Marianne aveva deciso di invitare i Pierce a cena, e la notizia mi arrivò come un colpo al cuore, un pugno dritto allo stomaco, per essere più precisi. Non tanto per la compagnia di Marianne, che adoravo, quanto per la prospettiva di dover affrontare lui di nuovo. Evan Pierce. Il ragazzo che avevo incontrato in quella galleria d'arte, con il suo sorriso da "mi piace vincere facile" e quella lingua affilata come una lama. Era riuscito a farmi arrabbiare più di chiunque altro, ma... non riuscivo a togliermelo dalla testa. E, in qualche modo, questa cosa mi dava sui nervi ancora di più.
Marianne cercò di dipingere l'invito come una di quelle cene improvvisate che organizzava di tanto in tanto. Ma non ci casai. Quella cena era una trappola, e ne ero certa. Una trappola elegante, curata nei minimi dettagli, con tovaglie di lino immacolate e bicchieri di cristallo scintillanti. Il palcoscenico perfetto per Evan, che avrebbe sicuramente trovato il modo di stuzzicarmi con quel suo sorriso sfrontato e le sue battute affilate come rasoi.
Immaginavo già la scena: io seduta a quel tavolo, lui che mi fissava come se fossi un rompicapo da risolvere. Non ero pronta per questo, e non lo sarei mai stata. Ma che opzioni avevo? Fingere un malore per scappare prima che iniziassero a portare i piatti? No, dovevo affrontarlo. Anche se, ammettiamolo, non ero sicura di poter reggere le sue battute senza versare il vino addosso a qualcuno.
E poi, c'era quel dettaglio odioso: nonostante lo odiassi profondamente, non potevo negare che Evan Pierce fosse... bello. Fastidiosamente bello. Quel tipo di bellezza che ti fa distrarre e ti spinge a dire cose stupide. E, peggio ancora, era anche intelligente. Non nel senso che si sforzasse di esserlo, ma nel modo in cui lo usava contro di te, infilando frecciatine con una precisione chirurgica. Insomma, un tipo da evitare come la peste. Eppure, eccomi qui, a prepararmi per un faccia a faccia.
Scegliere cosa indossare fu una vera e propria battaglia. Volevo sembrare indifferente, ma non troppo da sembrare annoiata. Dopo venti minuti passati davanti all'armadio, alla fine scelsi un blazer nero che diceva "ho tutto sotto controllo" e un paio di scarpe che speravo mi facessero sembrare più sicura di quanto mi sentissi. O almeno, era l'idea.
Più mi avvicinavo al momento, più mi chiedevo perché mi importasse così tanto. Chi pensava di essere Evan Pierce, per meritare tutto questo spazio nella mia testa? Un arrogante con il guardaroba impeccabile e una lingua tagliente. Eppure, nonostante tutto, c'era una parte di me che non vedeva l'ora di dimostrargli che non ero così prevedibile come lui pensava.
E così, quando la porta si aprì e Marianne mi chiamò, sapevo che non avevo altra scelta che andare e affrontare tutto. Ma in cuor mio, speravo solo che quel ragazzo non mi facesse perdere la testa. Perché, nel fondo, sapevo che se avessi ceduto, avrei perso in partenza.
La casa era perfetta, troppo perfetta. Helena aveva preparato tutto con attenzione: la tavola era apparecchiata con eleganza, i piatti erano quelli che Marianne adorava, e l'odore del cibo che cucinava Helena stessa per la cena aleggiava nell'aria.
STAI LEGGENDO
L'erede nascosta
Teen FictionCaroline è cresciuta nei quartieri popolari, convinta che la sua vita sarebbe rimasta sempre uguale. Ma quando sua madre muore all'improvviso, il mondo che conosceva crolla: scopre che il suo vero padre è un potente imprenditore che l'ha tenuta nasc...