WOMEN'S ISLAND

8 3 2
                                    

Francesca

Ero distesa nel letto, il corpo sprofondato nel materasso soffice, ogni fibra e muscolo ancora intrisa di quella stanchezza che solo una notte senza pace poteva lasciare. Al mio fianco, sentivo il calore di Jeck, il suo respiro profondo e costante che si confondeva con il fruscio silenzioso delle tende mosse da un vento leggero. Mi stringevo nel lenzuolo come in una protezione invisibile, nascondendo il mio corpo nudo, cercando di contenere tutto quel tumulto che mi ardeva dentro, ogni pensiero, ogni emozione incandescente.

Nella mano destra stringevo un medaglione, quello dell’imperatore. La sua superficie fredda contro la mia pelle calda sembrava un'ancora che mi tratteneva dalla disperazione, un peso che sprofondava sempre più nella mia anima. Mi sentivo in trappola, una fiamma ingabbiata in un’oscurità senza fine. Quel maledetto medaglione, simbolo della sua prepotenza, delle sue promesse vuote e della sua vendetta che si espandeva come un veleno, lasciando dietro di sé solo rovine e cenere.

Mio padre... rinchiuso in una torre, prigioniero di quell'uomo che osava definirsi imperatore.

Jack era appoggiato su un gomito, gli occhi scuri che mi trapassavano come una lama. Con una calma inquietante, pronunciò quelle parole: «Il medaglione… lo terrai tu.» La voce di chi sapeva che una scelta era stata fatta, irrevocabile.

La sua mano sfiorò la mia schiena nuda, un tocco che bruciava e sprofondava, un giuramento muto che mi risaliva le ossa. Stringendo quel medaglione freddo tra le dita, un sorriso amaro affiorò sulle mie labbra, come se quello fosse il primo passo di una guerra che avevo sempre saputo di dover combattere. «Certo che lo terrò,» dissi, cercando di ancorare quelle parole a una sicurezza che non sentivo davvero.

Mi voltai, cercando i miei vestiti in silenzio, lasciando che Jack guardasse ogni mio movimento. Sentivo ancora il suo tocco, impresso sulla pelle come un marchio. Il suo sguardo si muoveva su di me, indagatore, scivolando su ogni linea, su ogni ombra, su ogni frammento di me che si era spezzato. Era come se sapesse cosa significasse davvero portare quel simbolo e che ogni passo mi stesse già conducendo verso un abisso da cui non ci sarebbe stato ritorno.

«Questa nave,» sussurrai, tirando i lacci del corpetto. «Il nome va cancellato.» La mia voce era bassa, quasi un sibilo, ma portava il peso di un decreto finale. «Il medaglione ci condanna, Jack. Se non lo facciamo sparire… saremo già morti.»

Non rispose subito, e il silenzio che seguì mi fece gelare il sangue. Poi si alzò lentamente, gli occhi fissi nei miei, come se cercasse di imprimere nella memoria ogni dettaglio, ogni frammento di quel momento. «Dove andremo, My lady?»

Inspirai a fondo, sentendo il vuoto riempirmi i polmoni e poi le parole affiorarono, cariche come un presagio: «In Taltnide»

Inspirai un’altra boccata di fumo, lasciando che il tabacco mi graffiasse la gola, e osservai la scia che si dissolveva nel vento mentre camminavo sul ponte. La mia nave si muoveva già, sospinta dalla brezza notturna, e gli uomini, instancabili, andavano avanti senza posa. Eravamo partiti al calare della notte, come ombre nella nebbia, senza lasciare traccia. Sapevo che non ci avrebbero trovati.

Mi fermai davanti a un tavolino, raccogliendo un bicchiere di vino abbandonato lì da chissà chi. La verità bruciava dentro di me come quel liquido scuro: partire senza mio padre. Se fosse morto, se l’avessero ucciso davvero, ce ne saremmo fatti una ragione, o almeno io. Era un pensiero freddo, tagliente come il pugnale che tenevo nascosto alla cintola, eppure mi dava una strana forza. Avevo deciso di andare avanti, con o senza di lui.

Un rumore dietro di me mi riportò alla realtà. «My lady.» La voce era roca, consumata dagli anni e dal mare, e mi voltai, trovandomi faccia a faccia con uno dei marinai più anziani. Il volto era segnato da rughe profonde, gli occhi incavati, e mi domandai per un istante quanto potesse ancora resistere. Era come una reliquia vivente della mia ciurma, un uomo con più cicatrici che speranze.

Francy- la maledizione dell'imperatrice Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora