Capitolo 1. Una mano fortunata.

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Harry pov's
Il vento soffiava fuori dal locale. Tenevo strette le mie carte mentre ero seduto su una scomoda sedia in legno. Il mio compagno di gioco era teso quanto me, gli si poteva intravedere un nervo pulsante sulla tempia, anche se leggermente nascosto dai capelli rossi. Dalle finestre filtravano dei dolci raggi solari mattutini che scaldavano l'atmosfera. Avevamo scommesso tutti i nostri risparmi in quella partita, anche se miseri a noi consentivano la sopravvivenza. Lanciai un occhiata brevettata a Ron che mi guardò leggermente irato. Buttò giù le sue carte. -Niente.- disse con delusione. Io sorrisi appena è andai a fissare gli slavi seduti di fronte a noi. -Sven...- dissi calmo. Lui gettò bruscamente le carte sul tavolo e senza dire una parola guardò il suo compagno. -Olaf...- dissi io sempre mantendendo la calma. L'amico fissava le carte 'inutili' dell'altro e sorrise. Poggiò le carte sul tavolo e guardò il premiò che gli sarebbe spettato con avidità. C'erano circa cinquanta dollari e due biglietti di terza classe per il Titanic, quella nave sarebbe salpata fra dieci minuti verso l'America. -coppia.- disse freddamente. Io guardai il mio amico deluso. -Ron... Mi dispiace davvero tanto...- dissi piatto. -ti dispiace? Non abbiamo più un soldo!- sbottò. -Mi dispiace davvero tanto...- ripetei io a voce più alta. -che non rivedrai tua madre per un po' amico, noi partiamo per l'America!- urlai saltano in piedi e buttando le mie carte scoperte sul tavolo, -colore amico.- dissi sogghignando. -Oddio brutto figlio di puttana vieni qui!- gracchiò abbracciandomi. I due svedesi ancora seduti ci guardarono inferociti. Fuori si sentivano gli ultimi fischi per salpare. -sbrigati, prendi tutto!- dissi. Ron si tolse il cappello e vi getto dentro tutto il denaro afferrando i due biglietti. Iniziammo a correre insieme verso l'uscita del pub. -aspettateci!- urlò freneticamente il rosso correndo verso la nave. -fermi!- urlai passando attraverso una massa di persone che salutavano dal basso all'alto i passeggeri già a bordo. Il sole batteva forte nonostante il vento soffiasse impetuoso. Mi sistemai gli occhiali e arrivammo all'entrata passeggeri di terza classe. Salimmo velocemente la passerella e un un uomo di mezza età in divisa ci bloccò. -biglietti?- chiese aspro. Ron alzò il braccio frettolosamente e mostrò i nostri biglietti. -️bene, avete fatto il controllo sanitario?- chiese con una lieve punta di disgusto squadrando me e il mio amico. -certo!- dissi freneticamente. Lui fece una piccola smorfia e ci lasciò passare. Iniziai a ridere febbrilmente mentre correvo inisieme al rosso per trovare la nostra cabina. -dobbiamo scendere alcuni piani!- urlò lui nella confusione generale. Passammo di fianco a dei ricconi schifati dal comportamento dei passeggeri del nostro rango. -è tutto così fottutamente lussuoso!- dissi mentre rallentavo il passo. -numero della cabina?- chiesi successivamente. -358- rispose di fretta. Scendemmo quasi quattro rampe di scale prima di arrivare al corridoio in cui erano situati i nostri alloggi. Sotto c'era, se possibile, ancor più caos, bambini che piangevano uomini burberi con le valige in mano tutti compressi in uno stretto corridoio. -eccola!- dissi appoggiando la mano sul pomello e girando per aprire. Dentro c'erano altri due ragazzi, uno di colore e l'altro con uno sguardo sveglio. -io il letto sopra.- intimai a Ron saltando sul mio. La camera era angusta ma accogliente, due letti a castello è un piccolo comò su cui posava una lampada in tela. -salve, io sono Ron, Ron Weasley, e lui è Harry.- disse il mio amico ai due che ci fissavano perplessi. -Harry Potter.- specificai io. -Io sono Seamus...- disse il più basso cercando di sorriderci nonostante era in palese disorientamento. -io Dean.- disse l'altro li vicino. -ci vediamo dopo.- dissi con un sorriso smagliate, su, sbrigati, andiamo ad esplorare questo posto!- esclamai. Quando finì questa frase la nave ebbe un forte scossone che mi fece traballare. -siamo partiti.- disse aggrappandosi al corrimano per non cadere. Mi sorrise e appena riuscimmo a stare in piedi senza doverci aggrappare alle pareti iniziammo il nostro percorso d'esplorazione. I corridoi non erano più affollati, bensì ora c'era davvero poca gente, probabilmente si trovavano tutti sul ponte a godersi l'oceano. Salimmo alcune rampe di scale e uscimmo. Andai subito a schiacciarmi contro la ringhiera per guardare la terra ferma che si allontanava velocemente. -stiamo andando in America amico mio!- urlò Ron a squarcia gola. -guarda!- dissi io indicando le acque sottostanti. Dei pesci argentati ci seguivano a nuoto saltato fuori dall'acqua. Scossi la testa, mi sembrava tutto impossibile, appena venti minuti prima mi trovavo in un bar a rischiare il tutto per tutto, e ora, ero lì sul Titanic, la nave dei sogni, l'inaffondabile. Indietreggiai fino a sedermi su una panchina al sole poco lontana da lì, mi sfilai dalla tasca una sigaretta e la appoggiai delicatamente fra le mie labbra. Prontamente mi sfilai anche un fiammifero e lo accesi per poi accendere la cicca. -altro che paradiso, eh?- chiese Weasley sedendosi vicino a me. Io annuii compiaciuto. Mi guardai in torno per ammirare la solennità di quel posto, poi ad un certo punto notai un ragazzo appoggiato alla ringhiera del ponte più alto, aveva lo sguardo fisso nel vuoto, i capelli platino ordinati nonostante il vento, indossava degli eleganti pantaloni a sigaretta neri e una giacca color carbone con una cravatta verde, aveva i lineamenti affilati e la pelle candida che risaltava al sole. I suoi occhi per quanto cupi, brillavano. Poi, come se avesse percepito il mio sguardo su di lui, si voltò verso di me. I nostri sguardi si incatenarono per qualche secondo, anche in lontananza notai che i suoi occhi erano di un'argento innaturale. Poi qualcuno alle sue spalle interruppe bruscamente quel momento. Non sentivo le loro voci, ma l'uomo più anziano vicino a lui parlava con ira e gesticolava. Anche lui aveva addosso una veste nera, e i suoi capelli erano bianchi, come quelli del presunto figlio, un po' di barbetta incolta lo rendevano un tipo autoritario. Poi il ragazzo urlò qualcosa che non raggiunse le mie orecchie e corse via velocemente stringendo i pugni, mantenendo comunque l'eleganza di un passeggero di prima classe. Non mi accorsi che durante tutto questo avevo già finito la sigaretta e arrivai quasi a bruciarmi le dita. Buttai il mozzicone per terra e lo pestai, mi rimase impresso lo sguardo enigmatico di quel ragazzo.

Questo era il primo capitolo di Titanic adattato alla Drarry, lasciate una stellina e commentate, spero davvero che vi sia piaciuto.

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