XIX-Echoes of a Silent Mind

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Nell' eco del silenzio dei nostri pensieri, l'unico rumore che ascoltiamo è quello delle scelte non fatte, che risuonano più forte di qualsiasi parola -Riddle Clayton Rosehearts & Enora Emerald VanRouge

Riddle:

Mi svegliai con un senso di pesantezza addosso, gli occhi che si aprivano lentamente mentre i suoni del mattino iniziavano a filtrare attraverso la finestra. Il profumo del caffè che saliva dal piano inferiore, la luce che entrava timida nella stanza. Ma la mia mente, come sempre, correva altrove. Alla pizzeria, alla festa di Halloween che si stava avvicinando, a Enora.

I suoi occhi brillavano come echi silenziosi sotto la luce soffusa del locale, e quella dannata immagine della sua mano che si intrecciava con quella di Morgan non riuscivo a togliermela dalla testa. Non riuscivo a smettere di pensarci. Non era stato un semplice gesto, no. C'era qualcosa di... intimo, in quel tocco, e mi colpiva come un pugno. La mia mente si sforzava di mettere da parte il disordine che mi creava. Non era come se mi aspettassi qualcosa da lei, ma era inevitabile. Ogni volta che la vedevo, c'era un impulso che mi diceva che dovevo fare qualcosa, prendere il controllo, agire.

Eppure, ogni volta che guardavo Enora, ogni volta che la vedevo sorridere o anche solo osservavo il suo viso assorto, mi sentivo quasi impotente. Lei non lo sapeva, ma quel gesto innocente con Morgan mi mandava in frantumi. Non ero geloso, no. Non era proprio quello il punto. Era il fatto che lei sembrava così a suo agio, così sicura di sé. E io? Io non avevo idea di come affrontare tutto ciò che sentivo.

La festa di Halloween era ancora lontana, ma per me, la serata stava già cominciando nella mia testa. Non sapevo come si sarebbe vestita Enora, ma una parte di me non vedeva l'ora di scoprirlo. Avevo visto un lato di lei che mi aveva fatto perdere il controllo, e non riuscivo a smettere di pensare a quel pranzo in pizzeria. Mi sembrava che tutto fosse un gioco per lei, mentre per me non lo era affatto. Le avevo detto che volevo vedere dove questo gioco ci avrebbe portati, ma non sapevo davvero cosa aspettarmi. Era un gioco, certo, ma a volte mi chiedevo se fosse davvero solo quello. Non riuscivo a negare la tensione che c'era tra noi, il modo in cui ogni nostro incontro sembrava essere più che semplice curiosità. Ma cosa avrei fatto quando le carte fossero state messe in tavola? Quando tutto sarebbe venuto allo scoperto?

Il pensiero che fosse vicina a Morgan mi rendeva inquieto, ma cercavo di non darlo a vedere. Ancora adesso, la sua immagine, con quei jeans e quella maglietta di Morgan, mi faceva perdere ogni tipo di concentrazione. Perché un semplice vestito, un semplice gesto, potevano distrarmi tanto? Non lo sapevo, ma non riuscivo a smettere di tormentarmi.

La mia mente continuava a chiedersi, e non trovava una risposta: come sarebbe stato stare con lei, davvero? Quanto avrei potuto sopportare di questa distanza, di questa incertezza? La verità era che non sapevo cosa avrei fatto. Forse, alla fine, avrei ceduto a quel desiderio, ma non avrei mai ammesso quanto mi stesse consumando. Mi stavo ancora sforzando di allontanare i pensieri su Enora, quando la porta si aprì senza preavviso.

«Spero che tu non stia pensando a quello che credo,» disse la voce di mia madre, tagliente come sempre.

Alzai lo sguardo, vedendola apparire sulla soglia della mia stanza. Il suo viso era severo, come sempre quando parlava di certe cose. I suoi occhi erano indagatori, come se mi avesse letto nel pensiero, ma non ero sicuro che potessi mentirle. Lei mi conosceva fin troppo bene. «Non pensavo a nulla,» risposi distrattamente, cercando di distogliere la mente dalla discussione che sapevo sarebbe arrivata. «Cosa c'è?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: a day ago ⏰

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