Twisted Hearts ||Enora Emerald Vanrouge & Riddle Clayton Rosehearts

XV-Shadows of Jealousy

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Le ombre della gelosia sono più scure della notte, e nessuno sa quanto possano bruciare finché non ci si trova dentro. - Riddle Clayton Rosehearts

Mi svegliai di soprassalto, il cuore che batteva più velocemente del solito. Non era la prima volta che mi capitava di svegliarmi in modo così brusco, ma oggi c'era qualcosa nell'aria che mi metteva più a disagio del solito. Il mio sguardo cadde subito sul mio telefono, che vibrava sulla scrivania. Il display si illuminò e la notifica che comparve sullo schermo mi fece capire che non avevo molto tempo.

Orientation Event.

Una rapida occhiata al reminder mi confermò che l'orientamento era alle porte. Avrei dovuto supervisionare l'intero evento, assicurandomi che andasse secondo i piani. Nulla di straordinario, ma oggi qualcosa sembrava diverso. Mi ero occupato personalmente della lettera di invito che avevano ricevuto tutti gli studenti, firmandola come corpo studentesco di Heartslabyul, ma non avevo previsto quanto quell'orientamento sarebbe stato difficile da gestire. Non tanto per i dettagli organizzativi-quelli erano sempre sotto controllo-ma perché, anche se cercavo di mantenere una facciata implacabile, non riuscivo a non pensare a come le cose fossero cambiate.

Enora.

La sua presenza, o meglio, la sua assenza, sembrava pervadere ogni angolo della giornata. Eppure, sebbene fossi consapevole del mio ruolo e dei miei impegni, non riuscivo a togliermi dalla testa il fatto che lei sarebbe stata lì, tra gli studenti, come sempre. Potevo sentirlo, quel qualcosa che mi spingeva a osservare, a cercarla tra la folla. Non era solo curiosità, ma c'era qualcosa di più in quello che provavo. Con una scrollata di spalle, cercai di concentrarmi sull'orientamento. Dovevo occuparmi di tutto, sistemare l'aula 214, assicurarmi che i dettagli fossero sistemati. Non avevo bisogno di distrazioni. Non avevo bisogno di pensare a lei. Eppure, mentre mi avvicinavo all'aula, una parte di me si chiedeva come avrebbe reagito, se fosse stata davvero lì. La stanza 214, nel East Wing, era il mio punto di partenza. Dovevo supervisionare l'orientamento, assicurarmi che tutto andasse per il meglio. Non c'era spazio per indugi o esitazioni, ma ogni passo che facevo sembrava più pesante del solito. Mi sentivo distante da tutto, come se l'intero evento fosse solo una formalità, un altro compito che dovevo sbrigare senza davvero partecipare. Non ero qui per socializzare, non ero qui per fare chiacchiere inutili. Eppure, ogni volta che mi fermavo a guardare la folla che si raccoglieva, un pensiero mi sfiorava: "Cosa sto davvero facendo qui?" Arrivai all'ingresso della stanza e osservai il panorama, come se stessi solo passando in rassegna i volti degli studenti, ma senza realmente vederli. Alcuni si scambiavano risate nervose, altri sembravano più a loro agio, chiacchierando e formando piccoli gruppi. Ero lì, ma non ero presente. Non mi interessava di loro, ma non riuscivo nemmeno a scacciare quel senso di distacco che mi pesava dentro.

Il mio sguardo scivolò sulla figura di Enora, seduta da sola in un angolo. La sua presenza mi colpì come una scarica improvvisa. Era lì, ma sembrava essere in un altro posto, quasi come me. La sua solitudine mi sembrava familiare, in qualche modo. Non c'era bisogno di parole tra noi, non c'era bisogno di farci notare. Bastava sapere che eravamo entrambi lì, separati dal resto del mondo ma uniti in qualche modo invisibile. La distanza tra noi era una barriera che entrambi avevamo costruito, forse inconsciamente, ma che sentivo più forte che mai.

Il mio cuore si agitò per un attimo, ma lo ignorai. Non dovevo pensare a lei, non dovevo farlo. Mi concentrai di nuovo sull'ambiente, cercando di rimanere impassibile. D'altronde, avevo un ruolo da svolgere. Eppure, in quella stanza affollata, c'era qualcosa che non riuscivo a controllare, come se il destino ci stesse spingendo a guardare, ma a non fare il passo successivo.