Capitolo 3

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Scivolai fuori dall'auto, i piedi ben piantati a terra, senza nemmeno un accenno di inciampo (era un buon inizio)

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Scivolai fuori dall'auto, i piedi ben piantati a terra, senza nemmeno un accenno di inciampo (era un buon inizio). La villa davanti a me era qualcosa che non avevo mai visto prima. Imponente, perfetta, come una di quelle case da film che sembrano troppo belle per essere vere.

"Wow," dissi, alzando lo sguardo e scuotendo la testa. "Questa è davvero... qualcosa. Senti, Patrick, hai comprato una villa o un intero paese?"

Lui mi guardò con il suo solito sorriso sereno. "È solo casa."

"Casa?" riposi, cercando di non ridere. "E dove mettiamo il supermercato, il parco e l'ospedale? Perché a questo punto mi aspetto di trovare anche un intero quartiere nascosto da qualche parte."

Patrick fece un mezzo sorriso, ma non sembrava sorpreso dalla mia ironia. "È un po' più grande di una casa, lo ammetto."

"Un po'?" risposi, guardando il cortile che sembrava più grande di qualche stadio. "Questa non è una casa, è una sfida alle leggi della fisica. Penso che potrei passare tutta la vita a cercare l'uscita."

Mi avvicinai al portone principale, che sembrava così grande che avrei giurato che avrebbe richiesto una patente speciale per entrare. "E tu ci vivi davvero qui? O è solo una cosa da weekend?"

Patrick mi lanciò un'occhiata, quasi divertito, mentre proseguivamo. "Ci vivo, sì. Per quanto tu possa sembrarti piccola accanto a una cosa così grande, ti ci abitui."

"Sì, certo," dissi, "e il giorno che smetto di sentirmi come se fossi in una favola che ha preso una piega strana, fammelo sapere."

Mi fermai un momento, guardando tutto quello che mi circondava. La villa, le statue, le fontane che zampillavano come se non avessero mai avuto un'altra destinazione. "Ma, sai, Patrick," aggiunsi, con un sorriso che non riuscivo a trattenere, "è bello vedere che almeno un po' di soldi sono stati spesi per far sembrare la vita... interessante."

Patrick, con la sua calma tipica, alzò le spalle. "Preferisco una casa interessante a una noiosa."

"Questa," dissi, mentre osservavo di nuovo la grandezza della villa, "è un'opera d'arte. Ma, per favore, dimmi che almeno i mobili sono comodi. Non voglio rischiare di trovare divani che sembrano sculture."
Mi voltai verso Patrick, che trasudava la stessa sicurezza di chi è abituato a tutto questo. Non potevo trattenermi, e l'ironia che mi caratterizzava si fece largo nelle parole che uscii fuori senza pensarci troppo.
"Impressionante," dissi, guardando la villa. "Senti, Patrick, hai proprio i soldi da buttare, eh? Però non hai mai pensato di darci una mano."
Lui mi guardò per un attimo, sorridendo lievemente, ma c'era qualcosa di diverso nella sua espressione.
Un'espressione che sembrava voler nascondere una verità che non mi era ancora del tutto chiara. "'Ci ho provato,' disse Patrick, con quella calma che a volte ti fa venire voglia di gridare. 'Margaret non ha mai accettato. Orgoglio, diceva.'
'Ah, sì, l'orgoglio,' replicai, il sarcasmo quasi fuori controllo. 'Forse non volevi provarci davvero.'
Patrick mi guardò, e per un attimo vidi qualcosa nei suoi occhi. Colpa? No, impossibile. Lui non conosceva quella parola."
Guardai la villa una volta di più, cercando di non farmi sopraffare dalla sua grandezza. "A questo punto, non è solo questione di soldi," dissi, quasi parlando con me stessa. "E tutto un altro mondo, un mondo che... è difficile anche solo immaginare, figuriamoci viverci."
Patrick si limitò a guardarmi, senza dire una parola.
Non c'era bisogno di aggiungere altro. La villa parlava da sola.

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