Capitolo 9

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Victoria Allen

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Victoria Allen.

Attraversammo il vialetto in silenzio, io e Patrick. I nostri passi risuonavano lievi, quasi ovattati, mentre mi avvicinavo sempre più a quella villa imponente che mi osservava dall'alto, come per soppesare chi stesse osando varcarne la soglia. Ogni metro che ci separava dalla porta sembrava dilatarsi, trasformando il breve tragitto in un percorso interminabile.

Patrick si fermò un attimo, girandosi verso di me con un cenno rassicurante. Era il suo modo per dirmi che tutto andava bene, che non dovevo preoccuparmi. Ma il nodo che sentivo in gola non si scioglieva. Feci un respiro profondo e, stringendo i pugni per trovare un minimo di forza, seguii il suo passo oltre la soglia.

Entrammo in un mondo a parte. L'ingresso era imponente, con marmi lucidi e un'eleganza che non lasciava spazio a dubbi: "Guardate chi siamo." Ma nonostante tutto, c'era un'accoglienza insospettabile nel profumo di candele e nel calore del legno che rivestiva le pareti. Non un lusso freddo, ma un benessere sapientemente esibito.. Non era un freddo ostentato, ma un lusso vissuto, consapevole di sé. Sembrava che ogni angolo volesse urlare: "Benvenuti nel regno della perfezione." Eppure, non riuscivo a scrollarmi di dosso la sensazione che mi stessero osservando come una mosca bianca.

Fu Victoria a comparire per prima. La sua figura alta e slanciata riempì la stanza con una grazia studiata. I capelli raccolti in un'acconciatura impeccabile e l'abito sobrio, ma elegantissimo, sembravano gridare perfezione. Quando vide Patrick, il suo sorriso si illuminò, ma nei suoi occhi c'era un bagliore misurato, quasi valutativo. Probabilmente stava già cercando di capire quale fosse il mio posto in questo angolo di mondo dorato.

"Patrick, finalmente!" esclamò, avanzando con passo deciso verso di noi.

Patrick ricambiò il sorriso, ma prima che Victoria potesse prendere il controllo della situazione, mi presentò con naturalezza. "Victoria, questa è Caroline. Caroline, lei è mia madre."

Incontrai lo sguardo di Victoria con il miglior sorriso che riuscii a sfoderare, anche se la stretta al petto era inconfondibile. "Piacere di conoscerla," dissi, cercando di mantenere il tono fermo, anche se la tensione mi tradiva. Piacere, sì. Come se fossi entrata nella tana del lupo e non vedessi l'ora di essere mangiata.

"Piacere mio, Caroline," rispose Victoria, con un sorriso cortese, ma distaccato. Era come se i suoi occhi stessero cercando di leggere dentro di me, scrutando ogni gesto, ogni sfumatura della mia voce.

Poi arrivò Christian. Alto, con tratti marcati e un'espressione seria, quasi indecifrabile. La sua presenza era... ingombrante. Non che fosse una sorpresa. La famiglia sembrava coltivare una certa aura di "superiorità" nei confronti del resto del mondo. Quando mi porse la mano, mi sentii osservata, come se anche lui cercasse di capire chi fossi, se fossi abbastanza. Sospettavo che si aspettasse un colpo di scena, magari una rivelazione che avrei avuto il potere di trasformare in qualcosa di straordinario. Se solo avessi avuto una bacchetta magica.

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