Capitolo 20 E se siamo sotto lo stesso tetto.

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Alle 5 come sempre mi inizia il turno e vado a lavoro carica per una volta, mia figlia è da Philippe a studiare per l'esame di terza media sicche io sono serena, si adesso lei ha 14 anni e sono passati altri sette anni senza vederlo, oltretutto il prossimo mese mi sposo! Sono molto emozionata per questo sono in estasi tutto il tempo, a Daniel non penso quasi più ormai mi sono arresa all'idea che è morto sicuramente e nessuno si è preso la cura di avvertirmi ma non mi interessa, adesso ho un'altra vita da vivere e non posso ancora farmi condizionare da lui, ho 32 anni ed ora posso andare avanti... Sono felice e vedo Charlotte che è più serena per me perché 7 anni fa ero sempre triste ma mi sono ripresa piano piano, mio fratello mi è venuto a trovare spesso insieme alla sua nuova ragazza molto carina e Josh e Alice sono stati a casa mia molto tempo come al liceo. Oh alice! Lei si è sposata e io sono stata la damigella e la testimone, ormai è come mia sorella, la adoro perché mi è sempre stata vicina e non l'ho mai ringraziata abbastanza. La mia storia, la storia della mia adolescenza ormai è finita senza di lui ma la mia fase da donna è iniziata con un uomo elegante che mi vuole bene ed è disposto a tutto per me. Vado a lavoro con un bel sorriso e appena entro in ospedale saluto le infermiere, prendo una mela da mangiare come spuntino e mi dirigo al mio nuovo caso, cancro al cervello. Come Daniel.. Va beh, se era come lui quel piccoletto di 12 anni non aveva di che preoccuparsi sapevo già come curarlo, lo avevano mandato da me perché mi ritengono la dottoressa più capace dell'ospedale e degli Stati Uniti. Ho mille casi che spesso guariscono tutti ma qualche morte ci sta sempre e io tutte le volte per dare la notizia piango. Mi affeziono ai pazienti perché tutti hanno diritto di vita e forse è per questo che tutti mi vogliono come dottoressa. Spesso penso a Daniel, perché non voglio che il loro ragazzo/a, madre, padre, fratello o sorella e tutti i familiari soffrano come ho sofferto io e allora faccio del mio meglio. Nessuno sa della mia storia da adolescente, odio condividere il passato infatti Molto spesso i dottori mi scansano perché hanno paura di me: chi tira fuori la storia del mio passato è già morto prima che possa fiatare. Sono fatta così, non voglio farmi vedere debole, ma voglio che la gente mi conosca per la donna forte che sono adesso, non voglio che la gente mi pensi con il viso sempre rigato dalle lacrime, ma con un sorriso smagliante in volto, voglio che mi ritengano intelligente non con problemi di concentramento. Sono uscita da scuola con un 100 pieno e ne vado fiera.. L'ultimo anno di scuola è stato molto bello nessuno mi prendeva più in giro o mi picchiava perché ormai ero diventata popolare. Mi dirigo verso la porta di quel povero ragazzo con gli occhi grigi e i capelli lisci marroni.
"Come ti chiami?"
"Jackson.. Lei può salvarmi?"
"Ci proverò con tutte le forze che ho in corpo però tu dovrai collaborare va bene? Dobbiamo essere un tutt'uno e a quel punto io farò il mio lavoro. Non ti sei arrendere alla morte. Va bene? Siamo una squadra Jackson?"
Lui annuì convinto con la speranza negli occhi vedevo che non voleva morire e allora non sarà così, mi promisi.
"Senti chiama un tuo parente che è in sala di attesa e fallo venire in questa stanza sono la dott.ssa Madison, adesso devo fare altri giri, digli di venire questa sera verso le 8 perché devo parlargli.. Dimmi chi c'è con te?"
"C'è mio cugino, perché mio padre deve lavorare fa il medico di ambulanza.."
"Va benissimo tranquillo.."
Avevo capito da sola che non aveva madre perché avevo visto il dolore nei suoi occhi implorarmi di non chiedergli di sua madre è così io non feci. Andai da una donna anziana, Meribelle, malata di un tumore al seno che stava guarendo. Mi ero presa cura di quella donna come se fosse mia nonna perché mi ha fatto sorridere molto e mi ha dato tanti consigli, con lei mi ero sciolta come ci si scioglie tra le braccia di una nonna che io non ho mai avuto e mi è sempre mancata. Le ho raccontato del mio passato, molto strettamente ma lei era l'unica persona che sapeva chi ero e cosa mi era capitato nel passato, sapeva perché avevo scelto questa strada ed ero contenta di averglielo raccontato. È stato molto sfogante. Passai dalla camera di un uomo di 50 anni finito in coma per aver sbattuto la testa contro il bordo della piscina. Sapevo che non ce l'avrebbe fatto o se si sarebbe svegliato non avrebbe ricordato nulla della sua vita ma io ci provavo davvero ma non potevo fare tantissimo oltre che aspettare. Ho parlato molto con la sua famiglia ed ho capito che lui era molto importante, era un uomo di affar, affascinante, pronto a tutte le sfide e che dimostrava molto affetto alla sua famiglia ed a sua moglie, ne servirebbero di persone così nel mondo altro che tutto questo femminicidio. Volevo che guarisse ma sapevo, come lo sapeva la sua famiglia, che sarebbe stato difficile.
Sono portata per le cose difficili
Avevo esordito davanti a loro per diffondere un po' di fiducia. Durante la giornata avevo anche deciso che analisi fare a quel bambino, prima ho analizzato il tumore ed lo avevo messo a confronto con quello di Daniel, era identico. Sicche avevo deciso che durante la notte gli avrei fatto un controllo ai polmoni per togliere quel che non ci stava e poi avevo intenzione di contattare il medico di Daniel per farmi dire come aveva levato il cancro a lui. Poteva guarire me lo sentivo ma prima dovevo chiedere un consenso e parlare con qualcuno. Erano le 20. Mi catapultai nella stanza e trovai Jackson che mi sorrise e vidi un uomo accanto e capii che era suo padre.. Lo avevo già visto quell'uomo.. Ma non ricordo dove..
"Buona sera"
In volto gli si allargò un enorme sorriso e poi si aprì la porta e mi girai di scatto: era arrivato il cugino.
"Buona sera anche a lei"
Non era male il cugino comunque..
"Il suo nome?"
"Daniel."
Mi scese una lacrima sul volto ripensando a quel nome e sorrisi guardandolo:"mi scusi.. É solo che quel nome mi fa venire in mente il mio passato.. Comunque piacere sono Liv Madison, la dottoressa Madison.."
Sorrise anche lui, lo guardai negli occhi. Era Daniel? Il suo sorriso era quello, le fossette e quegli occhi. Guardai il padre, era quell'uomo che mi disse che Daniel era suo nipote e no, non stavo sognando
"Daniel!"
Mi buttai tra le sue braccia e inziammo a piangere insieme felici di esserci rincontrati.. Daniel.. Non era morto era ancora vivo e era lì, che mi stringeva. Non potevo fare altro che una cosa:" Daniel, abbiamo una figlia di 14 anni.."
"Stai scherzando?"
"No, ma l'ho cresciuta con il tuo volto impresso nella mente.."
"Devo andare a trovarla possiamo lasciare l'ospedale ora?"
Guardai lo zio e dissi:"suo figlio si rimetterà deve fare dei test qui, polmoni, e poi devo cercare il modo per levare il tumore dal cervello. guarirà in fretta.."
"Vada su!"
Lasciai il lavoro ad una mia collega di cui mi fidavo e mi fiondai con Daniel in macchina quando mi baciò intensamente dicendomi
:"cazzo sono 14 anni che non ti tocco e non ti bacio, è stato un inferno!"
"Andiamo.."
Arrivai a casa di Philippe visto che mia figlia dormiva da lui e il mio compagno era fuori per lavoro.
"Scusi signora devo andare in camera dei ragazzi!"
Bussai alla porta e vidi Charlotte aprirmi la porta e io mi buttai sul letto insieme a Daniel..
"Charlotte lo riconosci?"
" sorridi."
Quando Daniel sorrise le fossette rivelarono chi era e lei si buttò tra le sue braccia urlando
"PAPÀ!!!!!!"
Finalmente la mia vita era quella che sognavo, lui al mio fianco e lei che lo abbracciava.. Ero pronta ad altro adesso.. Tornammo a casa e sfrattai quell'uomo che era in casa mia da lì, mi dispiaceva ma tanto anche lui mi tradiva sicche non ci perdevo molto. Poi ci buttammo sul divano e inziammo a vedere un film tutti e tre insieme. Charlotte era ancora abbracciata a lui quando Daniel le disse:"recupereremo questi 14 anni insieme, te lo prometto piccola.."
"E se siamo sotto lo stesso cielo non saremo mai così lontani papà.."
Lui si meravigliò pensando a quella frase ed entrambi piangemmo un po', poi la notte gli facemmo vedere la camera con quella parete e quando restammo soli mi abbracciò sotto le coperte e mi disse:"adesso? Adesso stiamo insieme per sempre?"
"Per sempre è troppo poco, anche dopo la morte Daniel."
Mi baciò la fronte e gli dissi
"Devi spiegarmi tante cose.."
"Abbiamo una vita insieme, te le spiegherò nel tempo amore mio."
Allora fu a quel punto che non piansi, ma mi coprii con le coperte anche se era giugno e mi feci abbracciare dalle giuste braccia, dalle braccia che mi erano state levate da 14 lunghi anni. Poi qualcuno bussò alla porta e c'era Charlotte che ci chiedeva di dormire con noi e allora si che fu il momento più bello della mia vita. Adesso sapevo cosa farne della mia vita. Adesso ero pronta, sapevo cosa dovevo essere.

Ti amo, non posso farci nulla.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora