Prologue.

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Il ragazzo si portò le mani sullo stomaco,gemendo per il dolore. Si piegò in avanti per cercare di fermarlo,in qualche modo,nonostante sapesse che non avrebbe potuto. Cercò di regolarizzare il suo respiro,guardando i suoi capelli scuri ricadergli davanti agli occhi. Il dolore sarebbe tornato,e lui lo sapeva. Quel dolore non sarebbe mai andato via. Era indelebile. Come un tatuaggio.

I capelli che stava guardando poco prima,vennero tirati rudemente verso l'alto,costringendo il ragazzo ad alzarsi in piedi e a guardare negli occhi la figura davanti a sé. Conosceva quegli occhi meglio dei suoi,ma nonostante ciò,non era mai riuscito a leggerne qualcosa. Le cose che la gente sapeva di lui,erano solo due: Zayn,il suo nome e Malik,il suo cognome. Nient'altro.

Fissava i suoi occhi scuri,inanimati. Vuoti. I suoi lineamenti duri contornati da un velo di barba e dai suoi capelli. Neri. Un nero così intenso che persino la notte,gli invidiava. Lo vide passarsi una mano fra essi. Tutto di lui pareva così,triste,persino la sua pelle dorata lo affermava.

Il dolore arrivò,puntuale,e questa volta fu più devastante ed il ragazzo toccò nuovamente il pavimento sottostante.

Boccheggiò cercando di far entrare quanta più aria possibile. Fissava le mattonelle sotto il suo corpo. Bianche,come tutto il resto in quella scuola. Di solito,il bianco viene associato alla tranquillità, alla pace, ma non quel bianco. Non quel bianco di quegli spogliatoi.
-Per favore-

Il ragazzo finalmente si liberò con un urlo straziante,con gli occhi ancora puntati sul pavimento,incapace di trovare altro coraggio per guardare il moro negli occhi.

Due mani molto più forti di lui,lo sollevarono. Lui sapeva che non lo avrebbe ascoltato. Sapeva che avrebbe continuato.
-Cosa?-
Rispose l'altro. Aveva una voce così intensa. E a dargli un aspetto ancora più terrificante era il suo dilatatore,posto sul lobo del suo orecchio destro,il suo pearcing che gli trapassava un sopracciglio scuro e le sue braccia scoperte che lasciavano in bella vista i suoi numerosi tatuaggi.

-Lasciami andare-

Sussurrò lui ad un centimetro dal suo volto. Zayn mollò la presa sulla sua maglia,facendogli credere di averlo lasciato libero. E lui,per un momento,ci credette e spostò lo sguardo sugli armadietti mentre sentiva un'altra fitta colpirgli le costole. Questa volta,non ebbe il coraggio di dire nulla. Sollevò lo sguardo per guardarlo,quasi divertito nel vedere il ragazzo ai suoi piedi,dolorante.

Avrebbe voluto dirgli di smetterla,che ne aveva abbastanza. Avrebbe voluto alzarsi ed causargli dolore. Voleva fargli sentire almeno la metà di ciò che sentiva lui,in quel momento e ciò che ha sempre sentito.

Cercò di rialzarsi,ma fallì miseramente. Il dolore proveniente dal suo stomaco lo fermò liberando un urlo che riecheggiò nella stanza.

Sentì una risata proveniente dalla persona affianco a sé. Quella risata,molte persone l'avrebbero trovata gradevole,bellissima,ma in quel momento incuteva solo terrore. Così tanto che il ragazzo sottostante poté sentire un brivido percorrerere la colonna vertebrale

-Lasciarti andare?-
Il moro rise ancora,causando la stessa reazione di poco prima al riccio che,avrebbe voluto morire piuttosto che sentire ancora dolore.

Il suo mento fu toccato da una mano composta da dite callose,più di quel che ricordava,per poi alzarlo,costringendolo a guardarlo per l'ennesima volta.

Si chinò su di lui per guardarlo meglio. Ci provava gusto. Provava gusto nel vederlo soffrire così,e il ghigno sul suo viso,lo affermava.Rimase a guardarlo per momenti che al riccio sembrarono interminabili. Improvvisamente la sua espressione cambiò e tornò ad essere neutra,fredda.

Senza dire nulla,si alzò e spostò il suo peso dalle ginocchia a tutte le gambe prima di dirigersi verso la porta degli spogliatoi e lasciarli.

Il riccio,ancora in ginocchio,si distese e spostò il peso su un fianco. Finalmente poté lasciare le sue lacrime rigargli le guance.

Era come se fosse chiuso in una gabbia,dove urlava,ma nessuno riusciva a sentirlo. O meglio,nessuno voleva sentirlo. E lui avrebbe solo voluto qualcuno lì,pronto a liberarlo.

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