Capitolo 10

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Evan Pierce

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Evan Pierce.

La luce del mattino filtrava dalle tende socchiuse, disegnando strisce dorate sulle pareti. Mi rigirai nel letto, ancora immersa in quel torpore tra sogno e realtà. Un rumore leggero mi fece sobbalzare. Aprii gli occhi e vidi Helena che armeggiava con le tende, cercando di aprirle senza fare troppo rumore.

"Buongiorno, signorina," disse Helena con il suo tono educato, ma c'era quella familiarità che ormai cominciavo a riconoscere. "Stavo per svegliarla, ma sembra che ci abbia pensato il sole prima di me."

Mi tirai su, strofinandomi gli occhi e cercando di fare ordine nei miei pensieri. La cena di ieri sera era ancora viva nella mia mente, con tutta la tensione che mi aveva lasciato. "Helena," iniziai con voce bassa, "non era necessario svegliarmi. Avrei potuto farlo da sola."

Helena si voltò verso di me con un sorriso appena accennato, le mani intrecciate davanti al grembo. "Non è un disturbo, signorina. E poi, oggi è un nuovo giorno. Non vale la pena lasciarsi appesantire da ciò che è stato ieri."

Lasciai cadere le spalle, un sospiro mi sfuggì dalle labbra. "È più facile a dirsi che a farsi. Quella cena... è stata un disastro. E non so se sarò mai abbastanza per questa famiglia."

Helena si avvicinò al letto, abbassando leggermente la voce, come se volesse condividere un segreto. "Le famiglie... sono strane. Sono fatte di persone, e le persone sono complesse. La signora Victoria, con tutto il rispetto, non è un'anima facile. Ma le assicuro che non tutti la vedono come lei."

Alzai lo sguardo, cercando di capire. "Vuoi dire Patrick?" chiesi, con una punta di dubbio.

Helena annuì discretamente. "Il signor Patrick è un uomo che parla poco, ma osserva molto. Non avrebbe portato qui una persona che non riteneva importante. Se lui la considera parte della famiglia, allora non ha nulla da temere."

Le parole di Helena mi diedero una sorta di conforto, anche se non riuscivo a scrollarmi di dosso il senso di inadeguatezza. "Non so... mi sento sempre come se dovessi dimostrare qualcosa. Come se fossi una presenza estranea."

Helena fece un piccolo sorriso, inclinando la testa. "Forse è così, per ora. Ma il tempo e le azioni cambiano tutto. Lei ha un carattere forte, signorina, e non passa inosservato. La gente la vedrà per quello che è, prima o poi. E se non lo faranno, beh, allora è un problema loro."

Non potetti fare a meno di sorridere debolmente. C'era qualcosa nel modo schietto ma rispettoso di Helena che riusciva a mettermi a mio agio. "Grazie, Helena," mormorai.

Helena si raddrizzò, tornando al suo portamento impeccabile. "È il mio lavoro, signorina. Ora si alzi, la colazione l'aspetta. E con essa, un nuovo giorno. Non lasci che ieri le rovini quello che potrebbe essere oggi."

Annuii, sentendo un filo di determinazione riaccendersi dentro di me. Helena aveva ragione. Forse il passato non poteva essere cambiato, ma il presente era ancora tutto da scrivere.

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