzare il sogno di diventare la Prima Ballerina del Teatro Reale. Ora, posando lo sguardo sulla caviglia nera e gonfia, sentiva scemare un centimetro ogni secondo tutti i sogni e i buoni propositi.

Lo sapevano tutti che avere un corpo sano era uno degli ingredienti necessari al successo di uno sportivo.

Come si aspettavano tutti, la sua carriera nel mondo della danza era giunta al termine. La caduta aveva provocato un danno solo parzialmente ripristinabile. Ora, Anna era addirittura obbligata a sforzare la gamba opposta per camminare. Il danno non fu solo fisico, ma anche mentale. Estirpata della passione che l'animava.

«Anna, per favore, esci un po'» la supplicò sua mamma, distogliendola dal ciclo di pensieri depressivi che non riusciva a sopprimere.

«Non ho voglia» ripeté per cosa le sembrò la milionesima volta. Dava, dopotutto, sempre la stessa risposta.

«Tesoro, non hai amici che vogliano fare un giro? C'è un tal bel tempo».

Anna guardò fuori dalla finestra: c'era un bel sole. Eppure, era la voglia di uscire a mancare. E gli amici.

Where Hearts Collide (and Love Unfolds)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora