Invasori senza volto .

385 26 6
                                    

Tutto quello che so ora è che ho paura, paura come non ne ho avuta mai. I colpi contro il viso, i pugni allo stomaco, i calci alle costole, gli sguardi inferociti degli avversari e persino le urla degli addestratori non sono nulla rispetto a tutto questo. Le pareti rocciose rimbombano ancora, come se questo posto potesse crollare da un momento all'altro. Il suono delle campane non cessa e al rumore continuo di queste si aggiungono le urla delle guardie che fanno eco nei corridoi ora bui. Il terrore è dentro di me e tutt'intorno, come se fosse una delle ombre immerse nell'oscurità che aleggia nella città Subterranea. La spessa porta di legno del dormitorio è stata sigillata con estrema cura ; un lucchetto la tiene ben salda alla parete e davanti ad essa, sia dentro che fuori, un Figlio della Terra in uniforme nera sta a guardia della stanza. Kayla mi guarda con quei suoi occhioni verdi spaventati ed io mi sento in soggezione di fronte al suo terrore. Il letto a castello cigola per via dei continui spostamenti e delle torsioni che i nostri corpi eseguono ormai autonomamente, giostrati dalla paura.

«Stanno venendo a prenderci?» mi sussurra Kayla, con gli occhi rivolti alla guardia che tiene l'orecchio contro la superficie di legno.

«Non sono qui per noi» rispondo con voce ferma «gli apprendisti come noi non possono lasciare la città Subterranea, ricordi?»

«Sì, ma...»

«State zitte!» tuona la guardia, incenerendoci con lo sguardo «non riesco a sentire nulla».

Allora sbuffo in preda alla frustrazione e salto giù dal letto, poi mi lascio scivolare lungo la parete terrosa e mi siedo sul pavimento, cingendo le ginocchia contro il petto. Io non morirò. Nessuno morirà. Samuel è al sicuro. Non sono qui per noi. Non sono qui per...

Tre colpi violenti contro la porta fanno sussultare ogni singolo individuo si trovi nella stanza, persino il soldato che gronda sudore dalla testa pelata e sembra sul punto di perdere gli occhi dalle orbite. E' armato di un'ascia ed un manganello e nient'altro. I Ribelli ci assediano e le dieci ragazze che sono qui con me hanno a protezione solamente un idiota privo di facoltà e di coraggio.

Un altro colpo contro la porta.

«Chi c'è?!» urla la guardia in preda al panico.

Una frazione di secondo dopo il soldato vola dalla parte opposta della stanza, schiacciato contro il muro dalla porta completamente divelta dai cardini. Un grido di sgomento e terrore si leva all'unisono nel dormitorio. Li guardiamo e realizziamo contemporaneamente di stare per morire.

«Mettetevi in fila!Vi voglio tutte in fila, ora!» grida un uomo con il volto coperto da un passamontagna e rivestito interamente di abiti lerci e logori.

Ce ne sono quattro e dal varco dell'entrata riesco a vedere un paio di anfibi neri riversi a terra di uno dei soldati che stava di guardia all'esterno. Tutti e quattro con dei pesanti stivali ai piedi e jeans sporchi di fango e terra, giacche di pelle consunte o semplici magliette ricoperte di sporco ma i volti rigorosamente coperti dal passamontagna. Kayla scende dal letto ed io mi sollevo da terra, poi ci guardiamo attorno e lanciamo sguardi d'intesa alle altre ragazze che tentano di fare una fila ordinata mentre le loro gambe tremano.

«Ho paura» mi sussurra Kayla all'orecchio.

«Anche io».

I Ribelli ci uccideranno, ci massacreranno, mi massacreranno e morirò come i miei genitori, ma per mano dei loro alleati. E' questa la nostra fine? La più piccola del dormitorio, Kasha, scoppia a piangere e si copre la faccia con le mani. Ha soltanto quattordici anni e tutto questo non è giusto. Uno dei Ribelli fa un passo avanti, tra le mani un lungo bastone di ferro la cui estremità è rivolta a terra.

«Varus, è il tuo turno ora» afferma una voce tanto graffiante, quanto vellutata.

Il terzo Ribelle si fa avanti e raggiunge la prima della fila. Kayla non mi molla ancora la mano e ora stringe forte e le nostre mani scivolano per il sudore mentre tremano. Moriremo così : come tante bestie da macello punite per peccati inesistenti. Avrei voglia di urlare che non è colpa nostra, che non possiamo farci niente se siamo qui e che i loro tentativi di distruggere la Confraternita sono inutili tanto quanto le loro esistenze. Li odio tutti. Viscidi bastardi che hanno ucciso senza saperlo i miei genitori. Sì, gli direi tutto questo se avessi il coraggio di farlo e non sentissi l'ossigeno scartavetrami la gola e i polmoni. Respira, mi dico, ma quando il soldato scuote la testa e passa a squadrare la seconda ragazza, mi sento immediatamente sul punto di perdere i sensi e lasciare che la realtà si disintegri sotto i miei stessi occhi.

RebellionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora