Incidenti di percorso .

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Il mattino seguente ripartiamo poco dopo il sorgere del sole. Quando Janice si avvicina ai corpi dei miei amici ancora avviluppati nel torpore del sonno, io sono già sveglia. Lo sono da quasi un'ora, credo. Ho visto il cielo rischiararsi e diventare color zaffiro, mentre l'oscurità si trasformava in una nebbia buia dai tentacoli sempre più inconsistenti. Sono rimasta affascinata da quello spettacolo per tutto il tempo necessario a potersi dire mattino. Vorrei essermi svegliata per via della mancanza di sonno, ma non è così ; è stato per via di un incubo che non mi ha più permesso di riaddormentarmi. Nel sogno ero ancora nella città Subterranea e una siringa dall'ago gigantesco mi perforava il collo, iniettando un liquido di colore rossastro, come quel frutto ruvido dalle piccole foglioline verdi che una volta mio padre mi fece assaggiare. Il liquido mi fece uno strano effetto, così cominciai a barcollare, accasciandomi spesso lungo le pareti della galleria, sino a che una faccia familiare non gridó il mio nome. Era Kayla ed i suoi occhi parevano più grandi e più verdi del solito, e le sue gambe erano più lunghe così come i suoi capelli ed il suo volto. Ma lei non sentiva la mia voce. Camminava a passo spedito lungo il corridoio con indosso la divisa nera dei Figli della Terra, non degli apprendisti. Sembrava avere occhi solo per scrutare l'orizzonte e mi sfilò di fianco senza degnarmi neppure di uno sguardo. Poi il sogno ha cambiato completamente luogo e mi trovavo in quello che pareva un immenso cratere dalla roccia friabile e nera come la pece. Ai miei piedi, la terra era macchiata di qualcosa che pareva sangue e una figura nasceva da quello stesso suolo morto : una fenice. Infine, senza alcun apparente nesso con le immagini precedenti, ho sognato di correre nella foresta a perdifiato, in fuga da qualcuno. Ho sentito le foglie contro il viso e le punte dei piedi infrangersi contro i resti degli alberi tutt'intorno. La foresta s'interrompeva all'improvviso, così come la terra, che terminava il suo percorso tuffandosi a picco in un burrone. Messa alle strette mi sono voltata e, alle mie spalle, con uno sguardo privo di emozione, c'era Kiran. Mi sono svegliata con il viso madido di sudore ed il suo sguardo buio impresso a fuoco dietro le palpebre.
«Avete dieci minuti abbondanti per fare colazione con un po' di cervo e darvi una ripulita giù al torrente.» avvisa la voce di Yuri, che ci guarda con il suo sorriso sornione «Forza, in piedi dormiglioni!» c'incita a mo' di mamma chioccia.
Samuel apre gli occhi per la prima volta dopo essere completamente sprofondato nel sonno, al mio fianco. Le sue iridi azzurre ed assonnate mettono a fuoco il mio viso, e allora il suo s'increspa in delle tenere da fossette da bambino ; le stesse di sempre.
«Passata bene la prima notte fuori dal sottosuolo?» gli chiedo con un sorriso affettuoso.
Lui si mette a sedere di scatto, segno della scorta di energia che il sonno profondo gli ha regalato. Si passa una mano tra i capelli scuri e corti e poi i suoi occhi guizzano nei miei.
«Non sei mai stata una che ama dormire, vero?»
Faccio spallucce con disinvoltura «chi dorme non piglia pesci, dicevano gli antichi».
«O cervi» aggiunge lui, con una risata divertita.
Prima di ripartire faccio un salto giù al torrente e tento di riattivare i miei sensi, gettandomi qualche manciata d'acqua fresca sopra il viso. Mi stropiccio gli occhi e respiro l'odore della foresta e del mattino : fresco, appena appena pungente e ricco di quel poco di buono che è rimasto al mondo. Non ho paura, mi ritrovo a pensare, quasi stordita da quello stesso pensiero. Sono stata fatta prigioniera e trascinata in una realtà che non mi appartiene più ormai. Non conosco né la nostra destinazione, né il destino che essa ha con sé o le persone che guidano il nostro cammino. Ma non ho paura, e vorrei sapermi dare un perché.
Ci rimettiamo in marcia dopo una breve riunione del gruppo in cui Yuri ha spiegato il tipo di percorso che affronteremo ; piuttosto impervio a suo dire. Infine, comunica un paio di regole rivolte a noi altri : non allontanarsi mai senza avvertire e senza la supervisione di un Ribelle, e cose più superflue come l'evitare di lamentarsi o di pretendere soste senza che lui stesso ne annunci una. Ci ha rivolto uno sguardo d'incoraggiamento piuttosto sincero, e poi ci ha rassicurati nuovamente sulla nostra incolumità.
«Ti fidi di loro?» mi ha chiesto Samuel, gettando una rapida occhiata sulla nuca dai capelli neri del Ribelle.
Io ho serrato le labbra con fare concentrato e mi sono ritrovata a dire «m'ispirano più fiducia di quanto me ne abbia ispirata fin'ora la Confraternita».
Con un gesto d'assenso da parte sua, abbiamo cominciato la marcia.

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