Questione di vita o di morte

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Quella sera, una volta tornata a casa, Meredith si era sdraiata sul letto e aveva pianto tutte le lacrime che aveva in corpo.
Non riusciva a darsi pace perché nessuno sapeva quali fossero le reali condizioni di Derek.
Alcuni medici erano stati tenuti come ostaggi da quel pazzo megalomane, il quale, solo perché Derek si era rifiutato di sottoporlo ad un intervento del quale non aveva bisogno, aveva estratto dal giubbotto il coltello e...poi non sapeva nulla.
Non aveva chiesto a molte persone, anche perché lei era stata subito rilasciata, per bontà di Burke.
Chi si fosse occupato dell'operazione di Derek non lo sapeva e, a dire la verità, non sapeva nemmeno se l'uomo fosse stato operato, quantomeno se gli fosse stato permesso di tamponare l'emorragia.
Derek. Tornava sempre a quel pensiero e, questo silenzio da parte di tutti in casa, dato che Ellis ed Izzie avevano sentito la notizia sulla televisione, la mandava ancora più in confusione.
Meredith non era scesa in cucina con loro, cercava solo di seguire il rumore lontano della televisione che si espandeva ad un volume medio nella stanza in cui avrebbero dovuto cenare.
«E così, ancora, non sappiamo nulla delle condizioni del medico che ha rifiutato di fare l'intervento» aveva sentito il giornalista dire, «Sarà stato operato? Ce la farà? Ciò che sappiamo è il suo nome, Derek Christopher Shepherd» aveva ribattuto ancora e il cuore di Meredith si era fermato per una seconda volta.
Se prima poteva far finta che tutto ciò non fosse mai successo, in quel momento non poteva esimersi dal credere che Derek fosse davvero in una pozza di sangue come lo immaginava.
Il suo camice, sempre candido e profumato, sicuramente, era impregnato del suo sangue, non voleva nemmeno immaginare il suo viso, sempre gioioso e che vantava una splendida colorazione ambrata.
Nessuno aveva informazioni, sembrava che i medici dell'ospedale in cui lavorava fossero nel bunker della Casa Bianca, dal quale nessuno aveva notizie.
L'attesa era così snervante che Meredith non era riuscita nemmeno a mangiare, non aveva fame; non voleva cibo, voleva informazioni di qualsiasi genere fossero.
Meredith era una pessimista cronica, una persona dalla quale ci si dovesse guardare in fatto di eventi della vita, perciò aveva cominciato a formulare teorie talmente probabili che aveva solo paura a raccontarle a qualcuno perché si avverassero.
«Meredith» l'aveva chiamata sua madre e l'aveva guardata negli occhi come ad esprimerle conforto, una volta rimaste sole nella stanza della giovane, «Non hai mangiato nulla» aveva constatato la donna e la ragazza aveva sospirato rumorosamente.
«Lo so, mamma, ma non ho fame» aveva sentenziato lei girandosi nel letto per guardarla negli occhi.
Non le era mai importato di farsi vedere in lacrime da sua madre, in quanto era la persona più importante della sua vita e non serviva nascondersi perché lei non capisse cosa le prendesse.
«È per il medico ferito che stai così?» le aveva chiesto la donna, ma Meredith non aveva risposto e, girandosi dall'altra parte, aveva aspettato che Ellis uscisse dalla sua stanza.
Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, anche se era evidente che la situazione di non sapere nulla di Derek la rendesse così infelice, ma, nonostante tutto, non voleva dargli la soddisfazione di vederla in lacrime.
Si era addormentata piano, aveva fatto sonni tormentati che ritraevano Derek sempre su una barella, ma in circostanze diverse, ma, prima di sapere l'esito dell'operazione, si svegliava.
L'indomani mattina si era preparata per andare in ospedale, dato che, dopo la liberazione di alcuni degli ostaggi, il criminale era stato preso dalle forze dell'ordine.
Insieme a lei, quella mattina, di turno c'era Izzie e George, poveretto, era stato costretto a liberarsi dalle avance di Ellis per tutto il giorno.
Meredith al volante era sempre stata prudente, ma quella mattina aveva aumentato decisamente la velocità per arrivare prima al lavoro.
«Attenta alla vecchietta!» aveva urlato Izzie in preda al panico, vedendola guidare così spericolatamente.
Una volta parcheggiata la macchina, Izzie si era fatta teatralmente il segno della croce e Meredith l'aveva guardata torva e l'aveva superata bruscamente.
«Che brutta cera» aveva affermato Cristina vedendola entrare nello spogliatoio, ma Meredith non le aveva nemmeno risposto, limitandosi a cambiarsi come se fosse un robot.
«Bene, pronti per il giro visite?» aveva esordito la Bailey e tutti i suoi specializzandi l'avevano seguita nelle varie stanze.
Avevano visitato un paziente del dottor Burke, uno di Sloan, ma la malinconia si faceva sentire: mancava uno dei pazienti di Derek, perché, ovviamente, mancava Derek.
«E qui siamo arrivati all'ultimo paziente» aveva esordito la Bailey, subito dopo aver aperto la porta di una stanza in cui, il giorno antecedente, era stato dimesso un uomo, «Sappiate che è quello più difficile da governare» aveva continuato la dottoressa e tutti erano entrati in quella stanza, buia, fino al momento in cui la Bailey non aveva acceso la luce con prepotenza e una figura si era dimenata sotto le coperte.
«Dico, ma è questo il modo di entrare?» aveva chiesto una voce, ma non propriamente una qualsiasi, la sua voce, la voce di Derek.
Meredith avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che era stato imprudente, ma non poteva, non lo avrebbe fatto.
Derek si era tirato su a sedere e aveva guardato alternativamente tutti gli specializzandi, compresa la dottoressa Bailey.
«Chi presenta il caso?» aveva esordito quest'ultima, ignorando le lamentele di Derek.
«Posso anche farlo da solo» aveva detto quest'ultimo, ma la Bailey gli aveva fatto segno di tacere ricordandogli che era un paziente, non un medico.
«Derek Shepherd, trentotto anni» aveva cominciato Izzie, ma Derek l'aveva subito interrotta.
«Stevens» l'aveva rimproverata bonariamente, «Sono trentasette, prego» aveva continuato lui guardandola con una finta espressione torva.
«Qui c'è scritto che è nato oggi» si era giustificata la bionda, credendo che, come lei, Derek fosse nato intorno alle tre di notte, ormai passate.
«Si, Stevens» aveva affermato con noia l'uomo, «Ma sono nato alle otto di sera, non alle sei di mattina» aveva detto lui calcando il rimprovero nella sua voce.
«Derek» aveva affermato una voce squillante e una donna dai capelli corvini e gli occhi chiari si era presentata alla porta, «Non fare il prepotente con gli specializzandi, suvvia» aveva chiocciato la donna e Derek aveva roteato gli occhi abbandonandosi sui cuscini che aveva dietro la schiena.
«Perché Dio ha inventato le sorelle?» si era chiesto retoricamente l'uomo e, questa volta era stata la donna a roteare gli occhi teatralmente.
«Cosa combina questo buontempone, oggi?» avevano chiesto in coro altre tre donne, simili alla prima.
«E perché a me ne ha date quattro?» si era chiesto nuovamente l'uomo e si era messo un cuscino sulla faccia.
«Derek, ha qualche preferenza per chi si possa prendere cura di lei?» aveva chiesto Miranda, in uno di quegli inusuali stralci di bontà.
Derek si era tolto il cuscino dal viso e aveva guardato alternativamente tutti gli specializzandi presenti.
«Immagino una donna» aveva affermato una delle donne, la più giovane a quanto pareva dal viso da eterna bambina.
«Amelia» l'aveva rimproverata Derek in tono secco, «Zitta!» aveva poi continuato rivolgendole uno sguardo d'odio.
«Allora?» aveva incalzato Miranda in tono secco, «Non ho tutto il giorno» aveva detto lei e Derek, nuovamente, aveva guardato gli specializzandi che aveva di fronte.
«Grey» aveva sillabato lui in un sussurro per poi rimettersi il cuscino sul viso, «Basta che mi lasci dormire» aveva continuato con la voce smorzata dal guanciale bianco.
Meredith avrebbe voluto sprofondare, perché, in fondo, non avrebbe voluto occuparsi lei di una persona che aveva pensato tutta la notte.
Gli altri specializzandi erano usciti dalla stanza e Meredith, anche se si sentiva parecchio in imbarazzo, aveva preso la cartella e aveva iniziato a sfogliarla.
«È molto carina» aveva sussurrato una delle sorelle di Derek ad un'altra, ma Meredith aveva fatto finta di non sentire, al contrario di Derek che aveva ordinato loro di uscire e di andargli a prendere qualche vestito a casa.
«Okay, capo» aveva detto Amelia facendogli l'occhiolino.
«Saremo di ritorno prima che tu te ne accorga» aveva detto un'altra e Derek si era limitato a sbuffare.
«E tu non provarci con quella poverina che ti deve sopportare, nel frattempo» aveva affermato la terza scatenando le risa della altre e Derek, in risposta, aveva lanciato loro il cuscino che teneva in mano.
Si sentiva ancor di più in imbarazzo con le sorelle al suo capezzale, non era morto, anzi, ma avere quelle quattro scatenate in giro per il resto della sua convalescenza, lo rendeva idrofobo.
«Scusale» aveva detto Derek semplicemente alla ragazza, la quale, però, non aveva risposto, troppo impegnata a cambiargli la flebo.
Gli aveva controllato la ferita con mano delicata e Derek glielo aveva subito fatto notare, mostrandole un sorriso a trentadue denti.
«Mi fa male qui» aveva detto lui indicando un punto preciso vicino alla ferita che aveva sull'addome.
Meredith, senza fiatare, si era avvicinata a lui e, l'uomo, senza troppi convenevoli, le aveva preso la nuca con la mano e l'aveva portata verso le sue labbra, baciandola con passione.
«Che fai?» aveva sibilato Meredith dopo essersi staccata da quel bacio irruente.
«Mi sono fatto la bua e tu non mi curi più?» le aveva mostrato la sua espressione da cucciolo indebolito e Meredith aveva ridacchiato mettendosi a sedere sul letto, in modo da stargli di fronte, e aveva preso a medicargli la ferita.
«A proposito» aveva detto lei in un sussurro, «Come mai non ti ha ucciso?» aveva chiesto la donna guardandolo negli occhi un solo secondo.
«L'ho convinto a non farlo» aveva spiegato lui semplicemente e Meredith aveva frenato le sue attività guardandolo un attimo.
«Come fai a scherzare anche in un momento così?» aveva chiesto lei sgomenta, ma Derek l'aveva ripresa per la nuca e l'aveva guardata negli occhi.
«Ora non sto scherzando» aveva detto poco prima di baciarla nuovamente.
Un bacio che sapeva di disinfettante, ma che importava? Derek era vivo.

Fifty Shades Of Seattle Grace HospitalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora