Patrick Allen.
L'auto si muoveva lentamente, e l'unico suono che riuscivo a sentire era il rumore dei pneumatici sull'astalto che tagliava il silenzio. Accanto a me, Patrick stava seduto, ma io non riuscivo a guardarlo.
Fissavo il panorama che scorreva dietro il finestrino, senza vederlo davvero. I miei occhi erano vuoti, persi in un luogo che sembrava distante anni luce. Dentro di me, tutto stava esplodendo in un turbine di emozioni che non riuscivo a tenere a bada.
"Non posso lasciare il mio mondo così," disse finalmente, la voce rotta, quasi un sussurro. "È tutto ciò che conosco."
Patrick la fissò per un istante, i suoi occhi caldi e fermi. Poi, senza abbassare lo sguardo, rispose con un tono che non ammetteva repliche. "Non ha senso rimanere lì, a sprecare la tua vita. Hai un'opportunità che tante persone sognano... E io posso darti tutto quello che hai sempre voluto. Non devi accontentarti di una vita mediocre. Tua madre..." fece una pausa, come se stesse scegliendo le parole giuste. " lei non avrebbe voluto questo per te."
Le sue parole mi colpirono come un pugno allo stomaco, ma non riuscii a reagire. Rimasi immobile, gli occhi fissi davanti a me, cercando di raccogliere i pezzi di me stessa. Il respiro mi si fece più pesante, come se l'aria stessa fosse diventata troppo densa da respirare. Non riuscivo a sentire altro che il vuoto dentro di me. La morte di mia madre era ancora troppo fresca, troppo reale, e nessuna parola, nemmeno quelle di Patrick, riusciva a farmi sentire più forte.
"Non è così semplice," mormorai alla fine, ma la mia voce tremava. Cercai di sembrare forte, ma dentro di me sentivo che stavo cedendo. "Non lo capisci. Non capisci cosa significa perdere tutto."
Patrick mi guardò intensamente, ma non si mosse.
Non mi lasciava scappare, non mi lasciava andare.
Sapeva che stavo lottando contro qualcosa di più grande di me, ma non sembrava voler mollare.
"Non devi perdere tutto, Caroline," disse con fermezza. "Non devi. Ma se resti lì, con quel peso, rischi di perdere te stessa. E tua madre non lo avrebbe mai voluto."
Chiusi gli occhi per un istante, come se sperassi che, chiudendo gli occhi, potessi dimenticare tutto per un attimo.
L'auto scivolava lungo la strada, ma la tensione tra noi era palpabile. La voce di Patrick continuava a risuonare nella mia testa, ma invece di accoglierla, mi sentivo come se dovessi rispondere a ogni parola con un sorriso amaro.
"Ah, ora ti preoccupi di me?" dissi, facendo una risata breve, quasi priva di allegria. "Fantastico, Patrick, davvero. Dopo anni di assenza, finalmente ti fai vivo.
Dev'essere difficile, no? Solo perché mia madre è morta, pensi che adesso sia il momento giusto per fare il padre. Come se il fatto che non ci sia più ti autorizzasse a... a cosa, a venire a salvarmi?"Lo guardai, lasciando che la mia voce fosse velata da un sarcasmo pungente.
"E sai una cosa?" continuai, inclinandoci un po' verso di lui, come se mi stesse facendo un favore. "Non sarai mai neanche la metà di lei. Ma nemmeno lontanamente. Non so perché ci speri, ma ti avverto:
non c'è possibilità."
Mi sentivo quasi divertita dalla mia stessa crudeltà, ma era l'unico modo che avevo per mascherare il fastidio che mi stava invadendo. Patrick era lì, a cercare di convincermi che aveva qualcosa da offrirmi, ma non riusciva a vedere l'ovvio.
"Che cosa pensavi?" aggiunsi, la voce bassa e tagliente. "Che il tuo ritorno improvviso potesse risolvere anni di assenza? Bravo, davvero. Ma, spoiler: non funziona così."
Patrick non disse nulla per un momento, come se non si fosse aspettato quella reazione. E forse non lo aveva fatto. Forse si era illuso che fosse sufficiente la sua presenza per colmare il vuoto che aveva lasciato.
Ma io non avevo bisogno di lui, non ora.
Mi appoggiai al finestrino, il viso composto, mentre dentro di me c'era solo una piccola, crudele soddisfazione nel vederlo così confuso.
Patrick rimase in silenzio per un momento, come se avesse bisogno di elaborare le parole che gli avevo appena lanciato. Poi, con un sospiro, abbassò lo sguardo, ammettendo ciò che non si aspettava di dover dire.
"Hai ragione," disse finalmente, la voce più bassa del solito. "Non avrei dovuto comportarmi così. Sono stato egoista e mi dispiace davvero Caroline. E ora, dopo la morte di tua madre, mi rendo conto che non posso tornare e pensare che tutto si aggiusti con una chiacchierata."
Mi fissò, e per un attimo sembrò sinceramente sorpreso dalla mia reazione, ma non c'era nulla di più che il peso di un passato che non si poteva cancellare.
"Hai ragione," ripeté, quasi a confermare a se stesso la sua colpa.
Per un istante, restai senza parole. Mi aspettavo la solita risposta da parte sua, ma quella ammissione di colpa mi colpì più di quanto volessi ammettere.
"Non pensavo che lo avresti mai detto," risposi, incredula, ma la mia voce tradiva una sfumatura di sorpresa. "Ma va bene. Continua."
Patrick si rilassò un po', ma il suo volto tornò serio.
"Non voglio mettere troppa pressione su di te," iniziò,
"ma vorrei che tu sapessi che la mia intenzione è solo quella di permetterti di vivere senza preoccupazioni economiche. Voglio che tu stia tranquilla, senza che questo incida sulla tua vita. Se posso fare qualcosa per aiutarti, lo farò."
Mi guardò con un'espressione più morbida, ma c'era ancora un velo di determinazione nel suo sguardo.
"E, onestamente, spero che tra noi possa nascere un rapporto. Un vero rapporto, anche se le cose sono complicate."
Restai in silenzio per un momento, analizzando ciò che mi stava dicendo. Sembrava sincere, ma c'era ancora qualcosa di difficile da comprendere in lui. E poi, senza preavviso, aggiunse qualcosa che mi fece rabbrividire.
"Ma c'è una condizione," disse, incrociando le braccia, come se stesse preparando una trattativa. "La mia vita politica è importante per ne. Non voglio che la tua presenza, o quella di mia figlia, interferisca con quello che sto cercando di costruire. Dobbiamo fare in modo che la tua presenza nella mia vita non influenzi la mia carriera, perché, come ben sai, non posso permettermi che la mia immagine venga
intaccata."
Mi colpì come una doccia fredda. La politica, ovviamente, era la sua vita. Lo sapevo bene. E ora, mi stava chiedendo di accettare che la nostra relazione fosse tenuta nell'ombra, come se dovessi vivere nell'ombra di qualcosa che non avevo scelto.
"Quindi," dissi lentamente, cercando di comprendere il senso di ciò che stava dicendo, "tu vuoi una figlia, ma non vuoi che la tua carriera venga messa a rischio per lei? È questo?"
Patrick con, la sua espressione seria. "In politica, ogni dettaglio conta, Caroline. E non voglio che il mio legame con te, o con lei, diventi un punto di discussione. Non ora, non quando sono a un passo da diventare governatore."
Lo guardai, incredula. Non potevo credere che mi stesse chiedendo una cosa simile. Eppure, in un certo senso, lo capivo. Patrick non era solo un uomo qualunque; era un personaggio pubblico, e ogni passo che faceva doveva essere calcolato. Ma non potevo fare a meno di sentirmi come se stessi diventando un accessorio nella sua vita politica, un dettaglio da nascondere per non danneggiare la sua immagine. "Va bene," dissi, più per me stessa che per lui. "Ma c'è una cosa che devo dirti."
Patrick mi guardò, incuriosito.
"Come pensi di giustificare la mia presenza, la tua 'figlia', ai tuoi elettori e ai media? Come spiegherai tutto questo?" La domanda uscì più acida di quanto avessi voluto, ma la verità era che non riuscivo a capire come avrebbe potuto mascherare tutto questo.
Patrick sospirò, guardandomi con un'espressione che non avevo mai visto prima. "Abbiamo pensato a questo," disse. "La storia che racconteremo è semplice. Caroline è stata presa sotto la mia tutela dopo che una vecchia amica di famiglia, che non era mai stata coinvolta nel mondo pubblico, è venuta a mancare. Sua madre mi aveva chiesto, tempo fa, di occuparmi di lei se fosse successo qualcosa, e ora che la madre è morta, è giunto il momento di onorare quella promessa."
Rimasi in silenzio, guardandolo. Una parte di me lo trovava credibile, ma un'altra parte lo vedeva per quello che era: una mossa calcolata, un espediente per nascondere la verità.
"E tu pensi che i media e gli elettori lo accetteranno senza domande?" chiesi, cercando di mascherare la disillusione nella mia voce.
"Se lo facciamo nel modo giusto," rispose Patrick,
"nessuno metterà in dubbio la veridicità della storia.
Sarà una questione di famiglia, un atto di responsabilità e amore. Non intendo farti vivere come una 'figlia illegittima' in pubblico, Caroline. E se tutto andrà come deve andare, questa sarà la nostra verità."
Mi colpì come si fosse completamente allineato con l'idea di nascondere la nostra realtà, ma sapevo che non avevo molta scelta. Alla fine, avevamo bisogno di una storia, e questa sembrava l'unica che avrebbe funzionato per lui.
STAI LEGGENDO
L'erede nascosta
Teen FictionCaroline è cresciuta nei quartieri popolari, convinta che la sua vita sarebbe rimasta sempre uguale. Ma quando sua madre muore all'improvviso, il mondo che conosceva crolla: scopre che il suo vero padre è un potente imprenditore che l'ha tenuta nasc...