Quando la storia si ripete

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Erano passati alcune settimane dalla visita delle sorelle, Derek ne sentiva sempre più la mancanza ormai, ma succedeva sempre così.
Quando le sorelle arrivavano da lui oppure le andava a trovare lui, non riuscivano più a staccarsi l'uno dalle altre.
D'altra parte, però, era comprensibile perché, fin da bambini, erano stati abituati ad essere molto uniti.
La sua fortuna era quella di avere Meredith che, o con un guaio o con una risata, non gli faceva pensare a ciò che poteva succedere.
Quella notte erano insieme, erano stati in ospedale fino a tardi, erano di turno, ma, nonostante tutto, si erano accasciati in uno dei letti nella stanza del medico di guardia e si erano addormentati vicini, entrambi in cerca di protezione dai mali della vita.

Dieci anni. Era appena passato il suo compleanno, era quasi Natale.
Due uomini erano entrati nel negozio di suo padre, non sapeva bene che cosa volessero, sapeva solamente che lo stavano minacciando.
Derek aveva cercato di tenere a bada le sue sorelle, come, una volta, gli aveva pregato di fare il padre.
«Se mai dovesse succedermi qualcosa, voglio che sia tu a prendere le redini della famiglia» gli aveva detto una sera a cena.
Sembrava spesso molto turbato da ciò che stava accadendo in negozio, ma quando uno solo dei membri della famiglia glielo faceva notare, lui subito negava, negava sempre.
La sua famiglia era la cosa più importante che aveva. Era rimasto orfano in giovane età e, così, aveva sempre sviluppato, già nei tempi del collegio, di costruire una famiglia solida ed educare i figli sui veri valori della vita.
Di quel pomeriggio passato in negozio, Derek ricordava il colpo di pistola che aveva steso suo padre a terra con gli occhi sbarrati che lo guardavano.
Derek si era avvicinato a lui e lo aveva visto colmo di sangue, sul petto, sulle braccia, ovunque.
«Prenditi cura della famiglia, Derek» aveva sospirato l'uomo accarezzandogli dolcemente la guancia rigata di lacrime, «Sei il mio eroe, sempre» aveva continuato prendendo un enorme respiro, ma poi le forze lo avevano abbandonato.
Se ne era andato così, con un sorriso beato sulle labbra e la camicia che gli aveva regalato sua moglie sporca di sangue.
A nulla era servita l'ambulanza che aveva fatto chiamare da una delle sorelle maggiori, a nulla.
Ricordava bene sua madre che piangeva disperatamente con un suo maglione stretto al petto e con la pipa tra le dita.
Suo marito se ne era andato lasciando un vuoto incolmabile all'interno delle loro vite.
Quel giorno, c'era stato il funerale: tutti vestiti di nero, con occhiali scuri e fazzoletti candidi tra le dita.
Aveva aiutato lui le sue sorelle a vestirsi, strappando loro la promessa che non avrebbero disturbato la loro madre, la quale, distrutta, era stata tutto il tempo a piangere alla camera mortuaria.
Il momento più triste era l'entrata in chiesa: uomini in giacca e cravatta, rigorosamente neri, portavano la bara sulla quale suo padre giaceva.
Dietro tutto il corteo, Derek con in braccio Amelia, le sue sorelle ai lati e sua madre in lacrime, sorretta da suo nonno.
La cosa che più odiava dei funerali erano le persone che vi entravano così, solo per fare presenza, in quel caso le contabili di suo padre, le quali non facevano altro che ribadire quanto erano stati sfortunati.
Però, purtroppo, quelle due erano il male minore in quel giorno di tristezza e di rammarico.
Derek si rammaricava di non avergli detto mai abbastanza volte che gli voleva bene, ma a dieci anni un bambino non aveva la capacità di capire che la vita di una persona sarebbe potuta finire così, da un giorno all'altro.
Ricordava a stralci la messa, lui che cercava di cacciare indietro le lacrime per evitare che sua madre lo vedesse piangere.
Doveva essere forte, lo aveva promesso a suo padre, perciò non poteva piangere, non poteva e non doveva.
Al termine della messa aveva visto gli amici di suo padre sostituire quegli uomini così tetri e pieni di morte per portare la bara sull'auto.
Che tristezza sarebbe stata non sentire più la sua voce che, esile, lo rimproverava di tutte le marachelle che combinava, ma che gli era complice quando lo aveva visto infatuato di una ragazzina alle elementari.
Spesso temeva di dimenticare la sua voce, il suo nome e tutto ciò che avevano passato insieme, ma poi guardava le foto, con le quali la madre aveva tempestato il salone, e tornava a ricordare tutto.
Una volta arrivati al cimitero, avevano notato il loculo scavato e, anche Derek, non aveva più retro ed era scoppiato a piangere.
L'unica che non capiva che cosa stesse succedendo era Amelia, una bambina di soli tre anni che non sapeva che cosa fosse la morte, eppure, l'aveva vissuta in prima persona con la perdita del madre.
«Dek, perché piangi?» gli aveva chiesto la bambina in un sussurro e lui le aveva baciato leggermente la punta del naso scuotendo la testa.
Amelia era la piccola di casa Shepherd, l'ultima arrivata tra tutta quella caterva donne, non sapeva ancora dire bene i nomi e così, Derek era diventato Dek.
«È per papà, piccola» le aveva sussurrato lui all'orecchio e lei gli aveva sorriso leggermente, mostrando la dentatura a spazi della piccola.
«Non preoccuparti, Dek» aveva detto la piccola stringendo le braccine intorno al suo collo, «Papà sarà sempre con noi anche se è andato ad aiutare gli angeli, non è la prima volta che va via» aveva constatato la piccola e lui le aveva detto che aveva ragione, non era la prima volta che andava via.
«Ti giuro che, dopo oggi, non piango più» le aveva detto e aveva preso il suo mignolo e lo aveva intrecciato a quello della bambina, stipulando quell'accordo.
«Papà, addio!» aveva sospirato lui guardando che, lentamente, la bara veniva inghiottita dalla terra.

«Papà!» aveva detto Derek in un sussurro svegliandosi di soprassalto, ma si era riformato nella stanza dei medici con, al suo fianco, Meredith che lo guardava interrogativa.
«Hai fatto un brutto sogno?» aveva chiesto lei in un sussurro e lui aveva annuito.
Voleva raccontarglielo, non avrebbe voluto segreti con lei, ma, ad un certo punto, i loro cerca persone si erano messi a squillare ininterrottamente.
Si erano precipitati all'arrivo delle ambulanze e ne era sceso un paramedico con un paziente ferito al suo fianco.
«Daniel Berry, 53 anni, ferita d'arma da fuoco alla spina dorsale, avvenuta durante una rapina nel suo negozio» aveva affermato il paramedico consegnando velocemente il paziente e il figlio.
«Grey» aveva affermato lui in tono professionale, «Fa' subito una tac» aveva detto con tono autoritario e Meredith aveva eseguito, mentre Derek era rimasto con il bambino.
«So cosa mi vuole chiedere» lo aveva preceduto quest'ultimo vedendo l'uomo di fronte a lui abbassarsi sulle ginocchia, «Sono Christopher, il figlio maggiore del paziente, ho 10 anni e il tutto è avvenuto oggi intorno alle ventitré, quando due tipi sono entrati nel suo negozio a chiedere il pizzo» aveva affermato il ragazzo e Derek ne era rimasto sorpreso.
Si ritrovava molto in quel bambino con i ricci scuri e gli occhi chiari, si vedeva che aveva paura di ciò che sarebbe potuto accadere, ma tentava di non farsi sopraffare per nessuna ragione al mondo.
«Perfetto, Christopher, grazie» aveva detto Derek e aveva accompagnato il piccolo da una delle infermiere.
«Ehi, aspetta» aveva detto quest'ultimo è Derek si era girato verso di lui, «Ti prego, tienimi con te» aveva continuato il ragazzino e Derek lo aveva accontentato.
Si era recato nella stanza dove Meredith aveva fatto fare la tac al padre del bambino che, silenzioso, lo stava seguendo.
«È da operare al più presto» aveva detto Meredith e Derek aveva confermato la sua teoria.
«Gli farà male?» aveva chiesto il ragazzo e Derek si era abbassato per mettersi alla sua altezza.
«No, non gli farà male» gli aveva detto in un sussurro, «Sarà addormentato e non sentirà nulla, ma ora è meglio chiamare la tua mamma».
«No, vi prego» aveva detto il ragazzo scoppiando a piangere, «Non la chiamate, la mamma è scossa per l'imminente morte del nonno, vi prego» aveva detto lui in un sussurro e, così, Derek aveva deciso di tenerlo con se.
«Okay, ora noi operiamo il tuo papà e tu stai con questa ragazza qui» aveva detto Derek indicando una delle infermiere più giovani di cui disponeva il Seattle Grace.
Lo aveva fatto perché lui si potesse sentire a suo agio e, così, in qualche modo, aveva rimediato una delle ragazze libere che, ancora di turno e con un grande istinto materno, avrebbero potuto prendersi cura di quel bambino.
L'operazione era stata molto complicata, per un solo momento Derek aveva pensato che non sarebbe riuscito a farcela, ma poi aveva sentito la voce del padre ripetergli che era un eroe è tutto era andato per il meglio.
Una volta uscito dalla sala operatoria il bambino gli era corso incontro tra le lacrime con una donna al suo seguito, sicuramente la madre, data la somiglianza.
«Allora Dottore? Lo hai curato?» aveva chiesto il ragazzino e la madre lo aveva rimproverato in modo bonario, dicendogli che doveva portare rispetto.
«Si, piccolo» aveva risposto lui e Meredith si era affrettata a spiegare alla donna tutte le procedure del caso.
«Sei il mio eroe, sempre lo sarai» aveva detto il bambino gettandogli le braccia al collo e a Derek era scesa una lieve lacrima, «Che hai?».
«Ti ho donato un po' anche il mio papà, trattali bene, mi raccomando» gli aveva risposto e Christopher lo aveva abbracciato nuovamente, invitandolo, qualche volta, a giocare con lui e le sue sorelle.

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