THE MARRIAGE

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Hanna

Vidi l’esecuzione di Mary. Il suono della folla riecheggiava ancora nella mia mente, un ruggito di condanna e dolore intrecciati. Ogni urlo, ogni mormorio di approvazione aveva scavato un solco nel mio petto, lasciando una ferita aperta che non si sarebbe rimarginata mai. Passeggiavo nella mia camera, i passi nervosi disegnavano un percorso tortuoso sul pavimento di legno usurato. Ogni passo, un pensiero. Ogni pensiero, una lama.

Toglievo uno ad uno i miei anelli, come se liberarmi di quei simboli d’oro e pietre preziose potesse alleggerire il peso della corona invisibile che portavo. Le dita, pallide e sottili, tremavano leggermente mentre lasciavo cadere l'ultimo gioiello sul tavolo. Amavo Francesco, o almeno amavo l’idea di ciò che avrebbe potuto essere. L’idea di un potere che non mi avrebbe tradito, che non avrebbe brandito la spada contro di me come aveva fatto con Mary. Ma sapevo che anche lui aveva il veleno nelle vene. E se avesse osato farmi del male, se avesse giocato con il mio destino come aveva fatto con lei...

Mi fermai, i pensieri si spezzarono come vetri al suono di un colpo alla porta. Un bussare deciso, troppo deciso. L’aria si fece più pesante, l’eco del legno contro il muro riecheggiava nella stanza come un presagio. La mia gola si strinse, ma la mia postura rimase immobile, orgogliosa.

Francesco entrò nella stanza con un sorriso che non riuscivo a decifrare, un misto di dolcezza e pericolo, come un lupo che osserva la sua preda prima dell’assalto. Il suo sguardo si posò su di me, gli occhi lucidi di un affetto che sapeva di promessa e inganno. Si fermò a pochi passi, i suoi stivali di pelle nera scricchiolarono sul legno come un segno di vita in quella stanza morta.

«Amore, stai bene?» chiese, la sua voce profonda aveva un’ombra di preoccupazione, ma io sapevo leggere tra le pieghe delle sue parole. Mi scrutava, cercando un segnale, una crepa. Lo stesso uomo che aveva orchestrato la morte di Mary, la stessa mano che aveva ordinato e assistito, ora si avvicinava a me come se niente fosse accaduto.

Non ero scesa a mangiare, non dopo quello che avevo visto. Non potevo, le immagini erano incise nella mia mente, come cicatrici brucianti. «Sì, sto bene,» risposi con un filo di voce, cercando di mantenere la calma. Lui si avvicinò, il profumo del cuoio e del sangue sembrava avvolgerlo, un’eco di ciò che era veramente. Chiuse la porta con un movimento lento, il suono del legno che si incontrava con l’ottone fu come il colpo di un martello sulla mia anima.

Le sue mani trovarono i miei fianchi, calde, forti. Mi avvolse come se cercasse di proteggermi, ma il calore delle sue dita era un promemoria della sua forza distruttiva. Le sue labbra si posarono sulle mie con un’urgenza che mi fece vacillare, e il sapore del potere, della colpa e della sua indomabile volontà si intrecciavano in quel bacio.

«Ti amo,» sussurrò tra un bacio e l’altro, la voce così vicina, troppo vicina. Il suo respiro sulla mia pelle, caldo e insidioso. Sorrisi debolmente, come se potessi convincerlo che credevo alle sue parole, come se quel sorriso potesse proteggermi.

«Sarai la mia imperatrice,» continuò, la voce che si abbassò di un’ottava, diventando un ringhio sommesso, promesse tessute di seta e spine. Quelle parole erano dolci e velenose, mi avvolgevano in una coperta di illusioni e minacce. Un futuro intriso di ambizione e morte, il prezzo del potere che avevo accettato, consapevole che la scelta non era mai stata davvero mia.

Sussurrai, sentendo il tremore che correva lungo la mia spina dorsale. Qualcosa di freddo si insinuava nei miei pensieri: amore, potere, paura. Mi aggrappai a quella sensazione, perché era l'unica verità che conoscevo in quel momento.

Le sue labbra trovarono il mio collo, scivolando lungo la pelle con la delicatezza di una lama nascosta sotto velluto. Il suo respiro caldo mi faceva rabbrividire, ma questa volta non era un brivido di piacere. Era qualcosa di diverso, una consapevolezza gelida che serpeggiava dentro di me, accendendo l’allarme che stava latente nel mio cuore. Mi irrigidii e posai una mano sul suo petto, fermandolo. «Francesco, non me la sento adesso,» dissi, la mia voce più forte di quanto mi aspettassi, ma ancora spezzata.

Francy- la maledizione dell'imperatrice Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora