Party hard (ma non troppo).

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La prima cosa che lo stregone vide quando socchiuse le palpebre fu un ammasso non meglio identificato di colore nero. Chiuse e riaprì gli occhi per un paio di volte di seguito e si rese conto che quelli erano i capelli di Alec, sdraiato di fianco a lui sul divanetto rosa shocking.
 Con una mano si coprì la bocca nel tentativo di reprimere un sonoro sbadiglio, mentre con l'altra cercava di svegliare il cacciatore, scuotendolo non troppo delicatamente per una spalla. Dopo diversi lamenti e mugugni, finalmente il Nephilim si girò verso di lui, puntando gli occhi blu in quelli verde-dorato del Figlio di Lilith.
 "Mi sono addormentato." constatò (piuttosto inutilmente) Magnus.
 "Già, me n'ero accorto!" rise Alec.
 "E abbiamo perso tempo prezioso per tu-sai-cosa." sbuffò sonoramente.
 "Eri stanco morto, cosa avrei dovuto fare? Svegliarti? Non se ne parlava, avevi già perso abbastanza energie per tutta la magia che avevi utilizzato." ribatté il più giovane. "E ho anche una brutta notizia." continuò. Magnus inarcò un sopracciglio, in attesa che continuasse. "Mia madre vuole che questa sera io torni a dormire all'istituto." concluse arrossendo leggermente.
 "Non è giusto. Uff. Sembra che Lilith ci stia mettendo i bastoni tra le ruote. Anzi, gli artigli." si lagnò lo stregone. Sì, lagnarsi era proprio il termine adatto, pensò il Nephilim.
 "Bè.."
 "Bè cosa, Alexander?"
 "Ecco, potremmo..."
 "Sì?" lo incalzò l'altro con uno sguardo furbo e di aspettativa.
 "Riprendere da dove eravamo rimasti prima che tu ti addormentassi." finì tutto d'un fiato, mentre le sue guance si imporporavano sempre di più ad ogni parola pronunciata.
 Lo stregone gli lanciò un sorriso sghembo, alzando lo sguardo verso l'orologio nero a parete a forma di gatto stilizzato appeso al muro di fronte a lui.
 Strabuzzò gli occhi quando lesse l'ora e scattò in piedi immediatamente, senza curarsi di Alec affianco a lui, che cadde a terra con un tonfo e un gemito di dolore.
 Quindi lo stregone gli rivolse un'occhiata preoccupata, in cui Alec lesse anche delle scuse per i suoi modi bruschi e repentini. Prese la mano che gli porgeva e si tirò su, schioccando un bacio sulle labbra di Magnus.
 "Sono le dieci meno un quarto. Conoscendoti ti ci vorrà un secolo intero per scegliere cosa mettere e i tuoi invitati saranno qui tra quindici minuti. Forse è il caso che tu ti dia da fare." disse il Nephilim, spingendolo verso la camera da letto affinché si preparasse.
 "E tu vieni con me. Non ti permetterò di presentarti vestito in quel modo alla mia festa."
 Alec sospirò, seguendolo suo malgrado.
 "Sembri mia sorella. Dite sempre le stesse cose, praticamente."
 "È perché siamo anime affini che sanno ciò che è giusto e ciò che non lo è." lo liquidò.
 "Anime affini? Sei serio? Anime affini che sanno ciò che è giusto?" soffocò una risata.
 "E ciò che non lo è, ricorda!" ribadì sventolando davanti al viso del Nephilim l'indice della mano destra con fare saccente, e nello stesso tempo con l'altra si appoggiava alla maniglia della porta. Alec alzò gli occhi al cielo, esasperato, chiedendosi cosa avesse fatto di male in vita sua per dover sopportare tali scemenze.
 Lo stregone aprì la porta della stanza e si fiondò davanti all'enorme cabina armadio.
 "Ti rendi conto che non ho nulla da mettere?" piagnucolò, aprendolo.
 'Nulla? Ma se il tuo guardaroba potrebbe far concorrenza a un'intera catena di centri commerciali!' Si ritrovò a pensare Alec.
 "Anche io ti amo." rispose invece.
 "Fiorellino, non distrarmi con quell'aria sexy da finto disinteressato." rispose Magnus, voltandosi e baciandogli le labbra con una delicatezza e leggerezza studiate.
 "Come vuoi. Io rimarrò seduto qui senza dire più nulla." E si accomodò sul letto.

 Trovato ciò che cercava, lo stregone richiuse la cabina armadio, posò l'ammasso di indumenti che aveva tra le braccia sulla poltrona vicino a lui e, con una lentezza provocante cominciò a togliersi i vestiti che indossava.
 Con la coda dell'occhio vide Alec, seduto sul bordo del letto, strabuzzare leggermente gli occhi e deglutire. Fece finta di niente e sfilò i pantaloni, rivelando i boxer con i disegni di paperelle gialle.
 A quella vista, Alec non poté trattenersi e rise, scuotendo la testa.
 Magnus si beò di quel suono, quella risata era magnifica, era la risata del suo Alexander. L'Alexander che amava con tutto se stesso.
 Poi prese, con la stessa flemma, a rivestirsi. Prima la canotta a costine verde fluo e dopo i jeans skinny indaco. E gli stivali di cuoio neri.
 Si diresse verso la specchiera, dove vi era un'infinità di cosmetici e prese una boccetta di eyeliner blu chiaro.
 L'aprì e con il pennellino cominciò a truccarsi.

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