Il bacio del cacciatore

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T/n pov

Non ero certa di cosa stessi cercando quando mi fermai davanti alla porta del motel.

Il posto era il solito buco in cui Dean si rifugiava tra una caccia e l'altra. Anche se, spesso, la cavvia veniva direttamente qui.
Vecchio, trasandato, con un odore persistente di muffa e tabacco. Ma se c'era una cosa che avevo imparato sul famigerato cacciatore Dean Winchester, era che non dava importanza ai luoghi, solo alle persone. Forse, non ne ero sicura. Per questo mi sentivo un fascio di nervi ingrovigliati.
Presi un respiro profondo e aprii la porta senza bussare. Lui era lì, seduto accanto al tavolo, le mani sporche di grasso e una vecchia cassetta degli attrezzi aperta davanti.
Si stava occupando di una vecchia radio rotta. Sembrava esausto, ma quell'espressione sul viso—una strana combinazione di testardaggine e resistenza—non lo lasciava mai.
«Sei ancora vivo, Winchester,» dissi, appoggiandomi alla porta. Cercai di sembrare rilassata, ma il cuore mi batteva forte. Non lo vedevo da mesi, eppure era come se non fosse passato un solo giorno. Lui era perfetto e bellissimo come sempre, emanava luce pur combattendo l'oscurità e facendone parte ormai. «Mi stupisce sempre quando succede.»

Lui alzò lo sguardo, e quel mezzo sorriso sghembo mi colpì dritto nello stomaco.
«Non riesco a morire, t/n. Troppo testardo, suppongo. Tu invece? Cos'è che ti porta qui, oltre alla tua insaziabile voglia di vedermi?»
Scossi la testa, cercando di non lasciarmi travolgere dal suo modo di fare. Era sempre così, Dean.
Un muro di sarcasmo e fascino, costruito per tenere il mondo fuori.
«Ho trovato qualcosa,» risposi, lanciandogli il mio zaino. Lui lo prese al volo, come se l'avesse sempre saputo fare. «Una vecchia reliquia, un coltello che dicono possa uccidere qualsiasi creatura soprannaturale. Ma non ho idea di come usarlo. E tu sei l'esperto, no?»
Dean estrasse il coltello con cautela, osservandolo come se fosse un pezzo raro di un puzzle che non riusciva ancora a risolvere. Era affilato, nero come l'ossidiana, e sembrava pulsare di un'energia strana, quasi viva.
«Bello,» mormorò. Poi mi guardò, con quello sguardo penetrante che aveva il potere di farmi sentire nuda. «Ma sei sicura che non sia maledetto? Con la nostra fortuna, potrebbe trasformarti in un mostro solo guardandolo troppo a lungo.»

Rise.
Lo fece sempre, nei momenti in cui la tensione era troppo alta. Ma questa volta non riuscii a ridere con lui. C'era qualcosa che mi stringeva il petto, un nodo che non potevo ignorare.
«Non sarebbe la prima volta che prendo qualcosa di rischioso,» ammisi, incrociando le braccia. Poi, prima che potessi fermarmi, aggiunsi: «Ma... non è per questo che sono qui.»
Dean si irrigidì, mettendo giù il coltello. Non lo avevo mai visto così. Mi fissò, il suo volto più serio di sempre.
«Cosa c'è, t/n?»

Abbassai lo sguardo, cercando di trovare le parole. Per una cacciatrice come me, abituata a vivere nell'ombra, era difficile affrontare qualcosa di così... umano
«Non sono venuta solo per il coltello. Mi serviva un motivo per vederti.»
Il silenzio che seguì era pesante, quasi soffocante. Ma ormai avevo iniziato, e non c'era modo di tornare indietro.
«È stupido, lo so, ma... non smetto di pensarti.»
Quando alzai gli occhi su di lui, vidi qualcosa spezzarsi nel suo sguardo. Non era paura, ma qualcosa di vicino. Si alzò dalla sedia, avvicinandosi a me.
«t/n... io...»
«Non dire niente, Dean,» lo interruppi, il mio cuore in gola. «So che la tua vita è un casino. La mia non è da meno. Ma se c'è una cosa che ho imparato da tutto questo, è che non possiamo continuare a scappare da quello che vogliamo.»

Dean si fermò a un passo da me, il respiro pesante.
«Non scappo, Emma. T/n. E la gente intorno a me... finisce sempre per soffrire.»
Feci un passo avanti, alzando una mano per sfiorargli il viso. Era ruvido, pieno di storie e battaglie, eppure non mi era mai sembrato più umano di così.
«Lo so. Ma per una volta, potresti smettere di proteggermi e lasciarmi scegliere? Non sono debole, Dean. Posso affrontare i mostri. Ma perdere te sarebbe più difficile.»
Vidi il conflitto nei suoi occhi, il modo in cui combatteva contro se stesso. Poi, prima che potessi dire altro, mi tirò a sé e le sue labbra trovarono le mie.

Era un bacio intenso, disperato, come se fosse l'unica cosa che lo tenesse ancorato alla realtà. Quando ci staccammo, entrambi respiravamo a fatica.
«Questa è una pessima idea,» mormorò, ma c'era un sorriso sulle sue labbra che contraddiceva le sue parole.
Sorrisi anch'io
«Sì, ma non te ne pentirai.»
Per un momento, sotto quella luce pallida e lontani da tutto, mi sembrò di avere qualcosa di vero.

E sapevo che, qualunque cosa fosse, valeva ogni rischio.

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