Pensieri rumorosi.

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Tre giorni. Tre dannati giorni erano passati da quando Alec si era rinchiuso in camera di Magnus, con solo qualche bottiglia di sangue.
 Lo Stregone per la prima giornata aveva continuato a bussare alla porta della stanza, a implorare e intimare all'altro di uscire di lì, ma poi, appurato che tutti i suoi sforzi erano vani, aveva deciso di lasciare al ragazzo i suoi spazi.
 Ora però non era frustrato, né arrabbiato. Aveva solamente paura, e non sapeva più cosa fare. La sua magia non poteva aiutarlo, visto che Alec aveva, in qualche modo, chiuso la porta dall'interno con una runa di blocco, ed era preso dallo sconforto, oltre che dal timore.
 Dalla stanza al momento non proveniva nessun rumore, ma in quei tre giorni i silenzi di Alec si erano alternati a suoi momenti di ira, in cui o urlava o prendeva a pugni le pareti. Magnus aveva cominciato ad abituarsi anche a dormire sul divano con Presidente Miao acciambellato sul suo ventre, e ad essere svegliato nel cuore della notte dalla confusione provocata da Alec, il ché, sommato al fatto che non riuscisse a prendere sonno prima dell'una, gli stava procurando delle occhiaie scure profonde, oltre a fargli accumulare stanchezza non necessaria sulle spalle.

Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva dietro alle palpebre Alec, uscito da una decina di minuti dalla tomba, che gli si gettava tra le braccia e scoppiava a piangere.
 Magnus ricordava che allora gli aveva avvolto un braccio intorno al torso e aveva preso ad accarezzargli i capelli con calma e lentezza, mentre l'altro continuava a sussurrare: "Perché, perché?" come se fosse un mantra. E lui lo aveva stretto ancor di più a sé e gli aveva parlato con parole dolci, e semplici. "Shh, è tutto okay." Le aveva pronunciate così piano che aveva a stento sentito la sua voce, ma sapeva che Alexander le aveva udite chiaramente. Ora poteva.

In seguito erano tornati a casa dello Stregone, dove quest ultimo  aveva fatto comparire sul tavolo dell'angolo cottura alcune scorte di sangue imbottigliato, molto simili a quelle del Diurno. Alec le aveva viste e aveva subito domandato da dove provenissero. Così Magnus si era grattato il capo e aveva risposto con imbarazzo appena accennato: "Dal frigo di Sheldon."
 L'altro lo aveva guardato di sottecchi. "Dovrebbe chiamarsi Simon. Sì, Simon Lewis."
 Magnus non aveva ribattuto, e Alec si era diretto verso la tavola per poi prendere lentamente due bottiglie, sussurrare uno "Scusami" al Figlio di Lilith, e infilare la camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle.


 Alec aveva estratto istintivamente lo stilo dalla cintura e, puntato uno stivale sulla parte bassa della porta per tenerla chiusa nell'eventualità che Magnus avesse tentato di aprirla, aveva tracciato in fretta una runa di blocco sulla superficie di legno.
 Aveva bisogno di stare solo, nonostante si fosse sentito terribilmente in colpa per come aveva ignorato completamente lo Stregone. Aveva rimuginato per tre giorni, a partire da quando si era gettato tra le braccia di Magnus, riguardo a quel che era diventato. Lui era Alec Lightwood, uno Shadowhunter, cacciatore di demoni, un Nephilim che poteva camminare alla luce del Sole, non un vampiro che non poteva mettere piede nell'Istituto e che doveva nutrirsi di sangue in bottiglia. Amava ciò che era, cacciare demoni era una delle cose per cui era nato e per cui viveva.
 Per di più suo padre lo avrebbe detestato ancor di più. Non solo per la sua sessualità, che a stento aveva accettato, e per il fatto che stesse insieme ad un Nascosto, ma anche per esserlo diventato a sua volta. Robert non avrebbe approvato un figlio gay e oltretutto vampiro. Perciò il ragazzo non aveva potuto che ritenere ciò che gli era accaduto una disgrazia, e di conseguenza trascorrere quei tre giorni isolato e confuso.
 E a sovrapporsi ai suoi pensieri rumorosi in quei giorni c'erano state anche le parole di Magnus, quelle rivolte direttamente a lui attraverso la porta della stanza, e quelle che aveva sentito venir pronunciate nella cornetta del telefono a Isabelle e a sua madre Maryse, alquanto preoccupate.

Alec se ne stava sdraiato sul letto a pancia in su, e i suoi pensieri quel giorno furono interrotti dall'ennesimo bussare alla porta. Questa volta però venne colpita con insicurezza e poca forza. Si mise seduto e passò una mano tra i capelli corvini e spettinati.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 21, 2016 ⏰

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