Mi trovavo nella mia stanza, seduta sul bordo del letto, con le mani intrecciate e i pensieri che mi ronzavano in testa. La cena con Patrick e la famiglia Allen mi ossessionava. Sentivo il cuore martellare nel petto, e ogni volta che cercavo di calmarmi, la tensione aumentava. Mi sembrava di avere un peso sullo stomaco, come se l'aria nella stanza fosse diventata improvvisamente più densa.
L'ambiente intorno a me, quella stanza perfettamente arredata, mi metteva ancora più a disagio. Sembrava studiata per accogliere chiunque, eppure io mi sentivo fuori posto, come un'estranea. Ogni dettaglio, dalla morbidezza del tappeto sotto i miei piedi al profumo appena accennato delle lenzuola, mi ricordava quanto quella vita fosse lontana da quella che avevo conosciuto. Mi chiedevo se Patrick mi osservasse da lontano, cercando di capire chi fossi davvero e, soprattutto, se stessi deludendo le sue aspettative.
Le domande mi tormentavano, una dopo l'altra, ma non c'era risposta: e se facessi un errore? E se dicessi qualcosa di sbagliato? Il peso dell'inadeguatezza mi stringeva lo stomaco. Mi alzai e iniziai a camminare avanti e indietro, guardandomi intorno senza sapere cosa fare.
Il rumore ovattato della casa mi sembrava quasi amplificato: il passo pesante di Patrick che si muoveva al piano di sotto, qualche voce lontana, forse di Marianne. Ogni suono mi riportava alla realtà di quella serata imminente. Sapevo che presto avrei dovuto affrontarla, ma in quel momento avrei voluto solo nascondermi, allontanarmi da tutto.
Mi fermai davanti allo specchio. La mia immagine riflessa mi fissava, e io cercavo di convincermi che potevo farcela. Ma sotto la superficie, il dubbio continuava a tormentarmi: E se non fossi abbastanza per questa famiglia?
Mi alzai e mi avvicinai alla finestra, guardando fuori, cercando di trovare un po' di calma. Ma niente sembrava calmarmi. Non riuscivo a fare a meno di sentire l'ansia crescere dentro di me. "E se non piaccio?" pensai. "E se non sono abbastanza per stare qui?"
La porta si aprì lentamente, e Marianne entrò per prima, il suo sorriso sempre caloroso, come se volesse infondere un po' di calma nell'aria tesa che sembrava avvolgermi. Mi guardò con una certa preoccupazione, il suo sguardo dolce che cercava di rassicurarmi.
"Caroline, tutto bene?" chiese con una voce morbida, mentre si avvicinava e si sedette accanto a me, cercando di abbattere la distanza che mi separava dal resto del mondo in quel momento. Il suo tono era tranquillo, ma la gentilezza che emanava non riusciva a calmare completamente la tempesta di ansia che sentivo crescere dentro di me. Le mani tremavano impercettibilmente, e il pensiero della cena imminente mi rendeva il respiro corto.
Non riuscivo a liberarmi dall'immagine di Victoria Allen, la matriarca della famiglia, che mi scrutava con occhi critici. Mi sembrava di percepire la sua presenza già nella stanza, come una figura imponente che, in ogni movimento, in ogni parola, avrebbe analizzato ogni mio gesto. Non avrei mai potuto essere abbastanza per lei, e lo sapevo. Ecco perché, nonostante le parole di Marianne, il mio cuore non smetteva di battere forte, in preda all'ansia.
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L'erede nascosta
Teen FictionCaroline è cresciuta nei quartieri popolari, convinta che la sua vita sarebbe rimasta sempre uguale. Ma quando sua madre muore all'improvviso, il mondo che conosceva crolla: scopre che il suo vero padre è un potente imprenditore che l'ha tenuta nasc...