C'è un momento, in ogni nostra giornata, in cui un ardente desiderio ci stringe a sé, costringendo la nostra anima ed il nostro corpo a soddisfarlo. Non è un bisogno qualsiasi. Non è come fumare una sigaretta o ascoltare una canzone, ma è il bisogno fisico di una persona. Una specifica persona di cui si ha tremendamente bisogno, così tanto che a volte fa anche male. Spesso, quel bisogno riesce ad essere placato dalla presenza di quella persona o anche solo dal suono del suo nome. Altre, resta lì, immobile fino a consumare anima, mente e corpo, perché si è troppo orgogliosi per ammettere di non riuscire a stare da soli. La verità è che nessuno di noi sa stare da solo, per quanto cerchiamo di convincerci.
Era seduto lì ormai da ore, ma non si era mosso di un millimetro. I capelli neri continuavano a ricadere dietro la sua nuca. Le mani erano ancora strette in due pugni fermi, forti. Il suo sguardo era ancora fisso sul cielo che lo sovrastava, cercando di riuscire a placare quel bisogno convincendosi che stesse bene. Scrutava attentamente le stelle, associando ognuna di esse ad una parte del viso di Harry.
Continuando a pensarci, si convinse che l'unica cosa in cui dava il meglio di sé, era rendere impossibile agli altri di amarlo. Ci riusciva tremendamente bene. Non poteva nemmeno spiegarsi il perché dei suoi comportamenti e così, ogni sera, si ritrovava fuori quel balcone, ormai stanco di cercare risposte. Lasciò che il suo carattere si liberasse con tutte le sue sfaccettature, come un ventaglio, solo non abbastanza colorato come dovrebbe essere.
Una leggera brezza gli accarezzò il viso, facendogli muovere il capo in cerca di altre carezze. Una gocciolina cadde sulla sua fronte, prima che un'altra gli toccasse la guancia destra. Si mise composto sulla sedia, iniziando ad analizzare attentamente quel bisogno lancinante che gli torturava il cuore. Fece profondi respiri, cercando di reprimere la rabbia che stava ormai per avere la meglio su di lui. Diede un pugno sul manico della sua sedia, bisognoso di riavere il controllo di se stesso e delle sue emozioni, invano. La sua gamba iniziò a molleggiare nervosamente e le sue mani andarono a mantenere la sua testa. Diede un piccolo urlo che però lo liberò per alcuni secondi da quella necessità.
Chiuse gli occhi e li strinse forte, provando a riprendersi un ricordo ormai ben lontano.
Riusciva ancora a sentire, però, il suo fragile tocco sulla sua nuca, le sue labbra, il suo corpo. Poteva sentire le sue labbra morbide scendere lentamente sul suo collo. Le sue braccia che contenevano perfettamente il suo corpo.
A quel ricordo, gli mancò il fiato per un secondo.
Fermò il movimento meccanico della gamba e si mise velocemente in piedi. Rientrò in casa e corse nel salotto, dove trovò Damon seduto sul divano mentre guardava un film. Prese il giubbotto non poco lontano dalla postazione del suo coinquilino e lo indossò.
-Dove diavolo stai andando? Sono le due-
Gli chiese corrugando la fronte, distogliendo l'attenzione dal film che stava guardando.
Zayn non rispose. Si limitò a stare in silenzio mentre sistemava il giubbotto sulle spalle.
-Zayn, sono le due di notte, piove e tu vuoi uscire a farti un giro?-
Cercò di ironizzare sulla cosa, fallendo miseramente. Si alzò dal divano e andò vicino al suo amico.
-Di qualsiasi cosa si tratti, può aspettare. Non voglio trovarti morto per strada-
Gli poggiò una mano sulla spalla, come per tranquillizzarlo.
Zayn la guardò, poi guardò lui. Il suoi occhi nerissimi lo fissarono per qualche istante, poi parlò
-Non può-
Lasciò Damon nel salotto, mentre si dirigeva verso la porta d'ingresso. Abbassò la maniglia e uscì lasciò anche la casa.
Harry ha sempre avuto problemi con il sonno. A volte veniva regolarmente, altre non arrivava e basta. E quella notte, non arrivò. Era disteso nel suo letto, cercando di trovare la posizione più comoda che l'avrebbe costretto ad addormentarsi, ma non la trovò.
La pioggia batteva violentemente contro le finestre della sua camera. Odiava quel rumore sin da quand'era bambino e il suo odio lo spinse a sotterrare la testa sotto al suo cuscino, in attesa che quel rumore svanisse, cosa che non fece. Sbuffò e uscì dal letto, scoprendosi violentemente.
Scese le scale ed entrò in cucina per un bicchiere d'acqua. Si sedette sul divano ed accese il televisore, alla ricerca di qualche programma da guardare per intrattenersi.
Non trovò nulla, così, dopo una decina di minuti, era già pronto a risalire al piano di sopra. Appena salì il primo gradino, il campanello suonò.
Guardò l'orologio appeso al muro sulla sua destra, che segnava le due e mezzo. Fortunatamente, contrariamente a lui, le altre persone presenti in casa, dormivano beatamente nei loro letti.
Si avvicinò alla porta, prima di aprirla. Schiuse leggermente la bocca nel vedere la persona che si era presentata davanti a sé. Zayn era davanti al portico di casa sua, tutto bagnato a causa della forte pioggia. I capelli neri sembravano più lunghi mentre gli ricadevano davanti agli occhi, i tatuaggi più luminosi e i suoi occhi ancor più scuri del solito concordanti con il buio della notte.
-Cosa stai facendo?-
Gli chiese corrugando la fronte, ancora incredulo.
Zayn non rispose, ma lo guardò solamente. Il solo guardarlo e sentire la sua voce, aveva calmato una parte del suo bisogno. Ma per lui non era abbastanza.
-Zayn, che succede?-
Un pizzico di preoccupazione trapelò dal suo tono di voce, ma non perché avrebbe potuto fargli del male. Raramente aveva visto Zayn in quello stato e significava che stava per crollare in mille pezzi, a meno che non l'avesse già fatto. Fece un passo in avanti, uscendo dalla casa. La pioggia iniziò a bagnare anche lui, mentre si ritrovava faccia a faccia con il moro. Quest'ultimo respirava affannosamente, come se non riuscisse a prendere fiato.
-So che non posso in alcun modo convincerti che questo non sia uno dei miei trucchi, ma non m'interessa-
Iniziò a parlare.
-Dal primo momento in cui ho posato i miei occhi su di te, riuscivo persino a vedere un futuro insieme. Una famiglia. Ho sempre odiato come il mondo decide di far andare le cose. Ho sempre odiato che qualsiasi cosa potesse portarti via da me perché non sono mai stato ciò che tu volevi-
Nonostante stesse piovendo, Harry notò una piccola lacrima rigargli il volto. Non l'aveva mai fatto.
-Eri l'unica ragione che mi spingeva ad alzarmi la mattina presto, perché ti avrei rivisto ancora, ancora e ancora. E perché ti avrei baciato ancora, ancora e ancora-
Inspirò profondamente, prima di rilasciare l'aria trattenuta.
Posò delicatamente una mano sulle labbra di Harry, accarezzandole con le dita.
-Ti è sempre piaciuto avere qualcuno che ti accarezzasse le labbra, mentre cercavi di prendere sonno-
Harry sorrise mentalmente per i piccoli dettagli che lui ancora ricordava perfettamente.
-Ricordò ancora quando mi baciasti per la prima volta e credimi, in quel momento capii che non avrei mai più voluto baciare altre labbra al di fuori delle tue. E credimi ancora una volta ora che ti dico che non l'ho mai fatto, Harry. Non ho mai più voluto sfiorare le labbra di nessun'altro, se non le tue-
Rimase ancora una volta stupefatto da ciò che aveva appena detto.
Anche l'altra mano raggiunse il viso di Harry, cingendolo in una presa salda, ma delicata.
Sussurrò qualcosa contro le sue labbra, prima di assaporarle. Il cuore si fermò per un attimo, prima di sentirsi di nuovo a suo agio, mentre batteva assieme al suo. Bisognoso di maggiore contatto, spinse il viso di Harry ancor più contro il suo. Il riccio non si mosse. Non lo respinse. Portò anche lui le mani contro il suo viso e lo baciò intensamente com'era abituato a fare. La pioggia continuava a bagnarli, ma a nessuno dei due sembrava importare qualcosa. Era come se l'universo si fosse fermato per qualche istante solo per permettergli di far durare quel momento ancora più a lungo.
Dopo svariati secondi, Zayn staccò le sue labbra da quelle di Harry e riprese a respirare.
Non disse nulla, semplicemente gli diede le spalle e andò via, lasciando il suo bisogno sul portico di casa.
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Set me free.
FanfictionEra come se fosse chiuso in una gabbia, dove urlava, ma nessuno riusciva a sentirlo. O meglio, nessuno voleva sentirlo. E lui avrebbe solo voluto qualcuno lì, pronto a liberarlo.