A Seoul, la neve cadeva leggera, imbiancando la città in un'atmosfera fiabesca e natalizia oltre a portando con sé l'odore delle castagne arrosto e delle spezie natalizie.
Le luci scintillavano sui rami degli alberi, riflettendosi nelle pozzanghere ghiacciate e creando un'atmosfera quasi irreale. Indossavo un cappotto lungo, una sciarpa di lana rossa e guanti spessi, ma il freddo riusciva comunque a penetrare, facendomi rabbrividire.
Io, Y/n, mi ero trasferita lì per lavoro. Era il mio secondo Natale lontano dall'Italia, e la nostalgia si faceva sentire. Avevo accettato un incarico temporaneo a Seoul per lavorare in una piccola agenzia di traduzioni, attratta dalla cultura e dall'idea di un'avventura lontano da casa. Ma ora, con le festività alle porte, mi sentivo più sola che mai.
Mi aggiravo tra i mercatini natalizi cercando qualcosa da regalare ai miei colleghi, sperando che lo shopping potesse sollevarmi il morale. Amavo l'atmosfera natalizia, ma la distanza da casa rendeva quel periodo un po' malinconico.
Dopotutto, non avrei potuto passarlo con la mia famiglia.Proprio mentre mi chinavo per osservare alcune decorazioni fatte a mano, un rumore alle mie spalle mi fece voltare di scatto. Non mi accorsi della scatola dietro di me e inciampai, finendo addosso a un uomo che portava una pila di pacchetti regalo.
«Attenta!» esclamò lui, cercando di bilanciare i pacchi, ma invano: finimmo entrambi a terra, tra pacchetti sparsi e imbarazzo. Io sicuramente più di lui.
Mi scusai in un mix di italiano e inglese, circondata da scatole e nastri, il viso in fiamme per l'imbarazzo «Oh, mi dispiace tantissimo!» balbettai in inglese, cercando di raccogliere i pacchetti mentre l'uomo, però, si mise a ridere. Era un suono caldo, sincero, che contrastava con il freddo della sera.
«Non preoccuparti,» rispose in un inglese sorprendentemente fluente. «È Natale. Non c'è Natale senza qualche piccolo disastro.» era strano. Di solito agli asiatici non piaceva parlare in inglese eppure lui lo sapeva benissimo.Grazie al cielo.
Alzai lo sguardo e lo vidi per la prima volta. Aveva i capelli scuri che spuntavano disordinati da sotto un cappello di lana, occhi profondi e un sorriso che sembrava sciogliere il ghiaccio «Davvero, mi dispiace. Posso aiutarti?» insistette lei, sentendosi ancora più goffa sotto il suo sguardo.
«Sei già caduta abbastanza. Non vorrei che ti facessi male.» La sua voce era dolce, ma con un tono leggermente scherzoso. «D'accordo, ma almeno lasciami offrirti un caffè. È il minimo che posso fare.»
Lui ci pensò per un momento, poi annuì. «Perché no? Anche perché ho appena perso il mio caffè per colpa tua.» Indicò un bicchiere di carta vuoto che giaceva ribaltato nella neve. Mi sentii ancora più in imbarazzo di quel che ero già.
Lo aiutai a raccogliere i suoi regali, ci sedemmo in una piccola caffetteria poco distante da lì, un luogo accogliente con luci soffuse e il profumo di cioccolata calda nell'aria. Parlammo a lungo, scoprendo di avere molto più in comune di quanto avessimo immaginato. Entrambi amavamo i libri anche se di generi diversi, la musica jazz e... entrambi eravamo single.
Lui si chiama Jungkook, aveva 32 anni e lavorava come professore di motoria in un liceo lì nei dintorni. Io gli raccontai del mio lavoro da traduttrice, della mia famiglia in Italia e della difficoltà di vivere da sola in un paese così diverso dal mio, dopotutto, cosa potevo raccontargli?
Quella era solo la mia piccola e breve storia.
«Seoul è bellissima,» dissi, stringendo tra le mani una tazza fumante di cioccolata calda e guardando verso di essa. Visto che eravamo così vicini, avevo notato quanto fosse bello e non guardarlo mi permetteva di non fare altre figure pessime «Ma a volte mi sembra di essere invisibile tra tutte queste persone. Tutti qui sono sempre così... indaffarati.»
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𝑂𝑁𝐸𝑆𝐻𝑂𝑇 & 𝐼𝑀𝑀𝐴𝐺𝐼𝑁𝐴 - 𝐽𝐽𝐾🔞💕
FanfictionRaccolta di Oneshot su Jungkook -smut 🔞 Ci saranno ogni tipo di oneshot sul nostro caro Jungkook. Ogni cosa che vi passa nella mente, potrebbe essere scritta qui. Aggiornerò quando avrò qualcosa in mente